Lo sciopero annunciato dai benzinai per il 25 e 26 gennaio (e congelato dopo un incontro fra i rappresentanti di categora e il governo) ha riportato in primo piano la questione del prezzo dei carburanti, tornato a salire verticalmente dopo che il Giorgia Meloni ha deciso di eliminare in manovra lo sconto sulle accise introdotto dal precedentre esecutivo Draghi. Il governo ha rovesciato sui gestori “speculatori” la responsabilità degli aumenti – sebbene all’interno della maggioranza le posizioni siano diverse in merito – i benzinai rifiutano di fare da paravento alle scelte governative e alzano le barricate. Ma come si compone realmente il prezzo dei carburanti alla pompa? Quanto incidono le accise statali rispetto alla voltatilità del prezzo del petrolio ed i prezzi praticati?
La scelta del governo
Perché siamo arrivati, di nuovo, a questa situazione, con il diesel in salita a oltre 2 euro al litro (addirittura 2,5 in autostrada) e la benzina poco dietro? la causa prima è senz’altro lo stop al taglio delle accise deciso dall’Esecutivo Meloni, che non ha prorogato lo sconto di 18,3 centesimi. Una misura fortemente voluta da Draghi, quella del taglio delle accise, che infatti aveva dato i suoi frutti, consentendoci di tirare un sospiro di sollievo almeno quando andavamo a fare rifornimento.
Nel 2022 la riduzione delle imposte sui carburanti è costata, a partire da marzo, circa 1 miliardo di euro al mese. Ma questa spesa il governo Draghi era riuscito a sostenerla soprattutto grazie all’extragettito assicurato proprio dagli aumenti del prezzo dei carburanti. Il problema, adesso, è che questo meccanismo è saltato: nella Nadef, Meloni ha deciso di considerare l’extragettito non più una maggiore entrata per i conti pubblici, ma un incasso ordinario, dunque non utilizzabile per finanziare gli sconti. Motivo per cui il governo non ha più avuto risorse per finanziare la misura. Doipo aver strepitato dai banchi dell’opposizione contro le accise, Meloni ha dovuto fare i conti con la realtà.
Come si compone il prezzo dei carburanti
Il prezzo di benzina e gasolio è composto principalmente da quattro voci:
- costo della materia prima
- commissioni per broker, trasportatori, grossisti e intermediari
- costo della componente fiscale
- margine lordo per i gestori dei distributori
Dopodiché, i prezzi tendono a seguire l’andamento del costo del petrolio, sebbene le oscillazioni del secondo non corrispondano sempre a salite o discese dei primi. Ad oggi il Brent (l’indice per l’Europa) è ai minimi dell’anno: attorno agli 80 dollari al barile, dopo un picco toccato a fine giugno a 122 dollari. Motivo per cui, nonostante l’eliminazione dello sconto sulle accise, il prezzo è aumentato sì, ma non ai livelli del periodo in cui dovette intervenire Draghi. A determinare i prezzi è poi soprattutto l’Opec+, il cartello storico dei maggiori produttori guidato dall’Arabia Saudita. Agiscono inoltre una serie di intermediari, dai broker dei prodotti raffinati a chi procura il carburante per i distributori.
Il peso di Iva e accise
C’è poi la componente prettamente fiscale, che in Italia incide più che altrove. Per la benzina la componente fiscale è pari al 58%, mentre il prezzo della componente industriale e commerciale si ferma al 42%. Con un prezzo della benzina di 1,812 euro al litro la componente fiscale risulta di 1,055 euro al litro mentre la componente industriale era pari a 0,757 euro al litro. Della componente fiscale 0,728 euro/litro sono accise mentre 0,327 euro/litro è Iva. Leggermente diversi i numeri per il gasolio: nel prezzo medio di dicembre scorso (1,717) la componente industriale pesava per il 45% (0,777 euro/ litro) rispetto al 55% (0,940 euro/ litro) della componente fiscale (fonte Corsera). Il che porta l’Italia al primo posto in Europa per il peso complessivo delle tasse.
Perché il diesel costa più della benzina e cosa succederà
Quanto guadagnano i benzinai
In questo quadro, il margine dei gestori dei distributori vale circa l’8-10 % del prezzo per il gasolio e circa il 12% per la benzina. E’ questo il margine sui cui il gestore può agire per modificare il prezzo alla pompa.
Italiani in coda ai distributori: dove costa di meno adesso fare il pieno
Effetto valanga in arrivo? Quali possibili conseguenze
Ora la situazione rischia davvero di esplodere, sia per i consumatori che per le imprese. Nel nostro Paese, l’88% delle merci, per arrivare sugli scaffali, viaggia su strada. Ciò significa che l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori, già duramente provati dall’inflazione, che, a causa proprio dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento generalizzato dei costi dovuto alla guerra in Ucraina, lo scorso anno ci ha fatto spendere quasi 13 miliardi in più per comprare cibo e bevande.
Come se non bastasse, secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga, a pesare sono anche i ritardi infrastrutturali dell’Italia, dove il costo medio al chilometro per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 euro, più alto dei nostri vicini: in Francia ad esempio costa 1,08 euro al chilometro e in Germania appena 1,04.
A subire le conseguenze dei rincari – denuncia la Coldiretti – è l’intero sistema agroalimentare, dove i costi della logistica arrivano a incidere di 1/3 sul totale dei costi per frutta e verdura.
Lato imprese, il quadro è molto preoccupante: 1 azienda agricola su 10 rischia di chiudere, e addirittura 1/3 del totale nazionale si trova a lavorare in una condizione di reddito negativo, secondo l’ultima analisi Coldiretti su dati Crea. La produzione agricola e quella alimentare in Italia sono infatti particolarmente sensibili all’andamento delle quotazioni, visto che assorbono oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali, per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti l’anno (dati Coldiretti su base Enea).
Appare sempre più evidente, anche per benzina e gasolio, che il Pnrr può essere davvero determinante. Per le imprese, ad esempio, perché – come ha spiegato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini – potrebbe sostenere la competitività sbloccando le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo.