Chi rischia il Long Covid: ecco i sintomi e i fattori “spia”

Oltre 1 terzo di chi ha contratto il Covid lamenta sintomi anche a distanza di settimane. Secondo i ricercatori ci sarebbero dei fattori di rischio

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Redazione

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Ancora non si sa con esattezza come e perché, ma sempre più persone al mondo lamentano dopo settimane o mesi dall’infezione Covid quello che è stato definito come Long Covid. Una condizione stressante, spesso dolorosa o fortemente limitante.

Long Covid, i sintomi

Sintomi fastidiosi, a volte persino invalidanti, che perdurano per diverse settimane o persino mesi dopo il contagio. A due anni dall’inizio della pandemia, i ricercatori sono ancora perplessi per gli effetti persistenti del Long Covid, che ha colpito tra il 31% e il 69% dei positivi per mesi dopo la guarigione dal virus, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell.

Lo studio ha incluso i dati di più di 50 ricercatori che hanno seguito 390 pazienti Covid dopo la loro diagnosi iniziale. A differenza dei normali sintomi del Coronavirus, i sintomi del Long Covid possono durare molto a lungo. Circa il 37% dei pazienti nello studio ha riportato 3 o più dei sintomi mesi dopo l’infezione, circa il 24% ha riportato 1 o 2 sintomi e il 39% non ha riportato sintomi (qui gli 8 sintomi “spia” della variante Omicron e qui come capire a quale variante si è positivi, in base ai primi sintomi).

Ma quali sono i sintomi più comuni del Long Covid? Affaticamento, debolezza muscolare, dolori articolari, difficoltà respiratorie, deterioramento delle normali funzioni cognitive, “nebbia cognitiva”, perdita di concentrazione, confusione. Ma anche perdita di memoria, disturbi gastrointestinali, perdita dell’olfatto, tosse persistente.

I 4 fattori di rischio

I ricercatori hanno avvertito che sono numerose le condizioni mediche preesistenti che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il Long Covid, ma lo studio evidenzia in particolare quelli che vengono definiti i 4 indicatori “spia” che aumentano notevolmente il rischio di svilupparlo, con sintomi persistenti che rimangono per mesi dopo la negativizzazione dal tampone.

Diabete di tipo 2

Le persone che soffrono di diabete di tipo 2 preesistente potrebbero essere a rischio di contrarre il Long Covid, secondo lo studio. Il diabete mellito di tipo 2 è la forma di diabete più frequente – interessa il 90% dei casi – ed è tipico dell’età matura.

Come spiega il portale dedicato Diabete.net, la persona affetta da diabete di tipo 2 è generalmente una persona della seconda o terza età, con un peso superiore a quello ideale, spesso con parenti di primo grado diabetici. I sintomi non sono generalmente evidenti come nel diabete di tipo 1, vengono facilmente ignorati e la scoperta del diabete può avvenire in modo del tutto casuale, ad esempio durante un check-up.

Presenza di molti frammenti di SARS-CoV-2 al momento della diagnosi

Una grande quantità di RNA del coronavirus trovato nel flusso sanguigno di una persona all’inizio della malattia potrebbe significare che questo soggetto è più a rischio di contrarre il Long Covid.

Riattivazione del virus di Epstein-Barr

Anche il virus di Epstein-Barr può portare il Long Covid. Questo virus può causare la mononucleosi, ma di solito rimane latente nel corpo. Si tratta di uno dei virus umani più comuni, ma se riattivato nel proprio sistema immunitario al momento della diagnosi di Covid, è correlato a un aumento del rischio di contrarre il Long Covid.

Solo alcune settimane fa si è molto parlato di questo virus in relazione alla sclerosi multipla. Epstein-Barr infatti è tra i virus studiati come possibile concausa della sclerosi. Su di esso sono stati già condotti diversi studi approfonditi, anche se stabilire una relazione causale tra il virus e la malattia è difficile perché l’EBV infetta circa il 95% delle persone adulte e al momento non c’è modo di evitare l’infezione. In una ricerca appena pubblica viene dimostrato che avere l’infezione aumenta significativamente il rischio di sviluppare la sclerosi multipla in soggetti suscettibili, in cui siano presenti altri fattori concausali già noti per aumentare tale rischio.

Presenza di autoanticorpi specifici diretti contro il tessuto o gli organi

Gli autoanticorpi sono creati dal sistema immunitario di una persona, ma diretti ad attaccare i propri tessuti o organi. Una maggiore presenza di alcuni autoanticorpi nel corpo potrebbe indicare che una persona ha livelli più bassi di anticorpi protettivi contro il Covid.

In particolare, lo studio ha scoperto che le donne che hanno sviluppato Long Covid tendevano ad avere più sintomi neurologici e che i pazienti con malattie cardiache avevano maggiori probabilità di perdere l’olfatto e il gusto.

Sono diverse ad oggi le terapie che si stanno tentando contro il Long Covid, a seconda di come si manifesta, ma non esiste ancora una cura.

Gli autori dello studio hanno avvertito che sono necessarie ulteriori ricerche con più partecipanti in un arco di tempo più lungo per confermare i risultati. Tuttavia, lo studio pubblicato su Cell suggerisce che somministrare alle persone risultate positive farmaci antivirali all’inizio del decorso della malattia per affrontare un eventuale eccesso di virus nel sistema immunitario può aiutare a ridurre il rischio di manifestare i sintomi del Long Covid.

Altri fattori “spia” del Long Covid

Oltre allo studio pubblicato su Cell, sempre sul Long Covid sono stati presentati sulla rivista Nature Communications alcuni giorni fa anche i risultati di una ricerca condotta dall’Università e dall’Ospedale universitario di Zurigo.

Gli immunologi in questo caso hanno scoperto alcuni segnali “spia” nel sangue dei pazienti Covid positivi. I ricercatori hanno analizzato la storia della malattia di 175 soggetti risultati positivi nella prima ondata. Altri 40, senza contatti rilevabili con il SARS-CoV-2, sono invece serviti come gruppo di controllo.

Fra coloro che erano leggermente malati, il 54% ha riportato sintomi per oltre 4 settimane, percentuale che è salita all’82% fra chi si è ammalato gravemente.

Sulla base dei dati clinici, diversi fattori sono stati associati al rischio di sviluppare il Long Covid. Questi includono:

Secondo lo studio, gli anticorpi rilevanti per il Long Covid sono le immunoglobuline M, che giocano un ruolo importante soprattutto all’inizio dell’infezione. I soggetti colpiti da questa patologia hanno anche concentrazioni più basse di immunoglobuline G3, anch’esse fondamentali per combattere il virus.

Questi anticorpi non costituiscono una barriera di protezione specifica contro il Coronavirus, ma in generale contro una vasta gamma di patogeni, hanno spiegato i ricercatori all’agenzia Keystone-ATS.

I risultati suggeriscono dunque che una delle cause del Long Covid potrebbe essere una risposta immunitaria dell’organismo mal indirizzata, il che apre a trattamenti mirati, come la somministrazione di alcune immunoglobuline o di farmaci specifici. Anche se il miglior alleato contro il Covid resta sempre il vaccino.

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