Sempre meno bar, ristoranti e supermercati accettano i buoni pasto che vengono erogati a milioni di italiani in aggiunta allo stipendio base. Strumento fondamentale che aiuta ad attutire le spese, siano essere per pranzi o cene in orari di lavoro o per la spesa vera e propria, i buoni vedono via via diminuite le occasioni di utilizzo e per questo motivo da mesi è forte il pressing dei sindacati per cercare di trovare una soluzione che possa giovare tanto alle aziende quanto ai dipendenti.
L’obiettivo è quello di far accreditare direttamente in busta paga il valore corrispettivo dei buoni pasto, in modo tale che sia poi il lavoratore a scegliere come, quando e se utilizzare il contributo, senza dover trovare una soluzione forzata per spenderlo prima della scadenza.
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Buoni pasto in busta paga, la proposta
Questa idea è stata proposta più volte dai sindacati alle istituzioni, con il Governo che ancora non ha ricevuto una vera e propria proposta per mettere mano e modificare gli eventuali contratti collettivi. Altroconsumo di recente ha fatto partire una petizione per chiedere all’esecutivo, quello ancora in carica o il futuro che si insedierà da ottobre, di rivedere la normativa sui buoni pasto affinché si possa far fronte al rifiuto che molti esercenti stanno attuando ai danni dei consumatori.
Nel dettaglio, la proposta avanzata prevede l’assorbimento dei buoni pasto nella busta paga, mantenendone però le agevolazioni fiscali. Si tratterebbe dunque di una maggior liquidità per i dipendenti che sarebbe pienamente deducibile (da Ires e Irap) per le aziende, mentre per il lavoratore non sarebbero soggetti a tassazione. Così facendo si potrebbe raggiungere un doppio obiettivo: rendere più facile la vita dei dipendenti e, soprattutto, attuare quell’aumento degli stipendi che il Governo ha in mente per contrastare l’inflazione (e vi abbiamo parlato del peso del cuneo fiscale sugli stipendi).
I vantaggi per lavoratori e aziende
L’accredito diretto dei buoni pasto in busta paga, come detto, darebbe numerosi ed evidenti vantaggi per i lavoratori che potrebbero vedere crescere i soldi disponibili in busta paga e per i datori di lavoro.
Come evidenziato da Altroconsumo, infatti, le aziende potrebbero sfruttare benefici:
- fiscali per la deducibilità delle somme erogate ai fini Ires ed Irap come peraltro accade per i buoni pasto;
- amministrativi, visto che potrebbero gestire in modo più snello e semplice il capitolo di bilancio dedicato alle spese per i pasti dei dipendenti, aggiungendo di fatto solo una voce alla busta paga;
- sul clima aziendale, visto che aumenterà la soddisfazione dei lavoratori; il dipendente avrebbe una somma di denaro in busta paga ogni mese senza doversi porre il problema di poterla effettivamente spendere (cosa sempre più probabile con i buoni pasto).
I commercianti fanno muro sui buoni pasto
Alla base della proposta avanzata da Altroconsumo – sempre molto attiva nel difendere i diritti dei consumatori e, recentemente, anche in materia di alimentazione – c’è il muro alzato da parte di numerosi commerciati che, soprattutto nell’ultimo periodo, rifiutano il pagamento in buoni pasto (e vi abbiamo spiegato che non sono incompatibili con lo smart working). I numeri dei “no ticket” aumentano sempre di più, con le attività che si oppongono a questo tipo di pagamento (agevolato per chi acquista) a causa delle elevate commissioni d’incasso a cui devono far fronte.
Accettando i buoni pasto, infatti, i commercianti devono subire commissioni che vanno dal 10 al 20% del valore del buono. Per cercare di far valere il proprio punto di vista, di recente molti esercizi commerciali hanno optato per uno sciopero che, lo scorso 15 giugno, ha portato all’intera giornata di rifiuto dei ticket.