Con l’approvazione della legge di conversione del decreto Rilancio, dal 1° agosto scatta l’aumento dell’assegno per gli inabili al lavoro, che passa da 286,81 euro a 516 euro mensili.
L’aumento si rivolge a quei soggetti per i quali la Corte Costituzionale, con sentenza pronunciata in Camera di Consiglio il 23 giugno 2020, aveva stabilito l’illegittimità dell’importo della pensione di invalidità, in quanto ritenuto basso e inadeguato a soddisfare le più elementari esigenze di vita di carattere quotidiano.
L’incremento spetta solo agli invalidi civili totali: nello specifico, si tratta degli invalidi civili con una percentuale del 100%. Quindi coloro che non sono in grado di svolgere un’attività lavorativa e dunque procurarsi le risorse economiche per poter vivere.
Si ricorda che in base all’articolo 38 della Costituzione “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”.
Pensioni, maggiorazione per gli invalidi civili
Nel bozza del dl Agosto, si legge che avranno diritto alla maggiorazione sociale della pensione gli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordomuti a partire dai 18 anni invece che dai 60 anni.
La bozza rivede la norma della legge n. 448 del 2001 che a sua volta aveva già abbassato l’età per questa categoria di soggetti disagiati, portandola dai 70 ai 60 anni.
La pensione di invalidità civile spetta fin dai 18 anni
Con la sentenza 152/20, pubblicata il 20 luglio, la Corte Costituzionale ha deciso che gli invalidi civili totalmente inabili al lavoro hanno diritto alla pensione pari a 651,51 euro fin dal compimento dei diciotto anni, senza aspettare i sessanta.
Per la Consulta è irragionevole il requisito anagrafico stabilito dalla legge: non è logico rimandare il cosiddetto “incremento al milione” dal momento che le minorazioni psico-fisiche non dipendono dall’invecchiamento ma derivano a monte da una condizione patologica intrinseca. Peraltro, quando si tratta di diritti incompressibili della persona non sussiste alcun vincolo di bilancio.
Nella fattispecie, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 38, comma quarto, della legge 448/01 laddove stabiliva che i benefici incrementativi spettanti agli invalidi civili totali sono concessi ai soggetti di età pari o superiore a sessant’anni, invece ai soggetti di età superiore a diciotto. E ciò perché le minorazioni portate dall’invalidità totale non sono diverse nella fascia anagrafica tra diciotto e cinquantanove anni (laddove con la maggiore età sorge il diritto alla pensione) e dopo i sessant’anni: la condizione dell’interessato dipende dalla menomazione pregressa e non dal superamento di determinate soglie anagrafiche.