Licenziato per guida con patente scaduta: la Cassazione fa luce su un caso controverso

n una recente ordinanza la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un postino, licenziato per alcune gravi violazioni disciplinari. Ecco cosa ha chiarito

Pubblicato: 19 Ottobre 2024 10:00

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

La varietà dei casi di licenziamento disciplinare, per giustificato motivo soggettivo e giusta causa, è davvero ampia. Basta dare un’occhiata alle sentenze che si sono susseguite negli anni, per rendersi conto quanto la materia sia ‘calda’ e foriera di dispute giudiziarie anche piuttosto lunghe e complesse.

Ma si può essere licenziati anche per aver guidato il mezzo aziendale, senza rispettare le dovute prescrizioni? Secondo la Corte di Cassazione sì, come indicato nell’ordinanza n. 25724 del 26 settembre scorso.

Di seguito vedremo in sintesi la vicenda che ha portato alla decisione della Suprema Corte e, al contempo, faremo luce su quanto emerso nei tre gradi di giudizio, in modo da capire qual è l’orientamento della magistratura in casi come questo.

La vicenda

Con la citata ordinanza la Cassazione, Sezione lavoro, ha chiuso un iter che era in precedenza passato dai due gradi del giudizio di merito. La controversia verteva sull’effettiva legittimità di un licenziamento disciplinare in cui il lavoratore, un dipendente incaricato del recapito postale, era stato allontanato dall’azienda per aver circolato con il ciclomotore aziendale, ma senza patente in corso di validità – essendo scaduta all’epoca dei fatti – e con il casco non allacciato. Evidentemente temendo sfavorevoli conseguenze sul piano lavorativo, egli non aveva infatti comunicato lo stato della patente al proprio datore di lavoro, né aveva chiesto di essere adibito a diverso servizio – continuando a svolgere le sue mansioni come se niente fosse.

Se in primo grado il tribunale, in veste di giudice del lavoro, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento dando ragione al postino, la Corte d’Appello – a seguito dell’impugnazione del provvedimento da parte dell’azienda – aveva ribaltato l’esito del precedente giudizio.

In particolare, la Corte stabilì la legittimità del recesso unilaterale per ragioni disciplinari, dato che la condotta del lavoratore subordinato aveva rappresentato una violazione dolosa degli obblighi d’ufficio, considerato quanto previsto dal Ccnl di settore. Questo avrebbe potuto causare un grave danno all’azienda.

Non accettando le conclusioni del giudice di secondo grado, il dipendente scelse di impugnare la sentenza con il ricorso in Cassazione. Nel terzo grado di giudizio, in opposizione al licenziamento disciplinare, egli sostenne la natura colposa e non dolosa della propria condotta: in sostanza, egli non si sarebbe intenzionalmente orientato a compiere le azioni contestate – integrando piuttosto un comportamento imprudente e caratterizzato da scarsa attenzione.

Per questo la sanzione del licenziamento, secondo la tesi del postino, era da ritenersi sproporzionata rispetto ai fatti di causa. Inoltre, il lavoratore sostenne a sua difesa l’assenza di precedenti disciplinari, nella sua lunga carriera professionale.

La sentenza della Cassazione

Con l’ordinanza n. 25724 del 26 settembre scorso, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito e respinto il ricorso dell’uomo, dichiarandolo inammissibile e considerando che la condotta del dipendente è stata effettivamente dolosa e quindi frutto di una precisa scelta di volontà.

Secondo il giudice di legittimità, infatti, il dipendente era ben consapevole del fatto che la patente fosse scaduta, ma ha taciuto volontariamente l’elemento, non rendendolo noto – in modo tempestivo – all’azienda presso cui lavorava come addetto al recapito postale. Anzi, tale condotta non poteva che essere attuata dolosamente, perché – spiega la Cassazione nel suo provvedimento – il lavoratore ha scelto il silenzio per evitare possibili conseguenze negative nel suo lavoro.

Non a caso, nell’ordinanza in oggetto si rimarca che sono:

Irrilevanti […] i motivi sottostanti tale consapevolezza, ossia se il suo silenzio fosse finalizzato ad evitare una conseguenza a lui sfavorevole, una sanzione disciplinare o il collocamento in aspettativa.

Inoltre la violazione delle norme di legge e dei doveri inerenti al rapporto di lavoro in essere, associata al potenziale danno (alla regolarità del servizio postale) per l’azienda, fondava la legittimità del licenziamento in tronco e quindi senza preavviso.

In altre parole, il comportamento del dipendente aveva creato un vero e proprio rischio, anche se non si era poi concretizzato un danno economico diretto per l’azienda datrice di lavoro. Basta perciò un potenziale forte pregiudizio a giustificare il recesso di natura disciplinare. Mentre il comportamento doloso rendeva giustificato il licenziamento in tronco.

I rischi di danno all’azienda

Proprio gli aspetti relativi ai potenziali danni in gioco meritano qualche ulteriore chiarimento. Secondo i giudici della Cassazione, non è infatti trascurabile il danno conseguente ad una simile condotta che, da una parte, comporta il fermo amministrativo per tre mesi del mezzo e, dall’altro, implica l’impossibilità di adibire il dipendente alle proprie mansioni, con evidenti ripercussioni sull’operatività dell’azienda e quindi sul profitto. Come ricordato nel testo dell’ordinanza della Cassazione, si tratta peraltro di misure adottate contro il postino da parte della polizia stradale.

Nel provvedimento della Corte si leggono infatti queste parole:

il fermo amministrativo per tre mesi del ciclomotore e l’impossibilità di adibire il lavoratore al servizio di consegna con l’uso di ciclomotore […] sono circostanze dalle quali oggettivamente potrebbe derivare un pregiudizio alla regolarità del servizio, potendosi verificare un’indisponibilità, anche temporanea, di mezzi e personale nell’ambito della zona cui era adibito il reclamato.

Non solo. L’ordinanza della Cassazione chiarisce anche che l’uso senza patente valida del ciclomotore aziendale da parte del dipendente, avrebbe potuto esporre la società a responsabilità civili in caso di un incidente stradale. Il mezzo era infatti di proprietà dell’azienda.

Concludendo, per la Suprema Corte il giudizio sull’effettiva proporzionalità della sanzione disciplinare riguarda il giudice di merito, e in appello la decisione – secondo la Cassazione – era stata opportunamente motivata. Per questo il giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando il licenziamento disciplinare senza preavviso e negando accoglimento alle richieste del postino.

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