Operazioni in reverse charge: quando salta l’Iva

Non è possibile detrarre l'Iva nel caso in cui le operazioni in reverse charge sono insistenti. A chiarirlo è la Corte di Giustizia Tributaria di Torino

Pubblicato: 1 Gennaio 2024 17:00

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Operazioni inesistenti in inversione contabile: quali sono le conseguenze per i contribuenti? Ma soprattutto come devono essere gestite le relative fatture ai fini fiscali? Ad intervenire su questo argomento è stata la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Torino, che ha dovuto esprimersi in relazione ad una contestazione ben più ampia.

Le operazioni in inversione contabile inesistenti costituiscono un argomento dai mille risvolti e che, nel corso degli anni, ha aperto a molti dubbi interpretativi. In varie occasioni su questa materia è dovuta intervenire anche la Corte di Cassazione a sezioni unite, che, con le proprie risoluzioni, non si è discostata di molto dagli orientamenti della giurisprudenza comunitaria.

Inversione contabile: perché è intervenuta la Cassazione

L’intervento della Sezione Quinta della Cassazione si è reso necessario perché i giudici si esprimessero circa la rilevanza o meno della parte finale del primo periodo dell’articolo 6, comma 9-bis.3, che si riferisce espressamente alle operazioni insistenti effettuate in reverse charge. Nell’ultimo comma è previsto, infatti, che

Se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere desunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Importante, sempre per le operazioni in reverse charge, è anche il secondo periodo dell’articolo 6, che analizza le ipotesi per le quali l’errata applicazione dell’inversione contabile riguardi operazioni insistenti. È previsto, infatti, che in questo caso vengano applicate le disposizioni previste al primo periodo: l’irrogazione di una sanzione amministrativa, che risulta essere compresa tra il 5 ed il 10%.

L’interpretazione dei giudici

La Corte di Cassazione ha espressamente spiegato che deve essere ritenuta prescritta la neutralizzazione dell’Iva a credito e di quella debito nel caso in cui le operazioni di inversione contabile coinvolgano delle operazioni inesistenti o che, almeno astrattamente risultino essere:

La neutralizzazione dell’Iva non si deve riferire, però, ad operazioni che, astrattamente siano inesistenti. In questo caso, infatti, non è ammesso il diritto alla detrazione.

Richiamando l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, i giudici della suprema corte hanno sottolineato che il diritto alla detrazione spetta unicamente quando si è realizzata realmente la cessione di un bene o è stato prestato un servizio. Nel momento in cui queste due operazioni non siano state realizzare, la detrazione non spetta in alcun modo.

Inversione contabile: continuano i contrasti

Il legislatore ha sentito la necessità di intervenire sulla questione a fronte del continuo e persistente contrasto interpretativo. L’obiettivo, in estrema sintesi, è quello di chiarire una volta per tutte la portata e l’ambito applicativo dell’articolo 6, commi 9-bis.3 del Dlgs n. 471/1997.

A chiarire quanto previsto nel suddetto articolo è intervenuto l’articolo 1, comma 152, della Legge n. 197/2022. Ovviamente al centro della nuova disposizione ci sono le violazioni degli obblighi relativi ad operazioni soggette all’Iva, che viene applicata attraverso l’inversione contabile. Il legislatore ha provveduto ad aggiungere il seguente paragrafo:

Le disposizioni dei periodi precedenti non si applicano e il cessionario o committente è punito con la sanzione di cui al comma 6 con riferimento all’imposta che non avrebbe potuto detrarre, quando l’esecuzione delle operazioni inesistenti imponibili è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole.

Inversione contabile: i fatti contestati

Ma soffermiamoci sul caso preso in esame nel capoluogo subalpino. L’Amministrazione finanziaria si è trovata nella situazione di dover contestare alcune fatture passive, in reverse charge, utilizzate da un contribuente per delle operazioni inesistenti. Gli uffici tributari si sono, quindi, mossi, per recuperare a tassazione l’Iva che era stata detratta indebitamente.

Con la sentenza n. 624 del 28 agosto 2023, la Corte di Giustizia tributaria di I Grado di Torino, si è dovuta esprimere in relazione ad una normativa che è stata appena introdotta e che, nello specifico, si riferisce alla dichiarata assenza di consapevolezza da parte del contribuente e, sulla reale ed effettiva esistenza delle suddette operazioni. La Corte di Giustizia di Torino, inoltre, ha dovuto chiarire a chi spettasse l’onere probatorio.

I giudici hanno spiegato che da parte dell’amministrazione finanziaria è sufficiente constatare la presenza di più indici che rilevano la natura di cartiere. Le operazioni in inversione contabile risultano essere solo e soltanto apparenti nel momento in cui il fornitore ha

un’esistenza relativamente breve, il raggiungimento, nel corso di breve tempo, di volumi di affari ingentissimi, l’assenza di strutture produttive e beni strumentali adeguati, la carenza di personale dipendente, il mancato assolvimento agli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte, la vorticosa successione di accrediti e prelevamenti di cospicue somme di denaro dai conti correnti. Quanto alla pretesa buona fede della società, infatti, giova sottolineare che trattandosi di operazioni oggettivamente inesistenti, la buona fede della società, in qualità di acquirente, è esclusa in radice, non potendo essere ignara del fatto di non concludere, con i predetti fornitori, sotto il profilo materiale, nessun acquisto.

In sintesi

Quando le aziende acquistano dei prodotti o dei servizi dall’estero vengono emesse delle fatture in inversione contabile. Sono dei documenti contabili validi a tutti gli effetti, ma sui quali non viene applicata l’Iva.

Il contribuente italiano deve registrare questi documenti e corso delle operazioni contabili interne deve mettere in evidenza l’Iva che poi potrà detrarre. Nel caso in cui gli acquisti di beni o servizi siano stati effettuati realmente non sorge alcun problema.

Diverso è il discorso di quando le operazioni non sono reali. Nel caso analizzato l’Agenzia delle Entrate si era accorta dell’inesistenza delle operazioni perché la società aveva effettuato degli acquisti da un fornitore privo di una struttura e senza dipendenti. Verificata l’inesistenza delle operazioni era stata contestata la detrazione dell’’Iva.

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