Ondate di calore estremo, si può chiedere la cassa integrazione per caldo eccessivo

Il caldo opprimente costituisce un rischio per la salute dei lavoratori, perciò vi sono ammortizzatori sociali ad hoc. Le principali regole di riferimento

Pubblicato: 13 Luglio 2024 09:00

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

I cambiamenti climatici e gli aumenti di temperatura nella stagione estiva possono nuocere seriamente alla salute di non pochi lavoratori. Basti pensare – ad esempio – a coloro che lavorano nei campi, nei trasporti, nella produzione di materiali, sulle strade o nell’edilizia.

Secondo quanto indicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro – Oil, nel mondo almeno 2,41 miliardi di lavoratori sono esposti ogni anno a calore eccessivo durante l’attività, mentre vi sono circa 22,85 milioni di infortuni sul lavoro e quasi 19mila decessi dovuti alle temperature troppo alte. Non solo. Inail stima che in Italia, annualmente, siano più di 4mila gli infortuni legati al caldo e il pericolo è che in futuro la situazione possa peggiorare.

In considerazione di ciò, che tipo di tutela è prevista attualmente per i lavoratori? Quali strumenti sono stati predisposti contro il caldo eccessivo? Di seguito ne parleremo e vedremo quali sono le norme a diretta tutela dei lavoratori, ma coglieremo anche l’occasione per ricordare che cosa l’Inps ha precisato in materia di cassa integrazione per alte temperature.

Testo unico sicurezza e salute sul lavoro e valutazione del rischio caldo

Prima di parlare della Cig dovuta al caldo, ricordiamo che non sono poche le norme e le pratiche pensate per salvaguardare le condizioni di chi lavora. Ad esempio rilevano le indicazioni dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – Inl, dell’Inail o le circolari Inps, come pure le singole ordinanze regionali.

Ma in primis spicca il d. lgs. n. 81 del 2008, ossia il Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che contiene le misure da adottare al fine di assicurare un microclima adeguato allo svolgimento del proprio lavoro. L’art. 28 di questo testo in particolare stabilisce l’obbligo – in capo al datore – di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori“, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

Inoltre, nelle note periodicamente pubblicate, l’Ispettorato del Lavoro ha specificato che nella valutazione del rischio caldo concorrono vari fattori, quali:

Al contempo i sindacati ribadiscono che i datori di lavoro sono tenuti a:

Si tratta di istruzioni di cui si trova traccia nel Testo unico del 2008, e non a caso ricordate spesso anche dall’Inps.

L’azienda dovrà perciò valutare tutti i rischi a cui i lavoratori sono esposti, compresi quelli correlati alle patologie da calore (colpo di calore, crampi da calore, dermatite da sudore ecc.), ed adottare disposizioni ad hoc per la tutela della salute del personale.

L’Ispettorato del Lavoro ricorda peraltro che – durante lo svolgimento dell’attività ispettiva – si dovrà fare attenzione alla presenza nel Dvr della valutazione del rischio da calore e delle misure di prevenzione e protezione previste e attuate. L’azienda farà bene a coinvolgere il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Cassa integrazione per il troppo calore: le istruzioni Inps

Oltre a ciò, in questi ultimi anni Inps ha ribadito che oltre i 35 gradi – reali o ‘percepiti’ – le aziende possono chiedere la cassa integrazione per i lavoratori subordinati. Perciò d’estate nelle situazioni a rischio – ad es. attività svolta all’aperto in luoghi non protetti dal sole – le aziende, oltre alle altre misure di protezione adottate, possono anche ricorrere alla Cigo.

Di primario rilievo è il messaggio Inps n. 1856 del 2017 con cui si ribadisce che in materia di integrazioni salariali ordinarie, spetta all’Inps la competenza decisoria sulle relative domande. E, per quanto qui interessa, nel documento si rimarca  che:

Le temperature eccezionalmente elevate (superiori a 35°), che impediscono lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore, possono costituire evento che può dare titolo alla Cigo. A tal riguardo si chiarisce che possono rilevare anche le cosiddette temperature percepite, ricavabili anch’esse dai bollettini meteo, quando le stesse siano superiori alla temperatura reale. Al ricorrere delle fattispecie sopra evidenziate, pertanto, possono costituire evento che dà titolo al trattamento di integrazione salariale temperature percepite superiori a 35° seppur la temperatura reale è inferiore al predetto valore.

A questo messaggio hanno fatto seguito il messaggio Inps n. 2999 del 2022 e il n. 2729 del 2023, che richiamano il precedente testo e riepilogano le maggiori istruzioni operative per la corretta gestione delle richieste di cassa integrazione guadagni ordinaria – Cigo con causale eventi meteo (caldo eccessivo). Si ricorda altresì che tale causale è invocabile dal datore di lavoro anche in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

Il messaggio n. 2999 puntualizza in merito alle temperature percepite e fa riferimento a quelle situazioni in cui:

si registra un elevato tasso di umidità che concorre significativamente a determinare una temperatura “percepita” superiore a quella reale.

e spiega che:

Anche la tipologia di lavorazione in atto e le modalità con le quali la stessa viene svolta costituiscono un elemento di rilievo per valutare positivamente l’integrabilità della causale “evento meteo” per temperature elevate, anche quando le stesse siano inferiori a 35° centigradi.

Domanda di Cigo per temperature eccessive

Nel messaggio Inps n. 2999 si precisa, inoltre, che il datore di lavoro, nella domanda di Cigo e nella relazione tecnica, dovrà dettagliare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività di lavoro e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate stesse, ma anche le cause – riconducibili all’eccessivo calore – che hanno comportato lo stop o la riduzione.

Si rimarca altresì che la cassa integrazione ordinaria:

Considerazioni collocabili sullo stesso piano sono fatte nel messaggio Inps n. 2729 del 20 luglio 2023. Inoltre, come ribadito dall’Ispettorato del Lavoro nella nota n. 3783 del 2022, in parallelo le attività di vigilanza dovranno verificare quali misure di prevenzione siano state previste ed attuate dall’azienda, al fine di ridurre al minimo il rischio caldo.

Da parte sua Inail ha suggerito la riorganizzazione dei turni di lavoro, per far lavorare gli operai nelle ore più fresche. Il riferimento va in particolare alle imprese edili, infatti quelli più a rischio sono gli operai che lavorano all’esterno degli edifici come anche coloro che si occupano di stendere il manto stradale. Ecco perché non poche aziende d’estate si sono calibrate su una sorta di orario spezzato, con partenza alle 6 di mattina, stop anticipato a metà giornata e – se possibile – un altro turno in fascia notturna.

Dal decreto caldo 2023 alle nuove misure emergenziali

Il decreto legge Caldo dello scorso luglio aveva potenziato l’accesso alla Cigo per eventi meteo, con riferimento a specifici settori. In caso di fatti ‘oggettivamente non evitabili’, permetteva di chiedere l’ammortizzatore sociale per i lavoratori edili e agricoli, escludendolo dal computo del massimale previsto – ossia 52 settimane nel biennio per la Cigo in edilizia e 90 giorni all’anno per la Cisoa in agricoltura.

Rimarchiamo che queste disposizioni sono state in vigore fino a dicembre, senza essere in seguito rinnovate o sostituire da un intervento strutturale e sistemico, utile a introdurre norme a regime.

Tuttavia è notizia recente quella per cui sono in arrivo nuove disposizioni agevolative della cassa integrazione per caldo eccessivo. La possibilità per i datori di lavoro – in ipotesi di emergenza climatica – di accedere alla cassa integrazione ad ore oltre i limiti di durata massima già disposti dalla legge, è stata infatti fissata nel DL n. 63/2024 in tema di ammortizzatori sociali per temperature elevate, grazie ad un emendamento che ha ricevuto l’ok in Commissione Industria del Senato il primo luglio scorso.

In sostanza, fino al 31 dicembre prossimo, aziende e datori di lavoro potranno domandare – ed ottenere – l’intervento di integrazione salariale, di fatto escludendolo dal conteggio ordinario:

Insomma, si tratta di un periodo aggiuntivo che sostiene il reddito dei lavoratori e che è frutto di un intervento attuato nelle more della definizione di nuove misure emergenziali, di interventi di legge o di protocolli nazionali vincolanti.

Per i lavoratori agricoli, in particolare, l’integrazione salariale è supportata da uno stanziamento per quest’anno di 2 milioni, mentre per gli altri lavoratori lo stanziamento sarà di 11 milioni. Si tratterà di capire in futuro se vi saranno le risorse per ulteriori stanziamenti e, se sì, di che misura.

Le richieste dei sindacati e delle aziende

Ma la volontà dei sindacati è e resta quella di varare disposizioni durevoli e applicabili alla generalità dei lavoratori (indipendentemente da fattori come la durata del contratto o la sua stagionalità), che proteggano la salute e la sicurezza e che dispongano l’obbligatoria e totale sospensione delle attività di lavoro, in ipotesi di mancata attuazione di tutte le misure necessarie per affrontare le ondate di calore (ad es. modifiche all’orario di lavoro o utilizzo di dispositivi di protezione individuale come le creme solari).

In altre parole, laddove non si modifichino gli orari o l’organizzazione del lavoro per tutelare la salute dei lavoratori, dovrà scattare automaticamente l’obbligo di porre il personale in ammortizzatore sociale – al raggiungimento della temperatura massima effettiva o percepita già prevista.

Dalla base comune e dalla risposta sistemica, le singole categorie potranno poi aderire e sottoscrivere protocolli specifici di settore, per realizzare ulteriori passi avanti.

Al contempo le aziende ricordano che la Cig per caldo eccessivo – pur apprezzata – dovrebbe essere affiancata da politiche di sostegno economico, con ristori ad hoc per i datori di lavoro che si trovano innanzi a ritardi e inconvenienti pur con investimenti, spese ingenti e tempi di consegna da rispettare.

Soluzioni a macchia di leopardo con protocolli d’intesa e ordinanze regionali

Intanto, diverse Regioni hanno vietato di lavorare nelle ore più calde dei giorni critici, sia nei campi che nei cantieri.
Ad esempio in Puglia, un’ordinanza con efficacia istantanea impedisce sull’intero territorio regionale il lavoro in condizioni di esposizione continuata ai raggi solari, vale a dire dalle ore 12.30 alle 16 fino al 31 agosto prossimo, nelle aree o zone interessate dallo svolgimento di lavoro nel settore agricolo e nei soli giorni e orari con un livello di rischio “alto”, rilevabile su Worklimate 2.0.

E così in varie località, oltre a ordinanze comunali che fissano la sospensione delle attività in caso di temperature oltre soglia, si sono definiti provvedimenti per chi opera nelle campagne. In provincia di Verona, ad esempio, si è stabilito che in ipotesi di “allerta caldo” l’azienda può disporre, in deroga al contratto collettivo, una diversa distribuzione dei turni.

Tra le città più colpite dal caldo c’è anche la Capitale, dove sono oltre 6mila i cantieri attivi. A Roma alcune aziende del settore delle costruzioni stanno modificando gli orari dalle 5 alle 14. Non è escluso affatto che da qui ai prossimi giorni, altri Comuni e Regioni adottino provvedimenti ad hoc. Tuttavia per i sindacati le prime ordinanze non sono sufficienti, auspicando comunque un intervento normativo strutturale e multilaterale, che ‘alla fonte’ introduca un obbligo generalizzato di cassa integrazione per il caldo.

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