Combattere il nero e il caporalato è un primario obiettivo dei sindacati, delle agenzie per il lavoro e dell‘Ispettorato del Lavoro. D’altronde numeri e percentuali sono impietose. Come indicato da un recente studio della Cgia di Mestre, su dati Istat, corrisponde a circa 68 miliardi di euro il volume d’affari annuo ricollegabile al lavoro irregolare e il 35% circa del valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa, è dovuto alle attività fuorilegge condotte nelle regioni del meridione.
L’impatto è notevole perché tocca quasi tre milioni di persone, spiega la Cgia di Mestre. Ecco allora che la predisposizione di adeguate contromisure appare inevitabile, per impedire che il lavoro sommerso e la somministrazione illegale di manodopera aumentino la loro diffusione.
In un contesto come questo, ben si comprende la recente iniziativa che vede protagonisti l’Ispettorato Nazionale del Lavoro – INL e Assolavoro, i quali hanno messo nero su bianco un accordo ad hoc e rinnovato la collaborazione nella lotta contro il caporalato e il lavoro irregolare.
Vediamo più da vicino l’iniziativa ma cogliamo anche l’occasione per ricordare l’impatto del caporalato nel nostro paese, e quali gravi sanzioni rischiano coloro che si rendono protagonisti di attività di intermediazione illegale di lavoro. Ecco cosa sapere.
Indice
Il patto INL – Assolavoro e gli obiettivi
Come indicato nel sito web ufficiale dell’Ispettorato del Lavoro, il Direttore Generale dell’ente e il Presidente di Assolavoro (Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro) hanno recentemente rinnovato un Protocollo, firmato nel 2018, per la realizzazione di un Osservatorio mirato alla tutela del lavoro e dell’intermediazione regolare.
Si tratta di un’intesa di ampio respiro in quanto i soggetti aderenti si impegnano a collaborare – nei rispettivi ruoli – nelle attività di lotta e repressione dei seguenti fenomeni di abuso e illegalità:
- lavoro nero;
- caporalato e intermediazioni illecite di manodopera;
- utilizzo fraudolento del distacco transnazionale;
- mancato rispetto del principio della parità di trattamento in materia di salario.
La sottoscrizione del Protocollo si presta particolarmente alla tempestiva segnalazione di situazioni che non appaiono conformi alla normativa, ma anche ad individuare e condividere efficaci procedure, comportamenti e metodologie (con eventuale uso dell’intelligenza artificiale).
Le attività previste nell’ambito del Protocollo
Il Protocollo vuole agevolare una sorta di sinergia tra i soggetti aderenti, indicando – come accennato – buone pratiche per il miglior svolgimento delle attività di lotta a fenomeni come il caporalato. Ecco perché nel sito dell’Ispettorato si trova scritto che:
Assolavoro condividerà con l’INL i dati e le analisi svolte dall’Osservatorio statistico Assolavoro DataLab sui principali fenomeni che caratterizzano il mercato del lavoro, acquisirà dalle Agenzie associate ogni informazione utile a mappare le situazioni di rischio, e trasmetterà all’Ispettorato specifiche segnalazioni nel caso in cui venissero riscontrate presunte irregolarità.
Per questa via il coordinamento per il controllo e il monitoraggio dei fenomeni di interposizione illegale nel lavoro, viene potenziato e perfezionato, dando una risposta al negativo impatto del lavoro irregolare nel nostro paese (più frequente in alcuni settori specifici come ad es. quello dei servizi alle persone).
Prevista altresì una Cabina di regia ad hoc, con il compito di condividere dati e informazioni utili a prevenire e reprimere ogni forma di impiego non conforme alle normative vigenti.
Il focus sulla somministrazione illegale di manodopera
Vale la pena rimarcare che, nel testo, le parti firmatarie si impegnano, anche e soprattutto, a lottare contro i casi di caporalato, ossia quella somministrazione irregolare di manodopera (da tener ben distinta da quella regolare), che avviene al di fuori delle regole di legge e in palese violazione dei diritti dei lavoratori.
L’Ispettorato ha infatti ricordato che questo fenomeno costituisce la seconda patologia – dopo il lavoro nero – riscontrata tra le violazioni più rilevanti nel mercato del lavoro.
Ecco perché è importante – con questo Protocollo – consolidare il monitoraggio di tali specifiche condotte illecite, anche perché la somministrazione del lavoro è stata regolamentata già da diversi anni. Anzi, come recentemente dichiarato dal Direttore Generale dell’INL:
non devono essere consentite “scorciatoie” per vendere o comprare manodopera.
Agricoltura, colf e badanti, edilizia sono alcuni dei settori lavorativi in cui il caporalato è più diffuso. L’abuso si presta soprattutto a quegli ambienti di lavoro che richiedono manodopera poco qualificata e con una forte componente di lavoro stagionale o temporaneo.
Come funziona il caporalato in breve
Gli intermediari, detti caporali, reclutano persone per conto di aziende, sottoponendoli a condizioni di lavoro estremamente precarie e non assicurando un contratto di lavoro, né le tutele e i benefici previdenziali e assicurativi. I lavoratori sfruttati tipicamente ricevono paghe inferiori a quanto previsto dal Ccnl di riferimento e sono sottoposti ad orari di lavoro massacranti.
Si tratta di somministrazione illecita di lavoro perché il caporale, di fatto, si sostituisce a una regolare agenzia di somministrazione di lavoro, creando un pericoloso sistema parallelo e illegale. Le aziende preferiscono rivolgersi e pagare sottobanco i caporali, per conseguire manodopera a basso costo e senza stringenti vincoli legali, risparmiando sulle spese legate a contratti, contributi previdenziali e norme di sicurezza sul lavoro.
Nella prassi il caporale gestisce l’intero processo di selezione, trasporto e controllo dei lavoratori, ottenendo un compenso in contanti e non tracciato.
Le sanzioni
Al fine di reprimere l’odioso fenomeno il legislatore è intervenuto più volte. Rileva anzitutto il decreto legge n. 138/2011, il quale già aveva già inserito nel Codice penale il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (artt. 603-bis e 603-ter).
Un nuovo rilevante intervento risale al 2016, anno in cui la legge n. 199 ha disposto ulteriori norme per reprimere gli abusi, novellando peraltro il testo dell’art. 603-bis, c.p.
Infatti all’art. 1 della legge del 2016 si possono leggere queste parole:
L’articolo 603-bis del codice penale è sostituito dal seguente: Art. 603-bis. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque: 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Inoltre:
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ricordiamo infine che la lotta al caporalato si arricchisce di nuove tappe normative. Basti pensare ad es. alla legge n. 101 del 2024, che ha introdotto – presso il Ministero del Lavoro – il Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura, ossia uno strumento di condivisione delle informazioni tra le amministrazioni statali e le regioni, anche per il contrasto del lavoro sommerso in generale.