Come devono essere gestire i rimborsi delle spese mediche effettuati dal datore di lavoro? Capita sempre più spese che nelle politiche di welfare messo a punto dalle aziende o dalla Pubblica Amministrazione vi siano anche delle prestazioni sanitarie. A questo punto la domanda diventa quanto mai lecita: come devono essere gestiti questi rimborsi? Rientrano in qualche modo nei cosiddetti fringe benefit. Scopriamo come devono essere gestite queste pratiche.
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Spese mediche rimborsate dal datore di lavoro
Sempre più aziende e sempre più enti della Pubblica Amministrazione offrono ai loro dipendenti forme di welfare aziendale complementare.
Queste misure assistenziali, ad esempio, consentono di sottoporsi a visite specialistiche o piccoli interventi chirurgici pagando solo una parte del conto finale oppure ottenere un rimborso delle spese mediche sostenute (se adeguatamente documentate). Può capitare, però, che i rimborsi non avvengano contestualmente all’erogazione della prestazione. Ossia, l’azienda o l’ente per cui si lavora può restituire il denaro anche alcuni giorni, settimane o mesi dopo la visita cui ci si è sottoposti.
Cosa accade a livello fiscale nel caso in cui il rimborso arrivi nell’anno fiscale successivo a quello in cui si è sostenuto l’esame o l’intervento. Se, ad esempio, la prestazione sanitaria viene effettuata nella seconda metà dell’anno ma il rimborso arriva solamente nei primi mesi dell’anno successivo, come ci si deve comportare? A chiarire ogni dubbio è l’Agenzia delle Entrate che, nell’interpello 285 del 22 luglio 2019, analizza il caso di un dipendente di un ente pubblico alle prese con un rimborso sanitario ritardato.
Nello specifico, il contribuente afferma di aver ottenuto le detrazioni per la spesa sanitaria nell’anno fiscale di riferimento, mentre il rimborso (così come previsto dal CCNL degli Enti di Ricerca) è avvenuto qualche anno dopo. Nell’istanza presentata all’Agenzia delle Entrate, il dipendente pubblico vuole sapere come deve essere considerato il rimborso a fini fiscali, dal momento che viene effettuato direttamente dal datore di lavoro e non da una compagnia assicurativa.
Nella risposta, l’Agenzia delle Entrate specifica che il rimborso per le spese sanitarie – in questo caso da un Ente di Ricerca pubblico – va considerato come reddito da lavoro dipendente e come tale deve essere tassato. L’Agenzia, nella sua risposta, specifica che “Tutte le somme corrisposte, anche a titolo di rimborso spese, al lavoratore in ragione del suo status di dipendente costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente”. Nel momento in cui il rimborso sarà erogato, inoltre, il datore di lavoro dovrà effettuare delle ritenute a titolo di acconto IRPEF.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, specifica che tali somme non potranno invece concorrere al totale delle detrazioni da presentare in sede di dichiarazione dei redditi. Le spese mediche, in applicazione del principio di cassa, sono state infatti già detratte nell’anno fiscale di riferimento e non potranno quindi essere più utilizzate.
Le spese sanitarie rimborsate dalle assicurazioni
L’Agenzia delle Entrate, attraverso la circolare n. 24/2022, ha ricordato che le spese sanitarie rimangono a carico del contribuente anche quando sono rimborsate dalle assicurazioni. Questo avviene nel momento in cui i contributi o i premi non abbiano determinato alcun tipo di beneficio fiscale in termini di esclusione dal reddito o di detrazione d’imposta. Se, invece, i contributi o i premi versati risultano essere detraibili dall’Irpef o deducibili dal reddito complessivo, le spese sanitarie sostenute e rimborsate non danno diritto ad alcune detrazione.