Influenza aviaria, il monito dell’Oms:” Non bevete il latte crudo”

Crescono i casi di influenza aviaria tra gli animali negli Stati Uniti, specie tra i bovini, con l'Oms che ritiene basso il rischio di trasmissione all'uomo ma invita a non bere il latte crudo

Pubblicato: 13 Maggio 2024 19:42

Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Desta preoccupazione l’influenza aviaria negli Stati Uniti d’America dove sono già molte le specie animali colpite, dagli uccelli ai bovini, passando per gli orsi, gli scoiattoli, i delfini e le puzzole. Questi fattori innalzano il rischio che il virus possa essere trasmesso anche all’uomo, specie dopo il caso che è stato registrato in Texas. L’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, è intervenuta consigliando ai cittadini americani di non bere latte crudo, dando priorità a quello pastorizzato.

Aviaria, l’Oms sconsiglia di bere latte crudo

“In tutti i Paesi le persone dovrebbero consumare latte pastorizzato perché il virus è stato rilevato nel latte crudo negli Stati Uniti, ma i test preliminari mostrano che la pastorizzazione lo uccide”, ha detto il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le sue parole confermano quanto era già stato affermato in precedenza dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti che sosteneva che “il rilevamento dell’RNA virale non rappresenta di per sé un rischio per la salute per i consumatori e ci aspettiamo di trovare questo materiale genetico residuo se il virus era nel latte crudo ed è stato inattivato dal processo di pastorizzazione per inattivare i patogeni”.

Oms: “Rischi bassi per l’uomo”

Negli Stati Uniti linfluenza aviaria H5N1 tra gli animali potrebbe presto diventare endemica. Più nello specifico, l’epidemia tra i bovini da latte ha finora coinvolto 36 allevamenti di mucche nel Paese, estendendosi anche a molti uccelli e animali come gli scoiattoli, le puzzole, i delfini tursiopi e gli orsi polari. Per l’Oms, tuttavia, non ci sarebbero dei rischi elevati per l’uomo: “Per il momento – ha detto Ghebreyesus – è stato segnalato un solo caso umano, almeno 220 persone sono monitorate e altre 30 sono state sottoposte a test. Finora il virus non mostra segni di adattamento alla diffusione tra gli esseri umani, ma è necessaria una maggiore sorveglianza”. Il pericolo è dunque basso per la popolazione generale, mentre passa a moderato per chi è abitualmente esposto ad animali potenzialmente infetti.

L’aviaria può diventare endemica negli USA

Lo scenario descritto negli Stati Uniti ha spinto diversi scienziati a ritenere che il ceppo H5N1 dell’influenza aviaria possa diventare endemico nel Paese, aumentando così i rischi di trasmissione agli esseri umani. Così come sostenuto da Nature, il virus è in grado di effettuare il salto di specie avanti e indietro tra mucche e uccelli, con la conseguente grande capacità di diffusione. A questo aspetto c’è da aggiungere il fatto che le mucche possono ospitare anche diversi tipi di virus influenzali e, nel tempo, lo scambio di materiale genetico potrebbe portare a generare un ceppo in grado di infettare più facilmente l’uomo. Per Michael Worobey, biologo evoluzionista dell’Università dell’Arizona, è inevitabile che si creino delle mutazioni del virus, in quanto “qualsiasi opportunità avessimo avuto per stroncare il problema sul nascere, l’abbiamo persa a causa di un rilevamento molto lento”.

La situazione in Italia

In Italia, stando ai dati del ministero della Salute del 9 aprile, nel 2024 è stato confermato un solo focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità in un allevamento di pollame nel mese di febbraio. Nel periodo compreso tra marzo e dicembre 2023, invece, erano stati 11. Nello stesso arco temporale, in Europa, sono stati 88 i focolai nel pollame e 175 negli uccelli selvatici in 23 Paesi. Il virus ha colpito mammiferi solo in Finlandia, dove i casi sono stati registrati in allevamenti di animali da pelliccia.

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