Quanto costa mantenere un figlio all’Università? A fare il punto della situazione ci hanno pensato UDU e Federconsumatori, che hanno messo in evidenza che studiare è diventato un vero e proprio lusso, riservato a pochi. Soprattutto quando si dovesse decidere di farlo fuori dalla città di residenza.
Mediamente uno studente in sede può arrivare a spendere qualcosa come 9.379 euro all’anno, 10.293 euro se è pendolare e 17.498 euro se fuori sede. Ma entriamo nel dettaglio e vediamo quali sono i costi che devono essere sostenuti.
Indice
Quanto costa mantenere un figlio all’università
Mantenere un figlio all’università è sempre più costoso. I costi che devono sopportare i genitori sono:
- tasse universitarie;
- alloggio;
- pasti;
- trasporti (urbani ed extraurbani per chi è pendolare o fuorisede);
- materiale didattico e digitale;
- cultura;
- attività sociali;
- attività ricreative;
- sport;
- salute.
Questo elenco, sostanzialmente, si traduce in una spesa pari a 9.379 euro ogni anno per gli studenti in sede, che lievitano a 10.293 euro annui per i pendolari e a 17.498 euro annui per i fuori sede. Senza dubbio la vita è più costosa per gli studenti fuori sede, che arrivano a spendere ogni anno l’87% in più rispetto agli studenti in sede ed il 70% in più dei pendolari. A pesare, in particolar modo, sono i costi degli alloggi, che costituiscono una spesa pari a 5.220 euro annui (con forti differenze tra Nord e Sud).
Mantenere un figlio all’Università: costi sempre più allarmanti
Alessia Polisini, esecutivo nazionale UDU ha spiegato che è allarmante vedere che i costi hanno registrato un incremento di quasi 5.000 euro. La voce più dispendiosa risulta essere quella dell’affitto, che pesa mediamente per 435 euro al mese. Subito dopo arrivano i pasti con 412 euro e i costi legati a salute e benessere con 190 euro. Mantenere un figlio all’Università è sempre più dispendioso.
Quello che colpisce, sono le forti differenze territoriali. Non solo tra regione e regione, ma anche tra città e città. Ad esempio, un pasto in mensa costa 5,48 euro al Sud che diventano 7,40 euro al Centro Italia – spiega Alessia Polisini -. Ancora più evidenti sono le differenze sui trasporti ferroviari. Ci sono Regioni virtuose, come l’Emilia-Romagna, l’Umbria, il Lazio, la Campania e la Provincia di Trento, dove l’abbonamento annuale è molto conveniente e vede integrato anche il trasporto pubblico urbano. Le peggiori sono invece Piemonte, Lombardia e Sicilia con una differenza annuale di oltre mille euro, una differenza stratosferica e ingiustificabile. I fuorisede devono poi sborsare ogni anno 600 euro per tornare a casa. Abbiamo anche stimato il costo del materiale didattico che varia dai 1930 euro per Medicina ai 289 euro richiesti a Matematica. Da calcolare anche l’acquisto di computer, su cui si registrano forti rincari.
Costi che rendono realmente difficile andare all’Univestità.
Questi costi proibitivi alimentano non solo le disparità, rendendo gli studi universitari un’opportunità sempre più riservata alle classi medio-alte, ma anche l’abbandono degli studi. Secondo l’ultimo rapporto ANVUR solo il 28,3% della popolazione tra i 25 e i 34 anni riesce a conseguire un titolo universitario – dichiara Roberto Giordano, Vicepresidente di Federconsumatori -. Il tasso di abbandono è cresciuto raggiungendo il 14,5% nel 2021 ed è facile prevedere che sia destinato ulteriormente a salire, visto il forte incremento dei costi a carico delle famiglie per mantenere uno studente universitario. Le borse di studio stanziate finora non sono sufficienti a garantire l’accesso allo studio alla popolazione scolastica che ne avrebbe diritto: lo testimoniano i dati relativi agli idonei non beneficiari che nel 2022/23 ancora ammontano a 4.974. Mentre i costi crescono, rimane insufficiente il finanziamento del diritto allo studio, vero grande assente della manovra finanziaria.