C’è un’Italia che ha scelto di cambiare. E lo fa ogni giorno

Da Villa Verde (OR) a Parma, da nord a sud, da sinistra a destra. Essere un comune virtuoso è un fatto culturale, di civiltà e di impegno. Marco Boschini ci ha spiegato perché (e quanta fatica si fa a tenere la barra dritta)

Pubblicato: 15 Aprile 2019 17:53

Barbara Del Pio

Giornalista

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L’Associazione dei Comuni Virtuosi connette le esperienze delle amministrazioni locali che fanno della Sostenibilità ambientale una priorità. I comuni aderenti a oggi sono 117, da nord a sud. Il più piccolo è Villa Verde (300 abitanti, in provincia di Oristano), il più grande è Parma (200.000 residenti). Poi ci sono Riace, Cavareno (l’ultimo arrivato), Forlì e Capannori, Oriolo e Modugno, Agerola e Avigliana. L’appartenenza politica non conta, così come la latitudine. Contano i fatti, le buone pratiche, le scelte quotidiane. Abbiamo intervistato Marco Boschini, coordinatore dell’Associazione. Ascoltandolo, abbiamo capito che “si può fare”. Ma anche che la sfida è dura, molto dura.

Cosa fa di un Comune “normale” un Comune “virtuoso”?
Il tema della Sostenibilità è certamente il più importante ma lo sono anche l’Accoglienza, l’Inclusione sociale, il Turismo “slow”, cioè non impattante. L’adesione all’Associazione non è libera: i Comuni devono candidarsi compilando un modulo diviso in cinque macro-aree che sono poi le cinque linee di indirizzo presenti nel nostro manifesto e nel nostro statuto. Parlo di gestione del territorio, impronta ecologica, rifiuti, mobilità e stili di vita. Per ciascuna di queste aree chiediamo agli amministratori che si candidano di inviarci la delibera di indirizzo con la quale sono stati eletti, il loro programma quinquennale e cosa hanno realizzato fino a quel momento. Le richieste sono valutate da un comitato direttivo che tiene conto sia di dati oggettivi (tra cui la percentuale della raccolta differenziata e la produzione di rifiuti pro-capite) che di valutazioni soggettive. Questo perché siamo convinti che gli stessi progetti fatti in contesti diversi abbiano un valore e un peso specifico diversi. Un comune della provincia di Catanzaro che ha il 50% della raccolta differenziata va premiato. La stessa percentuale in un comune della provincia di Treviso è un fallimento perché la media provinciale è molto più alta. Stesso dicasi per una realtà locale che magari non ha i requisiti per entrare ma che può certificare un deciso cambiamento di rotta rispetto all’amministrazione precedente. In questo caso entrare a fra parte della Rete può aiutare e accelerare il percorso verso la sostenibilità.

Una volta accolti nell’Associazione i comuni vengono monitorati?
Sì, costantemente. Vorremmo fosse qualcosa di molto più scientifico. Per ora si basa su una sorta di autocertificazione e sulle segnalazioni che ci arrivano dai territori. Se c’è un comune che non è più in linea con i nostri principi, convochiamo il sindaco, cerchiamo di capire le motivazioni. Se non ci sono più i presupposti “virtuosi” per cui è stato accolto, il comune viene espulso. Dal 2005 a oggi è capitato almeno una quindicina di volte. Teniamo molto alla coerenza che abbiamo costruito faticosamente in questi quattordici anni di storia. In un Paese che spesso ragiona per bande e tifoserie cercare di essere trasparenti è l’unica via per essere credibili.

Essere “virtuosi” al Sud e in certe zone d’Italia è ancora più difficile che altrove?
Comincio col dire che molti dei nostri soci sono al nord e che abbiamo un buco abbastanza significativo nelle regioni centrali. I comuni meridionali non sono pochi (qui la mappa). Dico sempre che, nella virtuosità, non vedo una grande differenza. Anzi, paradossalmente i comuni del Sud a livello di politiche di partecipazione e capacità di coinvolgimento della cittadinanza sono più avanti. Anche se infrastrutture, tecnologie e risorse sono deficitarie. È chiaro che l’Italia è un paese a due, tre, quattro velocità. Noi ci inseriamo in questo contesto e su questo lavoriamo.

Ci racconti il docufilm “Sogni Comuni. Viaggio nelle amministrazioni virtuose”?
È l’esperienza di dodici comuni della Rete intorno ad alcune parole chiave: sostenibilità, accoglienza, cultura, legalità e partecipazione. Per ciascuna di queste abbiamo agganciato due comuni, tendenzialmente collocati in zone opposte del Paese, anche per ribadire che il modello dei Comuni Virtuosi è applicabile ovunque se c’è la volontà politica e la visione di volerlo fare. Io e Alessandro Scillitani, il regista, ci siamo messi in viaggio e abbiamo raccolto le testimonianze di amministratori e cittadini. Alessandro è stato molto bravo a costruire una narrazione autentica e non autoreferenziale, a far emergere l’entusiasmo delle persone che stanno portando avanti progetti di sostenibilità.

Nella foto: Marco Boschini

Poi c’è il Festival della Lentezza. Un nome che è tutto un (bellissimo) programma
È nato nel 2015, doveva essere la festa dei comuni virtuosi a dieci anni dalla nascita dell’Associazione. È venuta fuori l’idea di ragionare sul tempo, non ricordo neanche dove e perché, ci è piaciuta. Dal 14 al 16 giugno 2019 saremo di nuovo a Colorno (PR) per far “scorrere il tempo in modo diverso”. La nostra ambizione è quella di non essere solo un festival culturale ma soprattutto un luogo di contaminazione tra spunti e idee in grado di cambiare i nostri stili di vita nella quotidianità.

Detto tutto ciò, siamo ancora in tempo per cambiare il destino del nostro pianeta?
Se la domanda è “tutti questi movimenti, le manifestazioni di piazza porteranno in breve tempo a un cambiamento radicale?” la mia risposta è no. Per chi oggi ha 40, 50 o 60 anni certe scelte (di sostenibilità, ndr) sono una sorta di fastidio, una rinuncia, una modifica forzata dei comportamenti quotidiani. Sono ottimista nella misura in cui penso ai giovani, quelli di 15 o 20 anni, che possono contare su una forma mentale e una sensibilità diverse. Ottimista sì, ma nel medio e lungo periodo. Ci vuole pazienza e molto sforzo da parte di tutti nell’insistere e nell’investire nella cultura e nella sensibilizzazione prima ancora che nei progetti. Perché i progetti passano, i finanziamenti per farli oggi ci sono e domani finiscono. Quello che fa la differenza è un senso diverso di comunità e di sviluppo che oggi si fa fatica a far passare perché oggi il modello è quello della velocità, dello spreco, del consumo, dell’individualismo.

[nota a margine] E qui si torna al Festival della Lentezza, al tentativo di “far scorrere il tempo in modo diverso”. Un circolo virtuoso, insomma.

[cosa ci resta dopo questa intervista]

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