Vi abbiamo raccontato alcune settimane fa della prassi sempre più diffusa tra le banche di procedere alla chiusura dei conti correnti dei propri clienti unilateralmente, senza preavviso. Numerosi cittadini si sono visti chiudere unilateralmente e senza motivo il rapporto di conto corrente pur in presenza di saldi attivi costringendoli per effetto delle segnalazioni interbancarie a non poter più disporre del proprio denaro.
La conferma era arrivata direttamente dal sottosegretario del Ministero dell’Economia Alessio Mattia Villarosa rispondendo a una interrogazione in Commissione Finanze del Senato posta al Governo dal senatore in quota Lega Nord Armando Siri, già autore della proposta di legge per l’introduzione della flat tax al 15%.
Villarosa ha specificato che le banche possono decidere unilateralmente di chiudere i conti correnti oggetto di indagine da parte della Guardia di Finanza o da parte della magistratura su reati finanziari, se vi è un livello di rischio di credito troppo elevato. Tuttavia, prima di farlo, le banche dovrebbero produrre il cosiddetto habeas corpus, cioè prove tangibili dei movimenti “sospetti”.
QuiFinanza ha deciso di approfondire la questione decisamente calda parlandone al telefono direttamente con il senatore Armando Siri, primo firmatario di un emendamento specifico sul tema.
Senatore Siri, la notizia è di quelle che fanno preoccupare i clienti, quindi cerchiamo di fare chiarezza. Ci spiega che cosa stanno facendo le banche?
Dalle segnalazioni che riceviamo sappiamo che le banche stanno chiudendo unilateralmente il conto di cittadini sottoposti a indagini della Guardia di Finanza o della Procura o che si trovano in situazioni per cui la loro reputazione viene messa in dubbio. Poiché le banche sono dotate di un sistema che è una sorta di “radar della reputazione” – che fa sì che i clienti non emettano ad esempio assegni a vuoto o non utilizzino impropriamente gli strumenti finanziari – per avere un conto corrente diventa importante anche la reputazione. Se qualcuno dice male di te la banca ti manda una lettera in cui dice ‘io con te non voglio più avere nulla a che fare’, e ti dà 15 giorni di tempo per chiudere il rapporto. Ma qual è il problema? Che quando procede alla chiusura del conto, i soldi non vengono restituiti in banconote, ma con un assegno circolare, che non può poi essere tradotto in liquidità perché la banca stessa, nel momento in cui chiude il conto, emette al sistema interbancario una segnalazione per cui nessuno aprirà più un conto a quella persona. Quindi il cliente “sotto accusa” resta con l’assegno circolare in mano e difficilmente potrà pagare le bollette, fare la spesa, ecc.
Questa prassi mette in difficoltà il correntista?
Certo, sia esso un’azienda o un privato. Poiché esistono delle leggi che impongono la canalizzazione dello stipendio o della pensione sul conto corrente, e non si possono utilizzare somme in contanti oltre una certa cifra perché la legge stabilisce che altrimenti si tratta di riciclaggio, allora noi dobbiamo decidere se il conto corrente è un fatto privatistico, e allora nel mercato privato ciascuno può scegliere se aprire o meno un conto corrente, oppure se è un servizio di pubblica utilità. Io ritengo che sia di pubblica utilità, perché nessuno di noi ne può fare a meno, altrimenti diventiamo dei veri e propri apolidi finanziari.
Diverse associazioni, tra cui Federcontribuenti, hanno ricevuto segnalazioni da parte di clienti che si sono visti chiudere il conto senza preavviso e soprattutto senza il cosiddetto habeas corpus, cioè prove tangibili…
Esatto, senza alcuna giustificazione. La banca dice che non ha nulla da giustificare a quel cliente.
Cosa significa in pratica questo per le aziende, anche quelle sane e in regola con pagamenti, imposte e contributi, che si vedono bloccate nella propria operatività?
Parliamo di aziende sane, non in condizione di credito deteriorato o altro: imprese, o privati, che hanno saldi attivi e che si trovano in situazioni di massima regolarità. Succede che un’azienda fallisce, e un cittadino non può più vivere perché non può ricevere lo stipendio o la pensione e non può pagare niente, o quasi.
E intanto sappiamo che i costi dei conti correnti stanno aumentando in media del 7,5%, arrivando a costare 86,90 euro l’anno…
Questa è un’altra assurdità, perché se lo Stato impone un obbligo ciascuno di noi dovrebbe poterlo onorare tranquillamente. Lo Stato non può dire che siamo obbligati ad avere un conto corrente e non mettere però dei paletti su quanto può costare. Considerando l’uso della carta di credito obbligatoria, perché non si possono più fare pagamenti in contanti oltre una certa soglia, e il conto corrente per addebiti e accrediti, siamo ormai a un costo extra che arriva anche a 200 euro all’anno a seconda dalle operazioni che si fanno. Lo trovo ingiusto. E questo va nella direzione di voler continuare a limitare il contante, quasi come se avere il contante significasse essere delinquenti, e invece avere la carta di credito equivalesse a dire che si è brave persone. Se lo Stato vuole che si utilizzino gli strumenti finanziari obbligatoriamente e decide che non possiamo più mettere i soldi sotto il materasso, allora servono dei limiti. Per me il conto corrente dovrebbe essere addirittura un servizio gratuito.
Cosa chiede con questo emendamento?
Che venga definito il concetto di pubblica utilità, e cioè che il conto corrente sia considerato un servizio pubblico essenziale, e quindi il divieto per le banche di recedere dal conto corrente unilateralmente e di rifiutarsi di aprire un conto nuovo. Una notizia di reato non va confusa con una sentenza passata in giudicato, pertanto una qualunque segnalazione di indagine in corso non può, mai, autorizzare una banca alla chiusura di un conto corrente mettendo a rischio di chiusura una qualunque attività lavorativa. Ancor più grave se si pensa che, in assenza di prove, una segnalazione interbancaria può mettere a morte una azienda rivale. Le banche sono enti privati e nessuno Stato dovrebbe rendere obbligatorio il rapporto tra banca e cittadino, a meno che non venga prima stipulato un contratto nazionale con gli istituti di credito che tuteli i cittadini.
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