Di colpo è tornato attuale un argomento che per molti era forse sconosciuto fino a poco tempo fa: le croci sulle Alpi. Perché mai in Italia ci si è trovati a parlare a livello governativo di tutto ciò? Colpa delle parole di Marco Albino Ferrari, direttore editoriale del Cai.
Analizziamo nel dettaglio la questione, così da capire per bene cosa abbia spinto Matteo Salvini, e non solo, a scendere in campo in difesa delle croci di montagna.
Le parole di Marco Albino Ferrari
Tutto ha avuto inizio alla Cattolica di Milano. Marco Albino Ferrari ha avuto modo di parlare in questo scenario di simboli e montagna, il che lo ha rapidamente indirizzato verso le centinaia di croci di vetta che è possibile avvistare e ammirare sulle vette delle Alpi (non un caso, considerando come il tutto sia avvenuto nel corso della presentazione del libro di Ines Millesimi, dal titolo Croci di vetta in Appennino, ndr).
Una storia secolare, considerando i dati prodotti dal Club alpino svizzero, che data la più antica di queste croci al 327. Vediamo nel dettaglio quali sono state le parole di Ferrari: “Da ateo, sostengo che le croci debbano restare sulle montagne. È giusto così perché sono un simbolo del territorio”.
Il suo ragionamento è stato molto interessante, arrivando a spiegare le motivazioni dei montanari nel fissare questi simboli. Era un modo per esorcizzare la paura atavica della montagna. Al calare della notte, soprattutto, si immaginavano queste aree abitate da mostri e demoni. Nessuno si è opposto a questa disamina, che si è però conclusa così: “Allo stesso tempo, credo non se ne debbano porre di nuove”.
La polemica dei ministri del governo Meloni
Chi avrebbe mai detto che il tema delle croci di vetta fosse così sentito all’interno del governo Meloni. La discussione ha trovato un certo spazio online, fino a giungere alle reazioni di alcuni ministri come Paolo Zangrillo.
Il senatore di Forza Italia e ministro per la Pubblica amministrazione si è così espresso: “Il dibattito sulle croci di vetta, ritenute anacronistiche e divisive, mi lascia attonito”. Tanta agitazione per qualcosa che nessuno ha proposto di rimuovere, ma in breve si intuisce cosa si cela dietro tutto ciò.
Zangrillo affronta infatti il tema della religione, sottolineando come da non cristiano non intenda imporre il simbolo della croce a nessuno. Tutto corretto, così come il riferimento a Walter Bonatti, che vedeva in queste croci degli amici e, pare, questo pensiero sia condiviso da molti scalatori. Infatti nessuno ha proposto di rimuoverle, è bene ripeterlo.
Per quanto si possa predicare bene, però, il tema della religiosità cristiana in un paese laico è sempre presente e ingombrante. A dimostrarlo è proprio il senatore poco dopo: “Questo simbolo dovrebbe però far riflettere anche i non cristiani. Non solo perché c’è sempre stato e far parte della storia del mondo, ma perché la sua lezione di umanità è universale e valida per tutti”.
Ecco, tralasciando il pensiero sul “c’è sempre stato”, sarebbe interessante capire se tale apertura venga manifestata anche nei confronti di altri simboli religiosi, anche più antichi della croce.
L’ostacolo da superare sembra ancora una volta il timore di voler cancellare le tradizioni italiane, dando per scontato per la totalità del Paese si riveda in una certa visione. Non cancellare il passato e costruire un presente e futuro più inclusivi non sembra la fine del mondo, eppure questa discussione pare suggerire altro.
Rimuovere le croci
Perché abbiamo sottolineato due volte l’assenza di una proposta per rimuovere le croci di vetta? Perché la senatrice di Fratelli d’Italia Paola Ambrogio ritiene sia nelle intenzioni del Cai: “La proposta di non apporne di nuove e progressivamente rimuovere quelle esistenti è una provocazione ideologica. Una croce non può in alcun modo essere considerata divisiva, semmai lo è la volontà di rimuoverla”.
Per Andrea Tremaglia, deputato di Fratelli d’Italia, scalare una montagna equivale invece a comprendere che esiste qualcosa di superiore rispetto a noi. Passiamo infine al ministro del Turismo Daniela Santanchè e il leader della Lega e ministro Matteo Salvini.
La prima parla di sciocchezza senza cuore e senza senso, che nega storia, cultura, passato e futuro dell’Italia. Il secondo, infine, si esprime così: “La proposta del Cai di non voler più mettere croci sulle vette montane nazionali è davvero insensata”.
Una discussione che ha dell’assurdo e che evidenzia ancora una volta come il tema della religione, in un Paese laico, sia un nervo scoperto nel mondo politico (a patto che si parli di cristianità, ndr). La vicenda, ingigantita, si è quindi conclusa con le scuse di del Presidente generale del Cai, Antonio Montani, che ha spiegato come quelle espresse fossero dichiarazioni personali: “Voglio scusarmi personalmente con il ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.