La tecnologia entra in azione per proteggere il vero Parmigiano Reggiano dai contraffattori. All’interno delle forme del celebre e rinomato formaggio italiano verrà inserito un microchip che traccerà l’autenticità delle forme di parmigiano. I produttori italiani sono esausti di dover affrontare la competizione di prodotti falsi che invadono il mercato e danneggiano le vendite del parmigiano. Per contrastare questa situazione, hanno iniziato a inserire microchip commestibili nelle forme del formaggio. Questa innovazione aiuta i consumatori a distinguere tra il vero Parmigiano Reggiano e le imitazioni.
I microchip nel parmigiano
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, i microchip sono leggibili dai rivenditori e includono un numero di serie univoco. Questo numero fornisce una gamma di informazioni riguardo all’origine e all’autenticità del formaggio.
Per comprendere l’importanza di questa iniziativa, basti considerare che circa 100.000 microchip, sviluppati dall’azienda statunitense p–Chip, sono stati inseriti finora nelle forme di parmigiano. Questi microchip sono stati sottoposti a test per garantire la loro resistenza alle condizioni estreme.
Questi microchip, delle dimensioni di un minuscolo granello di sale, rappresentano uno degli ultimi sforzi intrapresi dai produttori alimentari europei per proteggere i loro prodotti autentici dall’ampia diffusione di frodi prodotte all’estero. Fino a oggi, l’Unione Europea ha esteso la protezione a oltre 3.500 prodotti, tra cui il formaggio feta greco e un tipo di vaniglia coltivato in Francia.
I produttori di Parmigiano hanno avviato il programma sperimentale per la prima volta nel 2022. L’obiettivo è quello di contrastare al massimo le imitazioni e semplificare l’esperienza d’acquisto per i consumatori desiderosi di acquistare prodotti autentici. A livello mondiale, il mercato delle contraffazioni di Parmigiano Reggiano è stimato a un valore di quasi 2 miliardi di dollari.
La contraffazione del Made in Italy
Anche la Guardia di Finanza si è mobilitata per proteggere il marchio Made in Italy dalla contraffazione, mettendo a punto un piano operativo più aggressivo per il 2023.
L’obiettivo è affrontare il fenomeno dell’Italian Sounding: un sistema che sfrutta immagini, parole, colori e riferimenti geografici italiani per alimentare un’industria di contraffazione, con un impatto economico stimato intorno al 6% del PIL.
Purtroppo, l’industria italiana subisce danni da diversi anni a causa di questa situazione. Le conseguenze si ripercuotono su molti settori industriali del paese e contribuiscono a una contrazione economica. Questi effetti negativi si accompagnano alla mancanza di introiti fiscali per lo Stato. Solo nel 2020, la contraffazione ha causato una perdita di fatturato di 17 miliardi di euro a livello nazionale. L’erario ha subito una diminuzione delle entrate fiscali, inclusi IVA, Ires, Irpef e contributi previdenziali non versati, per un ammontare complessivo di 4,8 miliardi di euro.
Di fronte a questa sfida, il governo ha intrapreso sforzi per contrastare il fenomeno dell’Italian Sounding e proteggere l’industria produttiva italiana. Ciò è stato fatto attraverso una serie di leggi volte a rafforzare le sanzioni penali. La Guardia di Finanza ha lavorato intensamente per aumentare la qualità delle verifiche al fine di garantire una tutela ottimale al Made in Italy.
L’Italian Sounding è stimato valere circa 120 miliardi di euro, secondo una valutazione diretta della Coldiretti. La mancanza di chiarezza nelle denominazioni dei prodotti Made in Italy offre terreno fertile per la diffusione della contraffazione, afferma Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. Egli sostiene che le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani potrebbero triplicare se si riuscisse a fermare la contraffazione su scala internazionale.