Uno dei pilastri della prossima manovra sarà, come dichiarato sin dalla prima ora e messo ora nero su bianco nella nota di aggiornamento al Def (NaDEF), una lotta senza quartiere all’evasione fiscale.
Basta “misure palliative“. Contro l’evasione fiscale, “la maggiore iniquità in un sistema collettivo”, serve qualcosa “di più radicale“, aveva detto Giuseppe Conte, a margine all’Assemblea generale dell’Onu anticipando l’arrivo di “un provvedimento complessivo, risolutivo, mai pensato in passato”.
Numeri
Per farsi un’idea della portata del fenomeno e di ciò di cui parliamo, basta come sempre dare un’occhiata ai numeri: 107 miliardi di euro di evasione fiscale, più o meno quattro leggi di bilancio messe assieme. Una vera e propria miniera d’oro invisibile alla quale qualsiasi governo sogna di attingere per risolvere, se non proprio tutti i problemi, quantomeno una buona parte.
Il Governo giallorosso, dunque, prepara la rivoluzione ma sono tantissimi gli interrogativi che circolano tra i consumatori in queste ore che si domandano quale sarà, in concreto, l’impatto della misura nella vita quotidiana, partendo, ad esempio, dall’intricato capitolo acquisti, pagamenti, resi e rimborsi.
Negli esercizi commerciali, la legge, fondata sul meccanismo che il prodotto è stato visto, provato e valutato, non prevede alcun diritto al ripensamento a favore del cliente.
Come riporta il Sole24Ore, i negozi fisici ( in base alla policy adottata dal commerciante), che consentono ai clienti di cambiare o restituire la merce possono prevedere modalità e tempi diversi per i ristori, a seconda del mezzo di pagamento utilizzato.
Scrive il quotidiano economico: “Se l’operazione è stata perfezionata con bancomat tramite Pos, per esempio, la procedura di rimborso è più complessa e dipende molto da quanto nuovo ed evoluto è il dispositivo Pos usato dal commerciante. Per motivi di sicurezza bancaria, infatti, il Pos può stornare solo l’ultima operazione effettuata. Anche se ci sono dispositivi più evoluti (ma più rari) che consentono di effettuare lo storno a distanza di tempo (entro la stessa giornata o dopo alcuni giorni). Caso ancora diverso, quello delle carte di credito. Perché l’effettivo accredito delle somme sul conto del negoziante avviene a distanza di tempo dalla transazione, e dunque molti esercizi preferiscono attendere la verifica dell’operazione prima di procedere al rimborso, che viene comunque solitamente effettuato, anche per ragioni fiscali, con l’invio dell’importo sulla stessa carta usata dal cliente (salvo eventuali commissioni bancarie richieste per l’operazione)”.
Un tema, dunque, di grandissima attualità con una domanda di sottofondo: gli italiani sono pronti a dire definitivamente addio a banconote e monete? La risposta è no, almeno per 1 italiano su 2, vale a dire 22,4 milioni di cittadini. Questo uno dei dati emersi dell’indagine realizzata per Facile.itda mUp Research, in collaborazione con Norstat, che,interrogando un campione rappresentativo della popolazione nazionale adulta*, hanno scoperto come siano ancora molti i consumatori affezionati alla moneta fisica.
Italia spaccata in due
Sull’addio al denaro contante gli italiani sembrano dunque dividersi equamente; alla domanda “Si sente pronto ad abbandonare l’uso del contante?” il 49,9% degli intervistati ha risposto sì mentre, appunto, per il 50,1% la risposta è stata negativa. Meno propense a questo cambiamento le donne; tra loro addirittura il 58,4%sì è dichiarato non ancora pronto a rinunciare del tutto al denaro fisico, contro il 41,4% del campione maschile. Come prevedibile, dal punto di vista anagrafico, invece, sono i più giovani ad essere maggiormente preparati ad affrontare questo passaggio: nella fascia tra i 18 e i 24 anni il 62% ha dichiarato di essere ormai pronto a usare solo la moneta elettronica.
Un dato inaspettato emerge invece dall’analisi delle risposte su base territoriale; i meno propensi ad abbandonare il denaro contante sono risultati essere i residenti nelle regioni del Nord Est e del Nord Ovest, aree dove,rispettivamente, il 52,4% e il 51%, mentre nelle regioni del Sude del Centro Italia il fronte dei “no” scende al 49%.
Italiani, dunque, ancora diffidenti sul cambio che però, segnala l’indagine, potrebbe essere decisamente meglio digerito grazie a sconti sugli acquisti e sgravi fiscali che farebbero cambiare idea a molti.