Una buna notizia sul fronte della lotta alla pandemia da Covid-19: la nuova sottovariante di Omicron BA.2.75, ribattezzata dai social ‘Centaurus’, non è più resistente ai nostri anticorpi rispetto alla variante Omicron 5 attualmente dominante. E’ quanto emerge da uno studio del Karolinska Institutet, in Svezia, pubblicato sul ‘Lancet infectious diseases’: una evidenza ritenuta “molto positiva” e “molto rassicurante” dai ricercatori perché ciò significa che in caso di una ondata di questa sottovariante, non sfugge agli anticorpi sviluppati con Omicron 5.
Lo studio
Lo studio ha infatti voluto testare la capacità di ‘Centaurus’, rilevata a maggio scorso in India dove si è diffusa molto, per poi ‘raggiungere’ altri Paesi del mondo, Svezia compresa, dove è stata studiata dai ricercatori del Karolinska. “Identificare quanto sia vulnerabile la popolazione, in questo momento, alle varianti emergenti è fondamentale”, afferma Daniel Sheward, ricercatore presso il Dipartimento di microbiologia, biologia dei tumori e delle cellule, Karolinska Institutet, e primo autore dello studio. “Producendo uno pseudovirus per BA.2.75, siamo stati in grado di testarne la sensibilità agli anticorpi presenti nei donatori di sangue“. I test sono stati effettuati utilizzando 40 campioni di sangue prelevati a caso a Stoccolma, sia prima che dopo la prima ondata di Omicron. A riportarne gli esiti è l’Adnkronos Salute.
“Il nostro studio mostra che Omicron BA.2.75 ha approssimativamente lo stesso livello di resistenza agli anticorpi della variante dominante BA.5, il che è una notizia rassicurante se dovessimo subire un’ondata BA.2.75 in Svezia”, afferma Ben Murrell, dello stesso Dipartimento del Karolinska Institutet, e autore senior dello studio. E lo stesso vale per l’utilizzo di anticorpi monoclonali, i cui risultati sono stati paragonabili.
Greco: “Studio su Centaurus svolta importante in lotta a virus”
Lo studio del Karolinska Institutet “rappresenta una svolta importante nella lotta contro il Covid”, perché “ci dà un segnale molto importante” ovvero “che queste sottovarianti di Omicron 5 non aggiungono un rischio ulteriore alla resistenza ai vaccini riguardo alle varianti ‘madri'” di Sar-Cov-2 e “ci dice che ormai questo virus, con tutte le sue future varianti, troverà sempre meno terreno per diventare invasivo e infettare ‘a piede libero’ perché trova una popolazione rinforzata dall’immunità data sia dai vaccini che dalle infezioni, laddove con Omicron 5 abbiamo tutti avuto un contatto, quindi abbiamo una memoria immunitaria”, spiega l’epidemiologo Donato Greco all’Adkronos.
“Ci dice che la sottovariante BA.2.75 non è diversa dalla ‘mamma’ Omicron 5 e che dunque non si costruisce una nuova linea genetica di cellule che fabbricano anticorpi contro nuove varianti ma rimane quella madre. E questo – sostiene l’epidemiologo – non è poco, perché vuol dire che siamo difesi contro nuove aggressioni”.