Sono ore concitate per i lavoratori della Jabil di Marcianise. La multinazionale statunitense che opera nel campo dell’elettronica, infatti, ha avviato da settimane una procedura di cessazione dell’attività che mette a serio rischio la stabilità lavorativa di 419 dipendenti. La proprietà ha previsto di lasciare Marcianise e l’Italia entro marzo 2025, con i lavoratori che nel frattempo si attivano in azioni di protesta fuori dal ministero delle Imprese e il Made in Italy volte a fare pressioni sul tavolo di confronto aperto tra la proprietà e le rappresentanze sindacali. Il prossimo appuntamento è per la giornata di martedì 23 luglio, proprio al Mimit, per scongiurare l’ipotesi chiusura.
Jabil di Marcianise, l’ipotesi chiusura
La multinazionale Jabil ha fatto chiaramente intendere di non essere più interessata a restare a Marcianise e in Italia. Proprio questo aspetto ha imposto alla realtà americana di redigere nelle scorse settimana il piano sociale, ovvero un prospetto per una soluzione alternativa al licenziamento e alla chiusura totale dello stabilimento.
Lo prevede espressamente la legge italiana, con il sito produttivo e i 419 dipendenti che potrebbero essere ceduti da Jabil alla Tme Assembly Engineering Srl, ovvero alla società fondata dall’azienda di Portico di Caserta Tme e da Invitalia (società del ministero dell’Economia e delle Finanze). Tale soluzione alternativa, tuttavia, non piace però ai sindacati e ai lavoratori della Jabil di Marcianise.
I lavoratori chiedono a Jabil di restare a Marcianise
È con il motto “Solo Jabil sostituisce Jabil” che i lavoratori dell’azienda statunitense di elettronica con sede italiana a Marcianise si presentano davanti al Mimit. Agli operai non convince affatto il piano sociale presentato, in quanto tutte le precedenti operazioni di reindustralizzazioni compiute da Jabil con aziende cui ha ceduto i propri dipendenti sono risultate essere fallimentari. Gli esempi, in negativo, portati avanti dai lavoratori di Marcianise e dai propri rappresentanti sono in particolare quelli di Orefice Group e Softlab. L’unica reale soluzione per i dipendenti è, dunque, che Jabil resti esattamente dove sta ora.
Il comunicato dei sindacati contro la fuga di Jabil
Malgrado l’intenzione manifesta dell’azienda di lasciare l’Italia, nel comunicato dei delegati sindacali aziendali (Rsu) si legge chiaramente che la partita è ancora aperta, in quanto “nulla è fatto”. “Come discusso nelle assemblee – si legge sempre nel messaggio diffuso dalle forze sindacali – anche in presenza delle Segreterie Nazionali, ogni step di discussione sarà condiviso con l’intera platea dei lavoratori”.
Poi i motivi della richiesta di mancata fuga a Jabil, tutta orientata all’assenza attuale di garanzie per i lavoratori italiani di Marcianise. “Al momento – recita il comunicato sindacale – le uniche documentazioni prodotte sono quelle aziendali, nelle quali si prospettano percorsi che le organizzazione sindacali hanno sempre rigettato con forza”.
Mancano, dunque, delle certezze sul futuro dello stabilimento e di chi lo anima lavorando, il che si accompagna con un piano sociale che per le associazioni dei lavoratori sarebbe del tutto inadeguato e privo di basi solide. “La preoccupazione – si legge – resta massima verificata proprio la completa inadeguatezza di tale piano, e restiamo convinti di poter illustrare alle Istituzioni le motivazioni per le quali Jabil possa restare sul territorio casertano e rilanciare il sito attraverso commesse e misure a loro sostegno”.