Pensioni di invalidità, a chi spettano gli arretrati fino a 5 anni

Gli invalidi civili totali con un’età superiore a 60 anni hanno diritto a ottenere fino a 5 anni di arretrati

Pubblicato: 26 Marzo 2021 09:51

Emanuela Galbusera

Giornalista di attualità economica

Giornalista pubblicista, ha maturato una solida esperienza nella produzione di news e approfondimenti relativi al mondo dell’economia e del lavoro e all’attualità, con un occhio vigile su innovazione e sostenibilità.

La sentenza 152 della Corte Costituzionale di luglio 2020 ha esteso l’aumento delle pensioni anche ai titolari di pensione di inabilità (invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi) o di pensione di inabilità fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60.

Il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole in quanto “le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento”, riporta la sentenza.

Pensioni di invalidità, aumento fino a 651 euro al mese

Il nuovo trattamento è stato esteso a tutti gli invalidi civili 100%, dai 18 anni ai 60 anni, senza attendere il compimento del 60° anno di età. Per loro è stata riconosciuta d’ufficio, a determinate condizioni di reddito, una maggiorazione economica dall’importo di 286 euro mensili fino ad un massimo di 651 euro al mese per tredici mensilità, il cosiddetto “incremento al milione”.

Di fatto la sentenza ha superato una vecchia legge (la legge n° 448 del 2001 all’articolo n° 38), che prevedeva espressamente che il diritto all’incremento al milione era appannaggio solo di soggetti over 60 di età. Una evidente anomalia con tanto di discriminazione che ha costretto i giudici costituzionalisti della Consulta, a sancire l’estensione di questo diritto anche a chi non aveva 60 anni.

La sentenza però non ha effetti retroattivi: le nuove platee beneficiarie non possono ottenere gli arretrati per i periodi anteriori al 20 luglio 2020, data di entrata in vigore della sentenza. Esiste una categoria di persone che può, invece, chiedere gli arretrati per un periodo massimo di 5 anni. Vediamo chi sono.

Pensioni di invalidità, per over 60 arretrati sino a 5 anni

La sentenza è entrata in vigore il 20 luglio dello scorso anno dopo l’emanazione del decreto 104/2020 e gli unici arretrati che erano stati previsti erano quelli successivi all’entrata in vigore della sentenza e fino ad avvenuta erogazione degli aumenti.

In particolare sono stati esclusi i soggetti invalidi totali, ciechi civili assoluti, sordomuti titolari di pensione o titolari di pensione di inabilità al lavoro che al 20 luglio 2020 avevano già superato l’età di 60 anni e che, pertanto, non sono stati riguardati dalla sentenza n. 152/2020.

Questi soggetti, se in possesso dei requisiti reddituali previsti dall’articolo 38 della legge n. 448/2001, avevano già acquisito il diritto alla corresponsione della maggiorazione in discussione dal compimento dei 60 anni e, pertanto, se il beneficio non è stato ancora attribuito d’ufficio dall’Inps possono presentare domanda per il suo riconoscimento e/o per l’erogazione degli arretrati maturati retroattivamente dal raggiungimento dell’indicata età anagrafica nei limiti della prescrizione di 5 anni.

Rientrano in questa situazione i soggetti che rispettano le seguenti condizioni:

Aumento pensioni di invalidità, requisiti

Per avere diritto all’aumento della pensione di invalidità – spiega l’Inps – sono necessari i seguenti requisiti reddituali:

Se entrambi i coniugi hanno diritto all’incremento, questo concorre al calcolo reddituale. Pertanto, nel caso in cui l’attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all’altro coniuge. Se invece il limite non viene raggiunto, l’importo dell’aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell’aumento già riconosciuto all’altro.

Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad Irpef, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da Irpef, sia del titolare che del coniuge.

Al contrario non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi:

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