Lunedì 30 settembre segnerà la fine delle operazioni dell’ultima centrale termoelettrica a carbone ancora attiva nel Regno Unito, un evento di grande rilevanza storica per il paese. Questo passaggio simbolico chiude un capitolo iniziato nel 1882, quando il Regno Unito fu il primo paese al mondo ad avviare una centrale di questo tipo.
L’impianto di Ratcliffe-on-Soar, situato nei pressi di Nottingham, verrà definitivamente spento, e i 170 lavoratori rimasti si riuniranno nella sala di controllo, osservando il momento conclusivo dalle vicinanze della mensa dello stabilimento. La disattivazione delle unità di produzione rappresenta un altro passo verso la transizione energetica e la lotta contro il cambiamento climatico, segnando il tramonto dell’era del carbone nel sistema energetico britannico.
Indice
Dalla rivoluzione industriale all’alba di una nuova era, l’addio al carbone
Il carbone, un tempo motore pulsante della Rivoluzione Industriale, si appresta a concludere il suo lungo e controverso percorso nel cuore del sistema energetico globale. Questo combustibile fossile, il più antico e abbondante, ha alimentato per secoli lo sviluppo industriale e la crescita economica di numerosi Paesi. Tuttavia, il suo impatto ambientale ne ha inevitabilmente segnato il declino.
La combustione del carbone è infatti responsabile di ingenti emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas serra che contribuisce al riscaldamento globale e ai conseguenti cambiamenti climatici. A ciò si aggiungono le emissioni di numerose sostanze inquinanti, dannose per la salute umana e per gli ecosistemi.
Di fronte all’urgenza di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, sempre più Paesi hanno deciso di intraprendere un percorso di dismissione delle centrali a carbone. L’Italia, come molte altre nazioni, si è impegnata a ridurre gradualmente la dipendenza da questo combustibile fossile, promuovendo lo sviluppo di fonti di energia rinnovabile.
Il Regno Unito, pioniere della Rivoluzione Industriale, ha giocato un ruolo di primo piano in questa transizione energetica. Nel 2016, il governo britannico ha annunciato l’ambizioso obiettivo di eliminare gradualmente la produzione di energia elettrica da carbone entro il 2025. Successivamente, in vista della COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima tenutasi a Glasgow nel 2021, ha deciso di anticipare di un anno tale termine, dimostrando così un forte impegno nella lotta ai cambiamenti climatici.
La dismissione della centrale di Ratcliffe-on-Soar, un processo complesso
La centrale di Ratcliffe-on-Soar avrebbe dovuto essere spenta alla fine del 2022, secondo un piano iniziale. Tuttavia, la società che la possiede e gestisce, la tedesca Uniper, aveva posticipato lo spegnimento a causa della crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina. Questa decisione è stata presa per garantire la continuità della fornitura energetica in un periodo di grande incertezza.
Il primo ottobre inizierà la fase di dismissione dell’impianto, un processo che richiederà due anni per essere completato. Durante questa fase, saranno impiegati più di 100 degli attuali lavoratori della centrale. Questo periodo di transizione è cruciale per assicurare che la dismissione avvenga in modo sicuro e ordinato.
Uniper ha collaborato strettamente con i sindacati per trasferire gli altri dipendenti in altre centrali che gestisce nel Regno Unito. Questa collaborazione è fondamentale per garantire che i lavoratori non siano lasciati senza impiego e che possano continuare a contribuire al settore energetico in altre strutture.
La dismissione della centrale di Ratcliffe-on-Soar rappresenta un passo significativo verso un futuro energetico più sostenibile, pur tenendo conto delle sfide attuali legate alla sicurezza energetica e alla crisi geopolitica.
La storia delle centrali a carbone nel Regno Unito, dalla prima centrale alla transizione energetica
La storia dell’energia elettrica nel Regno Unito è indissolubilmente legata al carbone. La prima centrale elettrica a carbone del mondo, inaugurata il 12 gennaio 1882 dalla Edison Electric Light Company (oggi General Electric), sorse nel cuore di Londra, in un edificio sull’Holborn Viaduct. Questa pionieristica centrale, che cessò di funzionare nel settembre del 1886, aveva lo scopo di illuminare le strade tra Holborn Circus e St. Martin’s Le Grand. Purtroppo, l’edificio fu distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa centrale rappresenta un capitolo fondamentale nella storia dell’energia elettrica, segnando l’inizio dell’era dell’elettricità alimentata dal carbone.
Nel corso del XX secolo, il carbone divenne la principale fonte di energia elettrica nel Regno Unito. La centrale di Ratcliffe-on-Soar, attiva dal 1968, ne è un esempio emblematico, avendo contribuito a soddisfare le crescenti esigenze energetiche del Paese per diversi decenni.
All’inizio degli anni Ottanta, circa l’80% dell’elettricità consumata nel Regno Unito proveniva da centrali a carbone, evidenziando una forte dipendenza da questa fonte energetica, spesso associata a inquinamento e emissioni di gas serra.
Tuttavia, a partire dagli anni Duemila, il Regno Unito ha intrapreso un ambizioso percorso di transizione energetica, volto a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e a promuovere le fonti rinnovabili. Grazie a una serie di politiche energetiche lungimiranti e investimenti mirati, la quota di energia elettrica prodotta da carbone è progressivamente diminuita. Nel 2012, questa quota era già scesa al di sotto del 40%.
Con la chiusura definitiva delle ultime centrali a carbone prevista per il prossimo anno, il Regno Unito diventerà il primo Paese del G7 a eliminare completamente questa fonte energetica dal proprio mix elettrico. Questa importante tappa segna la fine di un’era e l’inizio di una nuova fase, caratterizzata da un sistema energetico sempre più pulito e sostenibile. La decisione di abbandonare gradualmente il carbone è stata il risultato di un impegno congiunto da parte del governo, delle aziende energetiche e della società civile, volti ad affrontare la crisi climatica e a costruire un futuro energetico più sostenibile.
Le ultime centrali a carbone in Italia, un panorama in transizione
Italia verso l’addio al carbone, ma con tempi differenziati
Lo scorso aprile, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, aveva annunciato un piano per la chiusura delle centrali a carbone in Italia. Secondo il ministro, le centrali situate sull’Italia continentale, ovvero quelle di Civitavecchia e di Brindisi, avrebbero chiuso entro un anno. Questo rappresenta un passo significativo verso la riduzione delle emissioni di gas serra e la promozione di fonti energetiche più sostenibili.
Per quanto riguarda le centrali sarde, il governo prevedeva lo spegnimento definitivo entro il 2027. Questo termine è stato fissato due anni dopo l’impegno preso con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) del 2019. Il Pniec è un documento strategico che delinea le politiche e le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici del paese.
La decisione di posticipare la chiusura delle centrali sarde riflette la necessità di bilanciare la transizione energetica con la sicurezza della fornitura elettrica e le esigenze economiche locali. La Sardegna, essendo un’isola, presenta sfide uniche in termini di approvvigionamento energetico e infrastrutture.
Questo piano graduale di chiusura delle centrali a carbone dimostra l’impegno del governo italiano nel ridurre la dipendenza da fonti energetiche inquinanti e nel promuovere una transizione verso un futuro più sostenibile. La collaborazione tra il governo e le aziende energetiche è fondamentale per garantire che questo processo avvenga in modo efficiente e responsabile.