Ci sono delle realtà imprenditoriali che valgono la pena di essere raccontate, anche solo per il coraggio dell’imprenditore nell’avventurarsi con entusiasmo e passione in un segmento saturo e molto competitivo, coraggio che non parte solo dal settore che si vuole conquistare, ma soprattutto dall’età che l’imprenditore ha nel momento in cui decide di partire con la propria avventura, questo è il singolare caso del giovanissimo Federico Priarone, founder e designer del brand Le Signe, che a solo 19 anni decide di lanciare la sua personale collezione di sneakers, torinese e figlio di un imprenditore Federico capisce da subito che il suo futuro non sarebbe mai stato immerso sui libri, ne all’interno dell’azienda di famiglia, per questi motivi e consapevolezze decide di dar vita concretamente alla sua passione che è quella delle sneakers e dei materiali che occorrono per crearle. Come prima azione il giovane designer riscatta l’assicurazione che suo padre gli aveva intestato e con i soldi del ricavato acquisisce un’azienda toscana con tanto di macchinari che servivano per produrre suole in gomma e ciabatte, crea di conseguenza uno spazio nella sua città che è un vero luogo creativo e laboratorio di studio per l’ideazione e la produzione di innovative calzature. Sneakers uniche nel loro genere, sia per la parte stilistica che per quella della selezione dei materiali e delle forme, Federico e Le Signe in solo 2 stagioni acquisiscono un notevole successo, la sua giovane età e la sua grandissima passione gli permettono di essere all’avanguardia e di avere una visione fresca e innovativa capace di conquistare ogni tipo di clientela senza distinzione di sesso o età.
Per l’occasione, noi di QF Lifestyle abbiamo incontrato Federico Priarone qualche settimana prima del Pitti Immagine Uomo, per farci raccontare qualche dettaglio e aneddoto in più sul brand da lui creato.
Cosa ha spinto un ragazzo così giovane a lanciare una sua personale collezione di sneakers?
Il desiderio di fare qualcosa di mio, di avviare la mia impresa, come l’hanno fatto prima di me mio nonno e mio padre, ma per produrre qualcosa che mi piacesse veramente. Fin da bambino ho sempre avuto una grande passione per le sneakers. Non avrei potuto occuparmi di nulla di diverso.
Da cosa nasce il nome Le Signe?
Presa la decisione di aprire la mia attività, ho iniziato a fare ricerche sul web e così mi sono imbattuto in un’azienda toscana che vendeva le sue macchine anni ’50 per la vulcanizzazione delle suole. Macchine difficilissime da trovare e che permettono di personalizzare la gomma mischiando anche granuli di colore diverso. Le Signe, questo il nome della fabbrica, da Signa, la località in cui si trovava, produceva pantofole… tipo quelle che usano i nonni. Oltre alle macchine era in vendita anche il marchio e il logo, che mi è subito piaciuto.
Usi materiali riciclati, vogliamo approfondire?
Rileviamo le eccedenze di produzione dalle concerie, scampoli dalle telerie industriali o acquistiamo vecchi giubbotti per la tomaia. Mentre la gomma delle suole è naturale.
Il tema principale della collezione che presenterai a Pitti Immagine Uomo è il fuoco, vogliamo parlarne?
Già di per sé la vulcanizzazione è un processo che si attua con le alte temperature che permettono di fondere e quindi customizzare la gomma, ma in più, nel modello XXL Nerone i lacci extralarge protagonisti di questa slip-on sono bruciacchiati a mano con la fiamma ossidrica. Non è solo un’intuizione produttiva, ma una vera e propria performance artistica dove il processo diventa il volto della resa estetica finale.
Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
La musica e la strada. I miei amici. Produco quello che ci piace indossare. Il mio spazio a Torino è un hub dove ci incontriamo per divertirci e fare musica. Al piano di sopra del capannone c’è un mio amico produttore, insieme abbiamo realizzato due brani TRAP.
I lacci sono un dettaglio per te molto importante, perché?
Sono un elemento di stile che può dare personalità al prodotto. Nel caso del modello XXL Nerone i lacci oversize rendono “huge” la tomaia, cambiando le proporzioni della sneaker, dandole un aspetto gonfio, morbido e iperbolico. Con le “Pulici” invece si può giocare a esporre o occultare i lacci, anche in maniera asimmetrica, mettendo o togliendo la patta velcrata che li ricopre. Patta dove ho voluto celebrare Torino imprimendoci il disegno stilizzato della Mole.
Chi sono i giovani a cui ti rivolgi?
Quando creo i nuovi modelli prima di tutto penso a quello che piace a me e ai miei amici: la sneaker che non troviamo da nessuna parte e che vorremmo avere. Ho iniziato rivolgendomi alla mia generazione e a chi si veste in un certo modo. Facendo Pitti mi sono però accorto che i miei prodotti piacciono per la loro personalità anche a chi vuole contaminare di un gusto street altri stili più fashion, indipendentemente dall’età.
Perché la scelta del Pitti Immagine Uomo invece del Micam a Milano?
Il Micam è una fiera per chi si rivolge prettamente ai buyers del settore calzaturiero, mentre il Pitti ha un target di rivenditori moda più coerente rispetto alla mia offerta. Non a caso in questa edizione di Pitti Uomo 107, dopo che ho avuto la possibilità di presentarmi più dettagliatamente, sono stato inserito nella sezione Superstyling, in Arsenale, dove il focus è su scelte estetiche fuori dagli schemi, supportate da un know-how sartoriale. All’interno di Superstyling c’è una selezione di brand internazionali e creativi a vocazione genderless e no season, proprio come Le Signe.
Sei Torinese, quanto una città così dinamica ed effervescente in tema di cultura influenza la tua visione stilistica?
Se per cultura s’intende la cultura giovane, quella della scena che frequento, soprattutto musicale, sicuramente la mia visione ne è parte integrante. Non c’è invece alcun legame tra Le Signe e la cultura istituzionale.
Le tue sneakers che cosa hanno di così particolare rispetto a quello che il mercato offre?
In Italia siamo in due sole realtà a vulcanizzare e il mio modo di interpretare questa tecnica produttiva è unico. Non per caso infatti il primo distributore che ha scelto il mio prodotto è giapponese. In Giappone ciò che è unico e diverso è molto apprezzato. Oltre alla particolarità della suola poi si può aggiungere il fatto che usiamo pelle e materiali di recupero, che abbiamo portato una manifattura di sneakers a Torino, dove c’è tradizione manifatturiera ma nell’automotive e infine che ci piace fare cose nuove, studiare soluzioni mai viste.
Il mondo delle sneakers è spesso associato alla musica TRAP, c’è un genere musicale che meglio di altri rappresenta la tua filosofia?
La TRAP! Io faccio TRAP.
Il tuo stile è più rivolto allo sport oppure al fashion?
Al fashion sicuramente. Anche se il grip di una suola vulcanizzata è perfetto per lo skate.
Ci sono degli stilisti o dei brand di sneakers che ti hanno ispirato o che sono per te un punto di riferimento?
No, per quanto riguarda le sneakers faccio da me e non mi ispiro a nessuno. Al di là delle sneakers mi piace molto Vivienne Westwood. Ho scoperto da poco il suo legame con il movimento punk e quindi ora mi piace ancora di più.
Dove vedi il tuo brand tra qualche anno e amplierai le collezioni con altri accessori e abbigliamento sportswear?
Potrebbe essere, ma ora è meglio concentrarsi sullo sviluppo delle sneakers che è già un mondo molto complesso dove ci sono infinite possibilità di sviluppo e innovazione.
Quali sono i mercati che meglio hanno recepito il tuo stile e la tua filosofia?
Il Giappone, che in due sole stagioni ha già quintuplicato gli ordini e mi ha indotto a creare nuovi modelli in sintonia con gusti ed esigenze specifiche. Inoltre ho venduto bene in Germania e in Spagna. Spero che anche l’Italia si accorga di Le Signe.