La dichiarazione infedele si realizza nel momento in cui il contribuente compila una dichiarazione – dei redditi, Iva o Irap, non importa – dalla quale emergano un maggiore credito o un minor debito. Nel momento in cui si viene a configurare questo tipo di comportamento vengono applicate delle sanzioni tributarie. Nel caso in cui le imposte evase siano superiori a 100.000 euro il comportamento diventa penalmente rilevante.
Ma cerchiamo di capire meglio cosa sia la dichiarazione infedele e quando si viene a configurare.
Dichiarazione infedele, quando si viene a configurare
La dichiarazione infedele, secondo la normativa tributaria attualmente in vigore, si viene a configurare nel momento in cui un contribuente presenta validamente una qualsiasi dichiarazione – come quella dei redditi o come quella dell’Iva, solo per fare due esempi -, ma commette una serie di errori. Entrando un po’ più nel dettaglio sono due i casi che fanno in modo che una dichiarazione diventi infedele:
- nel momento in cui vengono indicati dei redditi in misura inferiore rispetto a quelli realmente percepiti, andando a determinare delle imposte da versare inferiori rispetto a quelle realmente dovute;
- quando si indicano degli elementi passivi – stiamo parlando di deduzioni o detrazioni inesistenti – che determinano una minore imposta da versare o un maggiore credito a favore del contribuente.
La dichiarazione infedele diventa tale a seguito di una contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, che punta il dito contro il comportamento del contribuente. O quando l’amministrazione tributaria è andata ad analizzare una dichiarazione validamente presentata.
Ogni anno l’AdE effettua dei controlli il cui scopo è verificare la veridicità e la correttezza dei dati che vengono inseriti dai contribuenti nella documentazione inviata. Nel caso in cui dovessero emergere delle irregolarità vengono applicate le sanzioni da dichiarazione infedele, che sono disciplinate direttamente dagli articoli 1 e 5 del Dlgs n. 471/97.
Anche il contribuente si può accorgere di aver effettuato degli errori nel momento in cui ha presentato una dichiarazione. In questo caso li può correggere presentando una dichiarazione integrativa ed utilizzando il ravvedimento operoso.
Dichiarazione infedele, uno degli errori più diffusi
La dichiarazione infedele, da un punto di vista strettamente operativo, è molto diffusa, determinata da errori commessi in buona fede e da contribuenti mossi esclusivamente dall’intento di frodare il fisco. E, sicuramente, le sanzioni tributarie irrogate per questa violazione sono le più diffuse.
Nel punire le violazione connesse alla dichiarazione infedele il legislatore ha previsto delle sanzioni importanti in caso di errore da parte del contribuente. Ed ha previsto sanzioni più pesanti nel caso in cui ci siano dei comportamenti fraudolenti da parte di alcuni soggetti.
I principali comportamenti sanzionabili
I comportamenti che determinano la dichiarazione infedele sono sanzionabili. A finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate sono tutti comportamenti che determinino dei recuperi a tassazione su determinate categorie reddituali previste dal Tuir, tra le quali ricordiamo:
- portare alla luce dei ricavi non dichiarati;
- scoprire la presenza di costi indeducibili;
- eventuale rettifica delle rimanenze;
- ripresa a tassazione delle quote di ammortamento;
- eventuali errori che siano stati commessi nell’applicazione delle norme relative al reddito d’impresa, come quelle relative alle deduzioni degli accantonamenti;
- quando non vengono riconosciuti particolari regimi fiscali, come il consolidato fiscale.
Ma non solo. La dichiarazione infedele si viene a verificare anche quando l’amministrazione tributaria effettua degli accertamenti da cui emerga che il reddito viene determinato in base a dei metodi presuntivi o induttivi, come quando vengono utilizzati i seguenti strumenti:
- studi di settore;
- percentuali di ricarico;
- redditometro.
Dichiarazione infedele: le sanzioni amministrative
A determinare l’applicazione delle sanzioni amministrative connesse con la dichiarazione infedele è l’articolo 1, comma 2 del Dlgs n. 471/97, che ha provveduto a determinare il suo ammontare nel 70% – con un minimo di 150 euro – della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato.
Nel caso in cui il contribuente dovesse presentare una dichiarazione integrativa prima dell’arrivo di un qualsiasi controllo, la sanzione è ridotta al 50% con un minimo di 150 euro.
Questo tipo di sanzioni vengono irrogate nel momento in cui, con la dichiarazione infedele, si beneficia di una minore imposta o di un maggiore credito. Non può essere sanzionato, per esempio, il contribuente che indica nella dichiarazione un credito non spettante, ma poi non lo utilizza in compensazione.
Dichiarazione integrativa, perché è importante
L’articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 471/97 – successivamente modificato dal Dlgs n. 87/24 – prevede che nel momento in cui la dichiarazione infedele dovesse emergere dalla presentazione di una dichiarazione integrativa – presentata prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di eventuali verifiche da parte dell’amministrazione tributaria – sull’ammontare delle imposte dovute si applica la sanzione prevista dall’articolo 13, comma 1, aumentata del doppio.
In questo caso, sostanzialmente, si applica la sanzione per gli omessi versamenti pari al 25% aumentata del doppio (quindi del 50%). Su questa sanzione ridotta trova applicazione l’istituto del ravvedimento operoso, che è connesso con la presentazione della dichiarazione integrativa.
Condotte fraudolente
Le sanzioni in la presentazione di una dichiarazione infedele aumentano del 50% nel caso in cui le violazione venga realizzata attraverso l’utilizzo dei seguenti strumenti:
- documentazione falsa;
- operazioni inesistenti, attuate attraverso degli artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.
Quando si verificano questi tipi di comportamento la sanzione (fino al 31 agosto 2024) passa dal 135% al 270% dell’imposta. Dal 1° settembre 2024, però, per questo tipo di condotte la sanzione applicabile è aumentata della metà al doppio: quindi è pari al 105%. Ai fini Iva – rispettando quanto previsto dall’articolo 5 comma 4-bis del DLgs. 471/97 – l’aumento della metà al doppio deve essere applicato nei confronti del cessionario o committente che ha utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti solo se è provata la compartecipazione alla frode.