Credito Iva inesistente: quando diventa reato e quali sono le sanzioni

Quali sono le sanzioni previste nel caso in cui si utilizzi del credito Iva inesistente. Ma soprattutto come si deve fare per risparmiare

Pubblicato: 1 Gennaio 2024 09:00

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Uno degli strumenti che l’Agenzia delle Entrate mette quotidianamente a disposizione dei contribuenti è la compensazione. È possibile utilizzarla nel momento in cui il diretto interessato abbia un credito Iva, così come emerge dalla dichiarazione annuale. Sempre che l’importo non sia stato chiesto a rimborso.

Utilizzando un semplice Modello F24, il contribuente può beneficiare delle seguenti possibilità:

Il saldo che deriva da queste operazioni può essere a debito o a credito.

Ma cosa succede nel caso in cui sia stato utilizzato un credito Iva inesistente? Può capitare, infatti che il contribuente si possa trovare in due differenti situazioni:

Credito Iva inesistente o non spettante

Uno dei problemi maggiori con i quali un contribuente rischia di scontrarsi è la disciplina sanzionatoria, la quale, almeno nei casi dei crediti Iva non spettanti o inesistenti, è particolarmente aggressiva nei confronti di chi commette degli errori. Tra le varie ipotesi a cui può ricorrere il contribuente per sanare la propria posizione c’è, anche in questo caso, il ravvedimento operoso, che può essere utilizzato:

Può accadere, infatti, che nel momento in cui emerga un credito da un modello di dichiarazione Iva, la compensazione di questo credito avvenga:

Credito Iva inesistente

Quali sono le situazioni nelle quali ci troviamo davanti ad un credito Iva inesistente? Questo avviene nel momento in cui, all’interno della propria dichiarazione, un contribuente dichiari un credito Iva che non ha alcun fondamento: non deriva da delle operazioni che sono state realmente effettuate.

Questa situazione si può verificare a fronte ad un errore materiale, ad una o più fatture false o ad altri tipi di irregolarità. Questo tipo di credito non può essere utilizzato in compensazione e non può essere richiesto a rimborso.

Volendo fare un esempio pratico, ci si ritrova davanti ad un caso di credito inesistente nel momento in cui il contribuente provvede a presentare la dichiarazione Iva, dalla quale scaturisce un credito sul quale vengono effettuate delle compensazioni orizzontali utilizzando il consueto Modello F24. Nel caso in cui da queste compensazioni dovesse emergere un importo eccedente rispetto al credito che è scaturito dalla dichiarazione Iva, il contribuente ha violato la normativa.

Credito Iva non spettante

Discorso diverso, invece, è quello relativo al credito Iva non spettante. In questo caso ci si riferisce ad un credito che pur avendo un reale fondamento – questo significa che deriva da delle operazioni che sono state realmente effettuate – non può essere utilizzato dal contribuente a causa di alcune disposizioni normative.

Uno degli esempi tipici è quello costituito da una compensazione orizzontale effettuata in misura superiore a 700.000 euro: questo, infatti, è il limite che è stato previsto dall’articolo 9, comma 2, del Decreto Legge n. 35/13. Ogni compensazione che supera il limite massimo consentito, comporta una sanzione per aver utilizzato del credito iva non spettante.

Le sanzioni previste

Nel caso in cui il contribuente dovesse effettuare una compensazione con dei crediti Iva inesistenti o non spettanti è passibile di una sanzione amministrativa. Il legislatore ha equiparato questa violazione all’ipotesi di dichiarazione infedele, nella quale venga indicato un credito superiore rispetto a quello che spetta realmente.

La sanzione amministrativa per l’utilizzo di credito Iva inesistente oscilla tra il 100% ed il 200% della misura dei crediti inesistenti compensati. Questa sanzione viene ridotta nel caso in cui il contribuente sani la propria posizione in maniera spontanea, utilizzando il ravvedimento operoso.

Altro discorso, invece, riguarda il caso di utilizzo di crediti Iva non spettanti: in questo caso la sanzione amministrativa è pari al 30% del maggior credito utilizzato. Questa sanzione viene applicata nel caso in cui il contribuente sani la propria posizione con il ravvedimento operoso. Nel caso in cui la violazione dovesse emergere a seguito di un controllo automatizzato, la sanzione amministrativa rimane nella misura ordinaria: dal 100% al 200% della misura del maggior credito utilizzato. Sanzione prevista precedentemente per l’utilizzo del credito inesistente.

Il ravvedimento operoso

La strada migliore da intraprendere per i contribuenti è quella del ravvedimento operoso. In questo modo riescono a sanare le violazioni che riguardano il credito Iva inesistente o il credito Iva non spettante. È sempre opportuno intervenire autonomamente: questo permette di risparmiare sulle sanzioni che verranno applicate.

Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse fare un accertamento, le sanzioni sarebbero applicate nella misura piena.

Ricordiamo, che nel momento in cui si mette in pagamento il Modello F24, insieme alle sanzioni in misura ridotta, è necessario mettere in pagamento l’importo relativo alla maggiore compensazione effettuata. Non sarà sufficiente presentare solo e soltanto il Modello F24, ma il contribuente dovrà provvedere a presentare anche una dichiarazione Iva integrativa.

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