Grande manager, capace e scaltro per alcuni, solo molto fortunato e troppo provinciale per altri. Qualunque sia l’idea che avete di Flavio Briatore, la notizia della sua positività al Covid e le relative polemiche riguardo al presunto “trattamento di favore” (poi chiarito) riservatogli all’ospedale San Raffaele di Milano in questi giorni hanno letteralmente invaso le prime pagine dei giornali italiani.
Dopo le aspre critiche al sindaco di Arzachena e alle restrizioni imposte dal Governo Conte sulle discoteche, è stato accusato di aver pubblicamente sottovalutato la gravità del virus per promuovere la riapertura dei locali, scatenando il putiferio.
Briatore, dalle origini modeste al jet set
Ma da dove arriva la ricchezza di Briatore e come ha fatto a diventare uno degli uomini più potenti d’Italia, e del mondo? Il patron del Billionaire, al centro della cronaca per via del focolaio Coronavirus che ha contagiato quasi una sessantina di persone, tra clienti e dipendenti, viene da una famiglia relativamente semplice della provincia di Cuneo.
Genitori insegnanti, una carriera scolastica assai zoppicante (bocciato due volte e poi arrivato al diploma da geometra da privatista), sperimenta varie strade: prima maestro di sci, poi gestore di ristoranti (ne compra uno che chiama Il Tribüla, in piemontese “colui che fa fatica”, come viene soprannominato da giovane), poi ancora assicuratore e altro, è l’arrivo a Milano e la frequentazione degli ambienti della Borsa a portare fortuna al giovane Briatore.
Formula 1, calcio e…
Soprattutto l’incontro con Luciano Benetton. Apre diversi franchising del brand Benetton, facendo rapidamente carriera nel gruppo di Ponzano Veneto. Poi arriva la passione per la Formula 1, “non uno sport, ma un business” dice. Entra a pieno titolo nella scuderia Benetton e agli inizi degli anni Novanta ottiene prima l’incarico di direttore commerciale e poi di direttore esecutivo, trasformando la scuderia in un team estremamente competitivo. Quando nel 2001 la Benetton viene ceduta alla Renault, Briatore viene assunto come direttore esecutivo della nuova squadra: inizia così l’era Briatore in Renault.
Dopo una breve incursione nel mondo del calcio (tenta prima di acquisire, senza successo, il Palermo e poi compra con il patron della F1 Bernie Ecclestone il club inglese del Queens Park Rangers, riportandolo in Premier League nel giro di quattro anni), Briatore fa sempre più parlare di sé per la sua meravigliosa villa di Malindi, in Kenya, nel lussuosissimo resort Lion in The Sun. Passano da lì Silvio Berlusconi, Naomi Campbell e Heidi Klum (sue storiche fidanzate), Eva Herzigova, Fernando Alonso e moltissimi altri vip.
Dal Billionaire al Twiga
Amico intimo di Donald Trump, nel 1998 crea con il dj storico della movida della Costa Smeralda Max Correnti il marchio Billionaire. Inizialmente è solo la nota discoteca di Porto Cervo, frequentata da molti personaggi del jet set e dell’alta finanza italiana. Poi diventa anche una linea d’abbigliamento da uomo e gestione di eventi di lusso. Aprono Billionaire anche a Cortina, Montecarlo, Istanbul, Marbella, Bodrum, Baku e Dubai.
Nel 2012 Briatore annuncia la chiusura del locale a Porto Cervo ma lo riapre l’anno dopo, quando il marchio Billionaire viene venduto alla società Bay Capital che fa capo alla Far East Leisure con sede a Singapore. Il locale in Sardegna viene poi rilanciato nell’estate 2016 con la collaborazione dei due imprenditori Jordan Rocca e Luca Maggiora, e la famosa catena di ristoranti Assunta Madre. Nel 2015 crea anche una società di consulenza per viaggi di lusso, la Billionaire Travel.
Oltre al modello Billionaire Briatore si inventa anche i Twiga, locali super fashion a Marina di Pietrasanta e Montecarlo, e poi si lancia in tv vestendo i panni del “boss” della versione italiana di “The Apprentice” dedicato ad aspiranti manager. La sua ultima creatura è Crazy Pizza, catena di pizzerie a Londra, Montecarlo e Porto Cervo.
A quanto ammonta il suo patrimonio
Risulta pressoché impossibile sapere con certezza a quanto ammonti il patrimonio di Flavio Briatore. Ma alcune ipotesi si possono avanzare: secondo un’inchiesta del Corriere della Sera del marzo 2019 il Twiga in Versilia, in comproprietà con Daniela Santanché, genera 4 milioni di fatturato in un anno e costa appena 17.619 euro di affitto. Quindi, rende 227 volte l’affitto.
Nel 2017, sempre seconda la ricostruzione del Corriere, il fatturato di Briatore sfiorava i 53,9 milioni, con 14,6 milioni di Ebitda, per arrivare probabilmente a fine 2018 a quasi 66 milioni di giro d’affari e poco meno di 20 milioni di Mol, quindi con una redditività del 30,2%.
Stando a quanto riportato dal Sole 24 Ore nel 2015, i 9 ristoranti del gruppo generavano 22,2 milioni di fatturato e 6,1 milioni di margine operativo lordo, saliti poi a 37 milioni di giro d’affari e quasi 10 milioni di Mol nel 2016. Forbes, nel 2014, stimava il patrimonio di Briatore in 200 milioni di dollari, cioè circa 170 milioni di euro.