Si è conclusa a Lucerna, in Svizzera, la conferenza per la pace in Ucraina organizzata dal governo elvetico su richiesta di quello di Kiev. Vi hanno partecipato 92 Paesi, 15 dei quali non hanno però firmato il documento finale che chiede il rispetto dell’integrità territoriale dell’Ucraina come base della trattativa per porre fine all’invasione russa. Il vertice è comunque stato definito un successo dalle parti che lo hanno organizzato, ma si trattava di una conferenza di pace anomala.
Non era infatti nemmeno invitata la Russia, che secondo gli alleati dell’Ucraina non ha mostrato nessuna intenzione di arrivare a un accordo di pace. L’esercito di Mosca ha continuato a bombardare il fronte e le città ucraine anche durante lo svolgimento della conferenza. Altri Paesi, vicini a Mosca dal punto di vista diplomatico, sono stati invitati ma non hanno inviato delegati. Tra questi la Cina, a cui il presidente dell’Ucraina Zelensky ha inviato un messaggio.
Il documento finale della conferenza di pace per l’Ucraina
Si è conclusa domenica 16 giugno la conferenza di pace di Bürgenstock, resort vicino a Lucerna, in Svizzera, indetta per discutere di una proposta di pace per la soluzione della guerra in Ucraina. Vi hanno partecipato 90 Paesi in tutto, mentre due hanno presenziato in qualità di osservatori, il Brasile e il Vaticano. Tra questi non c’erano né la Cina, invitata ma non presente con alcun delegato diplomatico, né la Russia, che ha invaso l’Ucraina nel 2022 e che non è stata invitata.
La conferenza è stata organizzata dal governo svizzero su proposta di quello ucraino. I lavori sono durati per due giorni, sabato 15 e domenica 16 giugno, per concludersi nel pomeriggio della seconda giornata. La dichiarazione finale ha posto le basi per una proposta di pace da parte di Kiev, prendendo come indirizzo la Carta delle Nazioni Unite e i principi in essa elencati di rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità nazionale di tutti gli Stati.
A livello concreto, per una totale cessazione delle ostilità l’Ucraina richiede il ritiro delle truppe russe da tutto il suo territorio, che ha per confini quelli riconosciuti nel 1991 alla separazione del Paese dall’Unione Sovietica. Gli stessi confini che la Russia si impegnò a rispettare nel memorandum di Budapest nel 1994, quando l’Ucraina consegnò a Mosca più di 5.000 testate nucleari sovietiche stanziate nel suo territorio.
Le richieste ucraine prevedono quindi il ritiro delle truppe militari russe da sei regioni del Paese, o Oblast:
- La Crimea, annessa nel 2014 e interamente controllata dalla Russia
- Luhansk, annessa nel 2022 e controllata quasi interamente dalla Russia
- Donetsk, annessa nel 2022, separatista dall’Ucraina dal 2014 e controllata parzialmente dalla Russia
- Zaporizhzhia, annessa nel 2022 e controllata parzialmente dalla Russia
- Kherson, annessa nel 2022 e controllata parzialmente dalla Russia
- Kharkiv, annessa nel 2022, riconquistata dall’Ucraina lo stesso anno e di cui la Russia occupa alcuni piccoli villaggi di confine
La ritirata delle truppe russe quindi non dovrebbe avvenire soltanto dalle regioni di Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, oltre alla piccola porzione della regione di Kharkiv, invase nel 2022 e ancora sotto il controllo dell’esercito di Mosca, ma anche dalla Crimea e dall’Oblast di Donetsk, cadute di fatto sotto controllo russo nel 2014. Una richiesta poco realistica anche data l’attuale situazione di quasi totale stallo al fronte, con ripetuti tentativi falliti di avanzata portati avanti negli ultimi mesi da entrambi gli schieramenti.
I Paesi che non hanno firmato il documento finale
Una presa di posizione comunque netta alla quale hanno aderito la quasi totalità dei partecipanti, con alcune eccezioni. Scontate le astensioni dei Paesi parte dei Brics, il gruppo di Stati in via di sviluppo di cui fa parte la Russia stessa, presenti alla conferenza, quindi India e Sudafrica, oltre al Brasile che, come detto, partecipava solo da osservatore.
A loro si sono uniti l’Armenia, storicamente vicina alla Russia ma in fase di allontanamento dalla sfera di influenza di Mosca, il Messico, la Libia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, che fanno parte insieme alla Russia del cartello petrolifero Opec+, l’Indonesia, la Thailandia e il Messico. Manca anche la firma del Vaticano, presente anch’esso come osservatore.
Dopo i primi 12 Paesi non firmatari, altri hanno tolto la loro firma dal documento finale. Si tratta di Iraq e Giordania. Sul sito web del Consiglio federale svizzero non vengono però indicate i motivi della decisione. Il numero dei firmatari è così sceso da 80 a 78, mentre il numero dei non firmatari è salito a 15.
D’altro canto, pesano moltissimo, tra i Paesi firmatari del comunicato congiunto, i Paesi vicini alle posizioni russe come Ungheria e Serbia. La Svizzera ha comunque confermato che intende discutere i risultati dell’incontro con la stessa Russia, la Cina e altri Paesi che non erano presenti al vertice mondiale.
Soddisfatti Zelensky e il governo svizzero
Queste defezioni, tutto sommato attese dagli organizzatori, non hanno demoralizzato né il governo svizzero né il presidente ucraino Zelensky. La conferenza è stata ritenuta un successo e ha raggiunto il suo obiettivo di dare una piattaforma comune di pace a tutti gli alleati dell’Ucraina, continuando a garantire a Kiev il supporto militare necessario per resistere ai persistenti attacchi della Russia lungo tutto il fronte.
“La Russia potrà avviare i negoziati con noi domani, ritirandosi dal nostro territorio, secondo la Carta delle Nazioni Unite. Alcuni paesi hanno deciso di non firmare, dobbiamo rispettare le opinioni di tutti: arriveranno. In 84 hanno firmato subito, per me è un grande successo. Certi paesi hanno la loro visione sulla guerra e c’è anche l’eredità storica dell’Urss nelle relazioni con alcuni paesi e questo va tenuto conto” ha dichiarato il presidente ucraino.
“Per mesi si è parlato di guerra, di forniture di armi e di sostegno militare. Ora abbiamo parlato di pace, per la prima volta in un incontro di così alto livello con così tanti paesi e organizzazioni. Il fatto che la stragrande maggioranza dei paesi qui riuniti si sia accordata sul comunicato congiunto di Bürgenstock dimostra ciò che la diplomazia può ottenere con un lavoro paziente” ha detto la presidente svizzera Viola Amherd, esprimendo soddisfazione per il risultato della conferenza.
I veri obiettivi della conferenza di Lucerna
La conferenza di pace di Bürgenstock era, per la tradizione diplomatica, molto anomala. Normalmente eventi di questo tipo si tengono alla presenza di delegati di entrambe le parti in causa. La scelta stessa della Svizzera, Paese neutrale per eccellenza, come ospite dell’evento avrebbe fatto pensare a un terreno neutro sul quale Ucraina e Russia potessero iniziare un processo per porre fine alle ostilità. In questo caso però, Mosca non è stata nemmeno invitata.
Gli alleati dell’Ucraina ritengono infatti che Putin non abbia mai mostrato reali intenzioni di arrivare a una pace con Kiev. Gli obiettivi dell'”operazione militare speciale” sono quasi tutti falliti. Non solo il Paese è ancora governato da Zelensky, fermo oppositore dell’influenza russa sull’Ucraina, ma lo Stato ha fatto significativi passa verso l’adesione sia alla Nato che all’Unione europea, mosse che lo porterebbero quasi interamente fuori dall’orbita di Mosca. La Russia non avrebbe quindi ragioni vere per interrompere le ostilità, stando a quanto sosterrebbero le diplomazie occidentali.
Una conferenza di pace senza una delle due parti in guerra ha però speranze fondamentalmente nulle di raggiungere il suo obiettivo. Questo aspetto è però stato messo in chiaro anche dallo stesso governo svizzero fin da prima dell’inizio dei lavori. L’obiettivo di questa conferenza non era interrompere l’invasione russa dell’Ucraina, ma creare una piattaforma dalla quale si potesse poi partire per arrivare a una soluzione negoziale. Avere quindi un documento in cui l’Ucraina propone condizioni chiare per interrompere ogni ostilità.
La ragione per cui questa conferenza si è tenuta quindi è togliere alla Russia l’iniziativa diplomatica. La propaganda del regime di Putin tenta da tempo di dipingere l’Ucraina come guerrafondaia, anche se è stata Mosca a invadere il suo territorio tentando di prendere la capitale Kiev poco più di due anni fa, nel febbraio del 2022. L’occidente nel frattempo ha garantito un sostegno militare quasi incondizionato a Zelensky, permettendo all’esercito ucraino di resistere ma al contempo alimentando la narrativa russa.
Mostrando disponibilità a una pace, pur con condizioni molto favorevoli all’Ucraina visto lo stato di stallo in cui versa il fronte dell’invasione russa, gli Stati occidentali sperano di riportare la percezione dell’invasione russa nell’opinione pubblica internazionale verso una forma di condanna. Questo sempre senza ridurre il supporto militare a Kiev e continuando il processo di integrazione del Paese all’interno della Nato e dell’Unione europea.
Il messaggio di Zelensky alla Cina
Ruolo cruciale all’interno del conflitto tra Ucraina e Russia lo ha la Cina. Pur non sostenendo, almeno a livello ufficiale, direttamente l’esercito di Mosca con forniture di armi, Pechino garantisce una sponda diplomatica ed economica a Vladimir Putin, spezzando l’isolamento internazionale altrimenti pressoché assoluto del leader del Cremlino. Per questa ragione il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso alla conclusione dei lavori della conferenza di pace di Bürgenstock, ha deciso di mandare un messaggio direttamente alla Cina, nel tentativo di avvicinarla alle posizioni di Kiev.
“Noi rispettiamo la Cina, noi vogliamo che rispetti l’integrità territoriale dell’Ucraina. La Cina è una economia seria e ha una influenza politicamente rilevante sulla Russia, la Cina potrebbe aiutarci. Non abbiamo ricevuto proposte di pace da parte di Pechino” ha dichiarato Zelensky, in un passaggio che ha mostrato la disponibilità dei Kiev a trattare anche con gli alleati di Mosca pur di trovare un modo di isolare completamente Putin.
“Putin combatte per se stesso, comprende che è isolato anche se non totalmente. Per questo per la Cina, Putin non può essere un interlocutore. Abbiamo sollevato l’argomento con Pechino e ne siamo convinti. Il nostro compito è fare di tutto perché la società comprenda il suo isolamento, così avremmo una speranza di finire la guerra diplomaticamente. Ma Putin crede di poter ancora dividere l’Europa e gli altri alleati” ha poi continuato il presidente ucraino.