L’ecosistema digitale, con le sue numerose opportunità, nasconde spesso insidie che possono rivelarsi costose per chi non si accorge in tempo di stare cadendo in una trappola. La “truffa dei like”, uno schema subdolo che sfrutta la promessa di guadagni rapidi, ne è un esempio lampante. Non è più solo chi è meno esperto di tecnologia a rischiare di essere coinvolto: l’inganno colpisce un pubblico vasto, compreso chi ha un solido background professionale e familiarità con il web.
Purtroppo, non esistono scorciatoie per guadagnare denaro in modo rapido e senza sforzo; e se qualcuno avesse davvero scoperto un metodo infallibile, difficilmente lo condividerebbe.
Come funziona la truffa dei like
Tutto inizia con un contatto semplice, spesso tramite piattaforme come WhatsApp o Telegram, dove le vittime vengono attratte con proposte allettanti: piccoli guadagni in cambio di like su post o recensioni di piattaforme turistiche. Si tratta di una modalità apparentemente innocua e a basso rischio, dove si chiede all’utente di compiere azioni minime, ma che nasconde una trappola molto più articolata.
Il giornale La Stampa riporta la storia in prima persona di un ingegnere milanese di nome Mario. Dopo essere stato avvicinato online, ha accettato di provare a mettere like a recensioni di hotel. Nei primi due giorni ha guadagnato circa 20 euro, un importo che gli ha fatto credere che l’opportunità fosse reale. La chiave del successo iniziale dei truffatori sta proprio qui: la vittima riceve subito piccole somme che servono a costruire fiducia e a incentivare il proseguimento dell’attività.
La richiesta di investimenti e il vero inganno
Dopo una prima fase in cui l’unico impegno richiesto è mettere like, la truffa cambia registro. I truffatori propongono guadagni più consistenti, a condizione che la vittima inizi a investire denaro proprio. La dinamica è collaudata: dopo i primi successi, viene introdotta la necessità di affrontare missioni più complesse, promettendo ricompense crescenti. In questa fase, la vittima si trova a investire somme inizialmente modeste, convinta che i profitti siano dietro l’angolo.
Mario ha seguito questo schema. Dopo aver completato una serie di operazioni con successo e aver ricevuto ulteriori piccoli pagamenti, si è trovato davanti alla possibilità di guadagnare 11mila dollari, a fronte di 30 missioni. Per completare le prime 29, ha investito 1.500 euro di tasca propria. È stato solo quando gli è stato chiesto un ulteriore contributo di 1.600 euro per l’ultima operazione che ha capito di essere stato ingannato. Il denaro che aveva versato era ormai perso.
Il ruolo delle criptovalute nel sistema
Uno degli aspetti che rende la truffa particolarmente complessa è l‘uso delle criptovalute per i pagamenti (diversamente dal cash trapping). Nel caso di Mario, i truffatori gli hanno chiesto di aprire conti su piattaforme come Revolut e Kucoin, entrambe regolari e legittime. Tuttavia, Kucoin, essendo un exchange che opera anche in criptovalute, ha permesso loro di utilizzare Usdt (Tether), una stablecoin legata al valore del dollaro.
Le criptovalute, per la loro natura, consentono trasferimenti rapidi e anonimizzati, riducendo la tracciabilità del denaro e rendendo più difficile il recupero delle somme una volta che l’inganno viene scoperto. Questo sistema non è nuovo nel mondo delle truffe online, ma il suo utilizzo sta diventando sempre più diffuso.
L’illusione dei guadagni e la pressione psicologica
Le vittime vengono spesso manipolate anche attraverso un meccanismo psicologico ben preciso. Dopo i primi guadagni, infatti, vengono inserite in gruppi online, spesso su Telegram, dove altri finti partecipanti mostrano i loro successi finanziari. È una strategia studiata per dare l’impressione di un’opportunità concreta e priva di rischi. Le immagini di conti bancari con cifre considerevoli e testimonianze di guadagni esorbitanti sono strumenti utilizzati dai truffatori per convincere la vittima a non fermarsi.