Grifoni: estetica innovativa ed eleganza senza tempo

Incontro con Giuseppe Buccinnà, lo stilista ingegnere a capo della direzione creativa di Grifoni.

Pubblicato: 16 Settembre 2024 11:06

Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

Il brand Grifoni nasce nel 1992 da un’idea di Mauro Grifoni in un’operazione di taglia e cuci delle camicie dell’armadio del nonno, inizialmente era un marchio di camicie artigianali fatte a mano che puntava molto su un’estetica classica ispirandosi all’universo del tessuto sartoriale italiano, in contemporanea alla fondazione del brand entreranno come co-fondatori anche Ilaria Sesso e Andrea Breda, il marchio sarà capace anno dopo anno di conquistare quote di mercato e il parere favorevole di buyer e consumatori finali grazie alla sua nuova estetica contemporanea. Negli anni il brand evolve ampliando la propria offerta a collezioni complete di abbigliamento uomo e donna, mantenendo sempre l’essenza del Made In italy e una grande cura artigianale, ogni capo racconta una storia, quella di una moda che non segue le tendenze ma le anticipa, trovando sempre un perfetto equilibrio tra un’eleganza senza tempo e un’estetica innovativa. Raffinatezza e spirito urbano sono le sue caratteristiche vincenti insieme alla cura al dettaglio e alla valorizzazione della camiceria che sin dai suoi esordi sono stati i suoi punti di forza, la capacità di avere un approccio fresco e dinamico nelle proprie collezioni che combinano linee pulite a un design moderno, tradizione e innovazione diventano il suo modus operandi così come il rispetto delle proporzioni, decretandone un successo anche a livello internazionale.

Ci sono stati momenti importanti per la Mauro Grifoni come il riposizionamento strategico, il marchio di proprietà della Manila srl riuscirà a coniugare il proprio stile con un’estetica più contemporanea e sperimentale, le collezioni uomo/donna andranno a puntare ad un target giovane e metropolitano attento alla qualità, al dettaglio e allo stile, nel tempo si aggiungeranno anche gli accessori che diventeranno ulteriori punti di forza del brand creando una nuova visione di eleganza. Nel 2016 dopo un periodo non facile per l’azienda e la messa in “concordato preventivo” il marchio verrà rilevato dalla Strong società partecipata in egual misura dalla Market Industrie di Federico Zannini e dalla Olmar & Mirta di Gianbattista Tirelli, ad oggi la proprietà del marchio è solo di Market Industrie.

Grifoni rientra senza dubbio nel panorama delle eccellenze del nostro Made In Italy, un brand capace di evolversi senza snaturarsi e rimanendo fedele al proprio pensiero stilistico, per l’occasione QF Lifestyle ha incontrato il Direttore Creativo Giuseppe Buccinnà, già vincitore nel 2020 del premio “Giovani Imprese” di Fondazione Altagamma per farci raccontare qualche dettaglio in più di Grifoni e del suo personalissimo percorso stilistico legato anche al proprio brand.

Giuseppe, da cosa e quando nasce la tua passione per la moda?
Quando non saprei contestualizzarlo, credo che l’abbia avuta sin da piccolo nella mia testa, la moda è sempre stata per me quella cosa che poteva farmi esprimere i concetti in modo immediato, arrivo da una estrazione molto tecnica, sono laureato in ingegneria ma in quel settore i tempi sono molto lunghi per realizzare un qualcosa, la moda nella sua progettazione mi permette di accorciare i tempi, come ben sai vi sono 2 stagioni l’anno, se si crea poi sia per uomo che per donna i tempi di realizzazione diventano 4, Il senso dell’estetica e del design mi hanno sempre affascinato, sia quello dell’interior design che quello della moda e dell’architettura, sino ad arrivare al calcio che è una mia grandissima passione.

Le forme sono un tuo punto di forza vogliamo approfondire?
Le forme sono il modo per descrivere lo spazio, che assume una connotazione nel momento in cui sono le forme stesse a definirlo, senza forme viene a mancare la definizione primaria di spazio, progettare delle forme è un modo per creare spazi da vivere o indossare.

Da dove trai le tue ispirazioni?
Più che ispirazioni le chiamerei contaminazioni, mi piace molto l’idea di poter raccontare la forma della mia moda partendo da altro, ovviamente non amo fare moda con moda, così come chi fa cinema non dovrebbe partire dal cinema, perché diventerebbe noioso e scontato, credo che fare qualcosa partendo da altro sia il modo migliore per decriptare e decodificare quel che si crea, dandogli una nuova veste, nel mio caso è proprio cosi. Nei miei pensieri c’è sicuramente la pittura e la letteratura oltre all’architettura, mi piace mettermi in dialogo e gioco con cose che conosco poco o sono molto distanti da me, perché stimolano la voglia di fare ricerca, mi attrae scoprire e rivedere, amo cercare e mettermi in una posizione scomoda.

C’è uno stilista del passato o del presente che è per te è un punto di riferimento?
Più che uno stilista direi un creatore di moda, il capo in se non mi interessa, invece ritengo importante chi attraverso quello che crea ha contribuita a cambiare o segnare un epoca, tra questi metterei il grande Alexander McQueen che ha fatto della sua breve vita uno studio approfondito della ricerca e della sperimentazione, cambiando molte visioni e segnando un periodo storico, anche i giapponesi hanno fatto una grande rivoluzione di metodo sia nel pensare alla moda che nel de pensarla, capisco che possano risultare concetti difficili da capire, ma è quello che amo del mio lavoro non è cosa si crea, ma come lo si crea e come lo si pensa.

L’aspetto commerciale definisce in buona parte la linea stilistica, immagino che per un creativo come te questo sia un limite?
Un grande limite, ovviamente toglie la spinta creativa che ogni stilista/autore potrebbe portare al brand limitando il dibattito, un tema che bisognerebbe affrontare onde evitare questa grande omologazione che toglie linfa creativa e originalità, questo argomento deve essere visto come un tema, che diventa importante così come lo è l’aspetto economico/commerciale, per lasciare alle generazioni future qualcosa di più rilevante, bisognerebbe aprire un dialogo che permetta di equilibrare tutti questi elementi al fine di uscire da questo torbido appiattimento.

C’è un tessuto con cui ami confrontarti?
Sulle composizioni in sé direi di no, la tecnologia e il suo apporto ci permette di non avere limiti, sia nei materiali che nelle forme, quindi non possiamo crearci barriere, invece per quanto riguarda il mio punto di vista quello che prediligo dei materiali è la luce, quando penso a una mia collezione ho come punto di riferimento questa, mi faccio molte domande e mi do altrettante risposte, che arrivano inesorabilmente come delle lampadine che illuminano il mio pensiero e di conseguenza arriva la scelta dei materiali da applicare per un determinato capo, che rispondono per struttura, armature e sicuramente lucentezza, mi interessa anche come il materiale reagisce alla stessa.

Sostenibilità e moda sono un limite?
Bisognerebbe dare dei parametri chiari al concetto di sostenibilità, questo tema purtroppo è stato violentato dal marketing rendendolo un aspetto commerciale invece di un aspetto atto alla salvaguardia del pianeta e delle creazioni di capi che inquinino sempre meno, un altro brutto elemento della globalizzazione. I giovani designer hanno già nel loro DNA il concetto di eco/sostenibilità e credo che in futuro vedremo i miglioramenti che arriveranno in maniera quasi naturale.

Parliamo del Giuseppe Buccinnà brand chi è la tua donna di riferimento?
Da sempre desidero pormi nella posizione scomoda di cercare di capire cosa desideri indossare una donna, se dovessi prendere alcuni concetti per descrivere una donna non sarebbero mai caratteristiche estetiche, vorrei andare più a fondo cerco donne indipendenti e consapevoli del proprio corpo e della propria testa, pensare al femminile mi stimola e mi obbliga ad aprire la mente, una donna che è per me una Musa ispiratrice in realtà c’è ed è Elisa Sednaoui madrina in passato del Festival del cinema di Venezia e figlia di un famoso architetto, lei incarna tutti gli aspetti che ho citato sopra, dettagli che dovrebbe avere o non dovrebbero mancare ad una donna, per quanto riguarda la mia personale collezione la presenterò a Parigi alla imminente Fashion Week dove avrò l’occasione d’incontrare la stampa internazionale e i buyer più importanti.

Sei il direttore creativo del brand Grifoni e realizzi anche la collezione uomo, come ti poni professionalmente parlando in questa dimensione?
Innanzitutto la realtà Grifoni mi permette di lavorare in un team, l’idea di poter lavorare con un grande brand che ha una storia riconosciuta e un archivio importante da cui attingere stimola il mio lavoro che è anche quello d’immaginare come rendere attuale il marchio, rispettando i codici che sin dagli anni 90 hanno permesso a Grifoni di comunicare con il proprio pubblico, mi trovo in un territorio dove il sentiero è stato in parte tracciato, questo lavoro è davvero stimolante e ti permette di sperimentare tanto e di imparare da quello che hanno creato e fatto quelli che ti hanno preceduto, ti da la possibilità di farti contaminare da idee e pensieri di altri, che per un creativo sono punti davvero importanti per la propria crescita personale.

Chi è l’uomo Grifoni?
L’uomo Grifoni è un uomo da linea Premium, che vive la vita di tutti i giorni e declina dall’aspetto quotidiano a quello lavorativo e fashion, un uomo attento alla qualità e allo stile, che ama il Made In italy in ogni sua declinazione, un viaggiatore contemporaneo e cosmopolita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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