Una prima apertura alla ratifica del MES in sede europea il governo Meloni lo aveva fatto a gennaio, quando le istituzioni comunitarie avevano fatto visita al presidente del Consiglio proprio per sondarne le intenzioni. Bisogna “verificare possibili correttivi”, insieme agli altri Stati, per rendere il Mes “uno strumento effettivamente capace di rispondere alle esigenze delle diverse economie” – aveva detto la Meloni. Sottolineando che dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e le nuove difficoltà economiche che sono seguite, lo strumento va insomma ripensato per adattarlo alla nuova situazione.
Ora che i fronti aperti con Bruxelles sono diversi, il governo italiano si prepara a scendere a necessari compromessi. Sulla questione delle concessioni balneari l’Ue ha lanciato un vero e proprio ultimatum perché il settore sia liberalizzato, e Meloni è pronta a mollare una bandierina che in realtà appartiene più a Lega e Forza Italia che al suo partito. E anche sulla ratifica del MES è pronta la retromarcia, anche se da palazzo Chigi parlano di trattativa in corso.
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Il pressing di Dombrovskis
“In caso di fallimenti delle banche non devono essere i cittadini a pagare ma attraversi reti di sicurezza finanziate dall’industria”, “così come dovranno essere protetti i depositi”, ha detto in proiposito il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis. Che ha anche lanciato un chiaro richiamo anche alla procedura di riforma del MES , definendolo “uno degli elementi importanti come backstop al fondo di risoluzione unico” delle banche. “Più lungo è il processo e più a lungo dovremo attendere il paracadute”, ha spiegato spingendo di fatto il nostro Paese verso la ratifica.
La ‘spinta’ dei fallimenti bancari
Del resto sono stati proprio i crac di Silicon Valley Bank e poi di Credit Suisse a riportare in auge il tema MES. La vicenda ha infatti fatto immediatamente scattare in Europa un rinnovato pressing sull’Italia perché ratifichi il meccanismo del MES. Come ha lasciato intendere il direttore esecutivo Pierre Gramegna, il nuovo strumento servirebbe infatti proprio ad affrontare gli effetti di una potenziale crisi degli istituti di credito dell’Eurozona. “Le turbolenze – ha detto – mostrano l’importanza della ratifica della riforma del MES perché permetterebbe di avere il backstop per il Fondo di risoluzione unico»che servirebbe proprio da paracadute nel caso in cui le banche europee dovessero far fronte a una crisi”.
Negoziato in corso
Come detto, il governo è pronto ora a trovare un’intesa per la ratifica, anche in virtù dei problemi che sta trovando sul fronte del PNRR, dove rischia di dover rinunciare a circa metà delle risorse messe a disposizione dall’Europa a causa dell’inefficienza del sistema politico, burocratico e industriale italiano.
Sul MES “il negoziato è in corso e mi pare evidente che alcuni strumenti dell’Unione europea vadano aggiornati alla luce del nuovo scenario geopolitico”. Il meccanismo “è stato concepito quando eravamo in un altro mondo e nemmeno allora è stato utilizzato”. Lo dice il premier Giorgia Meloni in un’intervista al Foglio “Si tratta di uno strumento, non di una religione, e gli strumenti devono essere aggiornati, utili ed efficaci. Se deve contrastare le crisi finanziarie, allora non solo è sottodimensionato ma soprattutto non serve allo scopo”. “Se invece il Mes si trasforma in un veicolo per la crescita… allora siamo pronti a discutere. Questa è la linea del mio governo”.