La crisi demografica rimuove 150mila lavoratori all’anno, le professioni più colpite

Ogni anno l'Italia perde 150mila lavoratori a causa di pensioni ed emigrazione: la situazione nelle varie professioni

Pubblicato: 1 Agosto 2024 17:22

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

La crisi della popolazione residente in Italia creerà seri problemi soprattutto alle aziende. Una delle ragioni per cui il calo della popolazione ha effetti molto seri sull’economia è che crea difficoltà alle aziende nel trovare lavoratori. Nel nostro Paese, secondo un recente rapporto, ogni anno lavorano 150mila persone in meno di quello precedente.

Una situazione che viene aggravata dal fenomeno del mismatch, la differenza qualitativa tra domanda e offerta di lavoro. Ci sono ambiti però in cui questo fenomeno è più grave per carenza di lavoratori e altri in cui, al contrario, è la domanda a mancare e quindi si alza il tasso di disoccupazione.

150mila lavoratori in meno all’anno, gli effetti del calo delle nascite

Un nuovo rapporto di Area Studi Legacoop e Prometeia ha stimato in 150mila persone circa il numero di lavoratori persi dal sistema produttivo italiano ogni anno. Le uscite, infatti, hanno raggiunto una media di 600mila ogni 12 mesi, mentre le entrate sono ferme a 450mila. Si tratta dell’effetto della crisi demografica in cui l’Italia versa da almeno 40 anni. Da quando è iniziato il declino delle nascite il trend si è invertito solo per brevi periodi.

Ora la generazione più numerosa di sempre, quella nata negli anni ’60, si sta approcciando alla pensione e questo comporta una perdita di lavoratori sempre più alta. A questi dati vanno ad aggiungersi quelli relativi all’emigrazione, che ha ripreso ad aumentare secondo le ultime rilevazioni Istat, dopo un periodo di stagnazione forzata durante la pandemia da Covid-19.

I lavoratori che abbandonano il sistema produttivo italiano sono nel 70% dei casi maschi e il fatto che non ci siano persone a sufficienza per rimpiazzarli comporta una grave situazione di difficoltà nel reclutamento per le aziende. Nel settore secondario il 9% delle imprese dichiara di non riuscire a trovare personale. Nel terziario la situazione è ancora peggiore: il 40% delle imprese è in difficoltà da questo punto di vista.

Il mismatch in Italia, quali categorie sono più colpite

Ad aggravare questa situazione c’è il fenomeno del mismatch. In Italia l’offerta di lavoratori non risponde alle necessità del sistema produttivo. In alcuni ambiti c’è troppa domanda, in altri troppa offerta, e questo crea gravi difficoltà per le aziende e per i lavoratori. Mancano le figure professionali soprattutto in ambito scientifico, eccezion fatta per la medicina. Ingegneri, economisti, architetti, ma anche insegnanti laureati in scienze dell’educazione sono sempre meno e sempre più richiesti dalle aziende e dallo Stato.

Dall’altra parte, le università italiane formano un numero abbondante di persone rispetto ai posti di lavoro a disposizione. Si tratta soprattutto di materie umanistiche, scienze politiche e sociali, lingue straniere e psicologia. In queste due discipline l’offerta è rispettivamente il triplo e il quadruplo della domanda.

Non esiste però soltanto un problema di mismatch nei lavoratori ad alto livello di istruzione. Le aziende faticano anche a trovare personale poco qualificato. Il 50% delle imprese che si lamentano dei problemi di reclutamento denuncia proprio la mancanza di manodopera di questo tipo. La situazione di difficoltà delle aziende è immortalata ogni anno dalle richieste di assunzione di lavoratori provenienti da Paesi esterni all’Ue, che superano regolarmente i posti messi a disposizione dal Governo con il Decreto flussi.

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