⁠Gender health gap, anche in medicina c’è disparità: sprecati 1.000 miliardi l’anno

La disparità di genere in medicina non pesa solo sulle donne, secondo le stime si sprecano miliardi ogni anno

Pubblicato: 24 Luglio 2024 13:52

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Almeno in medicina la disparità di genere non esisterà, giusto? No, non è così. Si chiama Gender health gap ed è la disparità nella ricerca e nei trattamenti delle patologie sui corpi maschili e femminili. Il divario è particolarmente evidente sul numero delle diagnosi tardive e dei trattamenti inadeguati per le malattie che colpiscono i corpi femminili.

Gap medico tra sottorappresentazione e bias di genere

È una triste realtà: le donne sono sottorappresentate negli studi clinici. Per molto tempo si credeva che il corpo maschile e il corpo femminile fossero simili e che le malattie si presentassero allo stesso modo, tra sintomi e trattamenti. Quando si presentavano delle difficoltà nei trattamenti sui corpi femminili rispetto allo standard (che è il corpo maschile) si riteneva che fossero le fluttuazioni ormonali a confondere i risultati.

Lo stesso problema si presentava per i trial clinici: gli ormoni femminili impedivano di analizzare i dati in maniera pulita. Con questo bias, per tanto tempo, fino alla fine del secolo scorso, sono stati presi dati su malattie, anche croniche, solo dai corpi maschili. Molti studi sono stati condotti su questi e i risultati sono stati generalizzati anche per le donne, senza considerare le differenze biologiche e fisiologiche di queste ultime.

Inevitabilmente questo tipo di presa dei dati parziali ha comportato diagnosi tardive, sintomi ignorati o peggio ancora male interpretati. Forse uno degli esempi più gravi è la diagnosi per infarto. È ormai risaputo che le donne hanno un rischio tre volte più alto di morire a causa di un infarto perché si confondono i sintomi con disturbi di ansia, mentre un uomo che entra in ospedale con un dolore al petto viene immediatamente ricoverato per possibile infarto.

Si tratta di vere e proprie lacune nella ricerca e in diversi casi anche lacune di investimenti. Infatti per quelle patologie di cui soffrono in larga parte i corpi femminili, si investe sensibilmente meno. Tra le patologie meno studiate troviamo l’emicrania, l’anoressia, l’endometriosi e l’encefalomielite mialgica. Nella maggior parte dei casi, di fronte a simili patologie, si è risposto che erano disturbi di ansia, stress, bassa sopportazione del dolore e altre banalizzazioni che hanno impedito alla scienza di rispondere a patologie che avevano come sintomo più comune un dolore generico e difficile da identificare.

Il caso endometriosi: tempo e soldi persi

Un caso in particolare ha fatto molto discutere, anche di recente, viste le diverse proposte che sono state fatte in Italia in merito al riconoscimento della patologia. È il caso dell’endometriosi, una patologia che non colpisce solo i corpi femminili, ma in buona parte si e per questo è spesso sottovalutata. Ancora nel 2024 il ritardo diagnostico per l’endometriosi varia da 8 mesi ai 10 anni e sono necessari oltre 10 appuntamenti con medici specializzati, ma non aggiornati, per riconoscere i segnali di una patologia grave.

Non stiamo parlando di una patologia a basso impatto sulla popolazione: nell’ultimo report sulla diagnosi di endometriosi è stato possibile riscontrare una diffusione ampia, tanto che la patologia colpisce 1,5 milioni di donne. A fare un calcolo su numero di donne e tempo impiegato per la diagnosi, si parla di 12 milioni di anni sprecati nella ricerca di una risposta.

Quanto ci costano ritardo diagnostico e assenza di cure

E potrebbe anche essere solo un problema delle donne, se non fosse che chi soffre di una patologia cronica come l’endometriosi, l’emicrania, e altre sindromi come l’ovaio policistico impatta negativamente sull’economia di un Paese.

Basti pensare al fatto che chi soffre di endometriosi perde (meglio dire che “ha necessità di riposare per”) circa 10,8 ore di lavoro a settimana, abbassando enormemente la produttività di un’azienda. Chi soffre di endometriosi si assenta spesso dal lavoro e per questo teme di perderlo. La colpa non è certo di un corpo che soffre, ma dell’assenza di una diagnosi precoce e giusta e di una ricerca sul trattamento migliore.

Prima della diagnosi sono quasi 1 milione le donne costrette a lasciare il lavoro per sintomi trattati in maniera errata. I numeri sono alti, ma soprattutto impressionanti perché sappiamo bene come una maggior presenza di donne nel mondo del lavoro e luoghi con leadership femminile possono avere effetti positivi non solo generazionali, ma anche economici, impattando positivamente sul Prodotto interno lordo.

Global gender gap 2024: troppi bias sul corpo delle donne

Il report sul Divario di genere 2024 è focalizzato sulle donne, ma quando si parla di “salute” si dovrebbe parlare di “corpi assegnati femmina alla nascita”. Infatti la biologia non cambia e anche gli uomini trans dovrebbero rientrare in queste statistiche, soffrendo una doppia condizione di divario sanitario, ma non lo fanno.

I dati che emergono sono quindi parziali o comunque mancano di alcune voci. Il World economic forum spinge molto sul tema della maternità, per esempio, ma sappiamo bene che sono molte le donne che scelgono di aderire al movimento Childfree e che, in ogni caso, hanno bisogno di cure mediche in altri ambiti.

Riportiamo quindi le analisi emerse dal report, pur mettendo le mani avanti rispetto alla parzialità dei dati raccolti. Sappiamo infatti che le donne hanno generalmente una maggiore aspettativa di vita rispetto agli uomini, ma che la qualità della vita in termini vissuti “in buona salute” è spesso inferiore a causa di malattie non diagnosticati o trattate in ritardo.

Il report tocca quindi il tema della mortalità materna, sottolineando come le donne ancora oggi affrontino rischi significativamente più elevati durante la gravidanza rispetto ai loro compagni e che spesso la difficoltà nell’affrontare il parto sia dovuta alla mancanza di risorse dedicate alla salute riproduttiva.

Sempre restando sul tema della riproduzione, il report spiega come ci sono evidenti limitazioni culturali e legali rispetto ai servizi di salute riproduttiva che influenzano negativamente la salute complessiva di una donna.

Il tema non esplicitamente dichiarato è quello dell’accesso all’Interruzione volontaria di gravidanza, che in alcuni Paesi ha visto fare enormi passi indietro come negli Stati Uniti, in Polonia e anche in Italia dove il rischio di compiere una scelta – come quella di portare a termine la gravidanza – è sempre più influenzata da gruppi “pro vita” all’interno dei consultori e delle strutture ospedaliere.

Per chiudere il ciclo della riproduzione c’è poi il dato sull’assistenza alla nascita, per il quale è necessario avere un personale sanitario qualificato e in questo caso il dato varia moltissimo da Paese a Paese.

La raccolta dei dati si chiude con la violenza contro le donne e l’impatto che ha sulla loro salute fisica e mentale, contribuendo quindi a disuguaglianze sul lungo periodo in mancanza di politiche di prevenzione, di cura e benessere in molti Paesi. L’Occidente, in questi dati, non si presenta migliore, come spesso vuole far credere.

L’impatto economico della disparità sanitaria

Torniamo al tema dell’impatto economico, perché è stato calcolato quanto ci costa la disparità di genere in ambito medico. Considerando solo quanto ci costa, e non quanto ci costa a livello sociale, secondo il rapporto del Word economic forum e del McKinsey health Institute, l’economia globale perderà mille miliardi di dollari l’anno entro il 2040 se non verrà colmato il gender health gap.

Lo studio entra nel dettaglio di alcuni Paesi, per esempio nel Regno Unito l’impatto economico è di 18 miliardi l’anno. A livello mondiale si legge:

Affrontare il divario potrebbe generare un impatto equivalente a quello di 137 milioni di donne che accedono a posizioni a tempo pieno entro il 2040. Ciò potrebbe potenzialmente far uscire le donne dalla povertà e consentire a un maggior numero di donne di provvedere a sé stesse e alle proprie famiglie. Affrontare le cause di questo divario (ovvero la minore efficacia dei trattamenti per le donne, la peggiore erogazione delle cure e la mancanza di dati) richiederebbe investimenti sostanziali ma rifletterebbe anche nuove opportunità di mercato.

Per affrontare questo problema bisogna investire nella ricerca, non ci sono molti altri possibili finali. Basti pensare che in Canada e nel Regno Unito solo il 5,9% dei fondi concessi tra il 2009 e il 2020 ha riguardato studi specifici sulle donne o la loro salute. In generale la salute femminile è sottofinanziata ovunque e spesso i finanziamenti esistenti ignorano il fatto che alcune patologie possono manifestarsi in modo diverso nei corpi femminili piuttosto che quelli maschili.

Ma si sa i soldi vanno dove vanno gli uomini. Un esempio è che la disfunzione erettile è stata oggetto di ricerche cinque volte superiori rispetto alla sindrome premestruale, ma mentre la prima colpisce solo il 19% degli uomini, di sindrome premestruale soffre il 90% delle donne.

Insomma per ridurre l’impatto economico e sociale del divario di genere nella sanità basterebbe iniziare a investire in ugual modo sulla ricerca per le patologie maschili e femminili. L’eliminazione del divario permetterebbe anche la riduzione del divario retributivo tra uomini e donne. Di conseguenza a guadagnarne sarebbero anche le casse dello Stato: meno giorni lavorativi persi, più produzione, meno costi per la sanità pubblica.

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