Verso il rinvio della sugar tax, aziende rischiano perdite e costi extra insostenibili

La Sugar tax, prevista per il 1° luglio 2025, rischia di generare perdite per le aziende di bevande analcoliche, con conseguenze negative sulle vendite e sul gettito fiscale

Pubblicato: 8 Novembre 2024 16:24

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

La possibile entrata in vigore della Sugar tax, prevista per il 1° luglio 2025, sta suscitando preoccupazioni crescenti tra i produttori italiani di bevande analcoliche. L’associazione Assobibe ha chiesto un tavolo urgente di confronto con il governo per discutere del rinvio della tassa, sostenendo che le conseguenze potrebbe essere fin troppo negative per il settore e per le finanze pubbliche.

Qual è l’impatto economico della Sugar tax

Secondo Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe, l’introduzione della Sugar tax comporterebbe costi significativi per le aziende del settore. “Il comparto – ha calcolato Pierini – dovrà sostenere extra-costi per oltre 2,2 milioni di euro per gli adempimenti necessari al versamento mensile di questa nuova gabella”. Questi costi colpirebbero in particolare le piccole e medie imprese, con perdite stimate tra 25.000 e 90.000 euro per ciascuna azienda.

In aggiunta, uno studio condotto da Nomisma nel 2023 ha evidenziato che, oltre al calo delle vendite di bibite previsto, il settore andrebbe incontro a una riduzione di 46 milioni di euro degli investimenti da parte delle imprese produttrici. La contrazione non solo influenzerebbe la salute economica delle aziende, ma anche l’intera filiera produttiva, con una diminuzione degli acquisti di materie prime (alimentari e non) di 400 milioni di euro.

Conseguenze anche sulle vendite e il gettito fiscale

Le previsioni per il biennio successivo all’entrata in vigore della norma indicano un calo delle vendite di bibite del 16%. Il calo non solo ridurrebbe le entrate fiscali per lo Stato, ma porterebbe anche a un mancato gettito Iva di ben 275 milioni di euro.

Pierini ha chiarito: “Le esigue entrate auspicate con l’ingresso della Sugar tax non tengono conto dei 275 milioni di euro di mancato gettito Iva conseguente alla contrazione delle vendite”. Uno scenario che mette in discussione la sostenibilità della nuova tassa, ma non il suo effettivo impatto positivo sulla salute pubblica, che è uno dei principali obiettivi dichiarati della normativa.

Oltre ai costi diretti, la Sugar tax potrebbe implicare un aumento della burocrazia. “La Sugar tax non solo aumenta vertiginosamente la pressione fiscale sulle imprese, ma incide fortemente sulla burocrazia, introducendo ulteriori 70 procedure aziendali aggiuntive”, avverte Pierini. Le imprese sarebbero obbligate a redigere mensilmente prospetti dettagliati sul processo produttivo, anche per attività che non sono direttamente correlate alla tassa stessa. Le PMI, in particolare, si troverebbero a dover compilare oltre 450 voci nella registrazione iniziale prevista, un onere che potrebbe rivelarsi insostenibile per molte di esse.

L’appello di Assobibe: le preoccupazioni di settore

In risposta a queste preoccupazioni, Assobibe ha esortato a trovare una soluzione che non penalizzi il Made in Italy e i consumatori. “Dobbiamo fare fronte comune con le altre associazioni di categoria e forze sociali contro una nuova tassa”, ha dichiarato Pierini ai margini degli Stati Generali del Mercato Food & Beverage in Italia.

L’associazione chiede quindi un dialogo aperto tra politica e imprese, per tutelare il mercato interno e promuovere lo sviluppo senza ulteriori tasse e burocrazia. La richiesta di Assobibe è chiara: “Non vogliamo sovvenzioni o aiuti, ma lavorare serenamente e poter investire”.

Le preoccupazioni espresse da Assobibe si estendono anche all’effetto sulla competitività delle aziende italiane a livello internazionale. La Sugar tax potrebbe penalizzare i produttori di bevande che valorizzano le eccellenze italiane, creando un contesto in cui le imprese locali si trovano a competere svantaggiate rispetto a quelle di altri Paesi europei che non applicano simili oneri fiscali. “Il Made in Italy e i cittadini sarebbero penalizzati da una norma che colpisce prodotti di qualità senza riuscire a produrre impatti diretti sulla salute”, afferma ancora Assobibe.

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