Secondo Confindustria Energia, la transizione energetica e la necessità delle imprese di essere sostenibili e competitive diventeranno i fattori chiave della ripresa economica e sociale italiana, arrivando a sbloccare un milione di posti di lavoro in Italia.
Indice
Oltre 1 milione i posti di lavoro coinvolti nel percorso di transizione energetica
Dalla necessità di combattere il cambiamento climatico e gli effetti della crisi energetica un’opportunità di crescita sociale, economica e occupazionale. È quello che è emerso durante la Conferenza Annuale di Confindustria Energia “La sostenibilità della transizione energetica: equilibrio tra crescita economica e benessere sociale”.
In occasione del passaggio di consegne da Giuseppe Ricci al neo Presidente Guido Brusco, le principali personalità del settore energetico riunitesi a Roma i primi di luglio hanno ribadito l’importanza di un approccio “lucido, pragmatico, concreto e scevro da pregiudizi ideologici per una transizione energetica sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale”.
Come si evince da una nota rilasciata dalla Federazione del Comparto Energia, comunque, sarebbero “oltre 1 milione i posti di lavoro coinvolti nel percorso di transizione energetica intrapreso dal nostro Paese”. Servono quindi professionisti e lavoratori qualificati per raggiungere gli obiettivi europei in tema di transizione energetica e sostenibilità, ma anche per le imprese interessate a rimanere competitive ed efficienti. Non a caso, questi rientrano anche tra le figure più richiesti dal mercato (qui la classifica dei lavori più ricercati in Italia).
“L’energia ricopre un ruolo strategico per lo sviluppo sociale ed economico del Paese, per il quale è necessario garantire sicurezza e flessibilità, salvaguardando la competitività delle nostre imprese”, ha dichiarato Guido Brusco, Neo Presidente di Confindustria Energia. “La transizione energetica deve essere infatti vista come un’opportunità di crescita per il nostro Paese e di evoluzione e adeguamento delle sue infrastrutture senza preclusioni ideologiche. Sarà fondamentale continuare a privilegiare e rafforzare relazioni industriali costruttive e lavorare insieme per il raggiungimento di obiettivi comuni e con l’idea condivisa che il tema sociale sia un requisito fondamentale per il successo della transizione”, ha poi aggiunto lo stesso.
Quali saranno i lavori più richiesti e i profili più ricercati?
Il percorso di transizione ecologica annunciato, sia a livello statale che privato, richiederà il supporto di professionisti e di lavoratori già impegnati nel settore ma aggiornati e costantemente formati. Non si sbloccheranno quindi opportunità solo per chi è già avviato in questo senso, infatti, sia a livello industriale che a livello individuale per i professionisti in generale ci saranno occasioni di crescita e sviluppo, ma anche per chi sta iniziando a muovere i primi passi nel mondo del lavoro.
Per esempio, il PNIEC, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, rappresenta in questo senso il volano del percorso di transizione energetica ma solo se si riuscirà ad affiancare alla crescita delle rinnovabili il contributo di tutte le soluzioni low carbon, dai biocarburanti al biometano, ai processi circolari, all’idrogeno blue e green e alla CCS, con l’assicurazione di mantenere centrale il ruolo del gas per tutto il periodo di transizione. Il piano, secondo Confindustria Energia, dovrà infatti valorizzare la trasformazione industriale contro la dismissione e delocalizzazione, lo sviluppo delle filiere nazionali. E questo, inevitabilmente richiederà l’impegno e il coinvolgimento di professionisti del settore.
“Siamo davanti a un cambiamento epocale di paradigma e il Paese non può lanciarsi senza paracadute“, ha spiegato Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, alla prima Conferenza Annuale di Confindustria Energia. “Saranno necessari 1.100 miliardi di euro di investimenti per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in Italia da qui al 2030. Si tratta di un flusso d’investimenti di 140 miliardi di euro l’anno che impone un impegno serio e di lunga gittata di tutti gli operatori in campo“.
Non a caso, a supporto di queste conclusioni, tenendo conto non solo di quella che è la situazione italiana, basta allargare lo sguardo e ampliare un po’ la ricerca per rendersi conto che l’economia e il mercato del lavoro ormai si muovono verso questa direzione. Per esempio, secondo il Global Green Skills Report 2022 realizzato da LinkedIn, la quota di “talenti verdi”, ovvero lavoratori con le conoscenze o le competenze necessarie per supportare la sostenibilità ambientale ora e in futuro, è passata dal 9,6% nel 2015 al 13,3% nel 2022, con un tasso di crescita del 38,5% a livello globale.
A guidare la domanda, ovviamente, governi e aziende che si stanno impegnando a ridurre le emissioni di carbonio o raggiungere altri obiettivi di sostenibilità, anche in quei settori non tradizionalmente “green”, come le industrie finanziarie o tecnologiche, che sono sempre più alla ricerca di lavoratori con competenze riguardo a sostenibilità e transizione ecologica ed energetica.
Di fatto, le opportunità nei settori dell’energia e dell’ambiente stanno aumentando semplicemente perché la transizione verso un’economia sostenibile, circolare e a basse emissioni di carbonio sta accelerando in tutto il mondo. Gli specialisti dell’ambiente e della sostenibilità quindi saranno sempre più richiesti sia nel settore pubblico che privato, sia che si tratti di industria, società di consulenza, enti governativi, organizzazioni internazionali, gruppi di riflessione o associazioni di beneficenza.
Competenze e conoscenze sempre più green
Un aspetto interessante, su cui molti esperti si trovano d’accordo, è che le competenze in sostenibilità stanno diventando sempre più richieste in ambito lavorativo, anche in quei settori dove tradizionalmente non era necessario avere questo tipo di conoscenze (a proposito, qui un approfondimento sul le 4 competenze che diventeranno sempre più richieste in futuro).
Per citare qualche numero a supporto di questa tesi, basta pensare che circa il 10% delle offerte di lavoro su LinkedIn nel 2021 richiedeva almeno una competenza in ambito green, anche per posizioni che non erano immediatamente riconducibili al settore ambientale appunto. Ad esempio, le competenze in materia di energia rinnovabile sono apparse in diversi annunci di lavoro per analisti finanziari e ingegneri aziendali, poiché le aziende di tutti i settori stanno fissando obiettivi e iniziative di sostenibilità.
Il CEO di Google e Alphabet, Sundar Pichai, ha annunciato l’anno scorso che il suo lavoro sul clima creerà più di 20.000 posti di lavoro nell’energia pulita e nelle industrie correlate in tutto il mondo entro il 2025, gli investitori chiedono sempre più alle aziende cosa stanno facendo per affrontare la crisi climatica e la ricerca si sta concentrando in gran parte nella risoluzione di problemi che potrebbero arrecare non pochi danni all’economia e all’ambiente.
Il dibattito sul cambiamento climatico è in corso da decenni, ma gli eventi recenti, tra cui l’aumento dei prezzi del gas e le condizioni meteorologiche estreme, hanno dato a queste discussioni una nuova urgenza. I governi e i leader aziendali stanno rivolgendo la loro attenzione all’ambiente con l’obiettivo di costruire un’economia più verde e più resiliente ai cambiamenti climatici. E per questo servirà nuova forza lavoro.