Allarme a Venezia: la laguna sta sprofondando

Il Consorzio ricerche laguna ha lanciato un allarme, sottolineando la necessità di alzare il Mose il meno possibile per evitare ulteriori danni alla laguna

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il Mose ha difeso Venezia 44 volte dall’inizio del suo utilizzo nel 3 ottobre 2020, con 20 salvataggi nel primo anno, 13 nel secondo e 11 nella stagione autunnale-invernale. Tuttavia, ci sono alcuni problemi da risolvere e lavori da completare. Gli studi condotti in questi primi due anni di utilizzo hanno evidenziato alcune criticità nell’uso dell’opera, come l’impatto sull’afflusso di sedimenti e sulla carenza di ossigeno, che devono essere valutati attentamente dalla “control room” che decide quando alzare le dighe.

L’abbassamento del fondale

Il quadro presentato il 12 gennaio dal ricercatore Luigi Tosi alla conferenza del Corila sui risultati di 4 anni di lavoro del programma di ricerca Venezia-2021 è preoccupante. Oltre alla crescita del livello del mare, che potrebbe raggiungere un range di 28-55 centimetri in caso di contenimento delle emissioni o di 63-100 centimetri nello scenario peggiore, c’è anche il problema della subsidenza. Attualmente, il fondale lagunare si sta abbassando di 3,5 millimetri all’anno e di 1,5 nella città di Venezia, ma per il 2050 si prevede una diminuzione di 6,5 millimetri all’anno. Ciò significa che il fondale potrebbe scendere di una decina di centimetri in 30 anni. Per questo motivo, Luca Zaggia dell’Ismar-Cnr, che ha coordinato la prima parte del convegno sui rischi della laguna che diventa sempre più un braccio di mare, ha auspicato che presto cambino le regole di sollevamento del Mose per limitare questi impatti.

La protezione di piazza San Marco

Una recente notizia positiva è l’inizio dei lavori per proteggere Piazza San Marco, che una volta completati permetteranno di alzare il Mose quando il livello dell’acqua in laguna raggiunge i 90 centimetri, rispetto ai 70 attuali. Il motivo è che la chiusura delle bocche di porto riduce la sedimentazione del 25-30% all’anno, ma se la soglia di allerta fosse a 130 invece che a 110 (come attualmente in fase sperimentale), la riduzione sarebbe solo del 10%. Quando l’acqua in laguna è più bassa, il fondale è maggiormente esposto all’onda e i sedimenti vengono sollevati in sospensione. La difesa di Venezia non è in discussione, ma ci sono dei contro-effetti sulla morfologia della laguna che necessitano di essere corretti. Un aiuto per limitare la perdita di sedimenti potrebbe arrivare dal nuovo protocollo fanghi, che secondo le stime presentate da Marco Marani dell’Università di Padova potrebbe limitarla dagli attuali 614 mila metri cubi annui a 178 mila.

Il problema anossia

Il lavoro svolto dal Corila in questi anni è stato di grande qualità, che ha portato alla pubblicazione di un centinaio di articoli su varie riviste scientifiche, ha sottolineato Pierpaolo Campostrini, Direttore del Corila. Riguardo al Mose, le istituzioni presenti alla tavola rotonda finale hanno dichiarato di essere disponibili a collaborare per risolvere i problemi riscontrati. Al momento non ci sono allarmi, ma solo fenomeni che vengono studiati, ad esempio l’anossia potrebbe essere un problema se si chiudesse il Mose anche d’estate.

La vulnerabilità di Venezia

La vulnerabilità di Venezia non è solo legata alla sua posizione geografica e all’innalzamento del livello del mare, ma anche all’overtourism, ovvero ai flussi turistici insostenibili che contribuiscono alla trasformazione del tessuto sociale della città. Secondo uno studio dell’Università Ca’ Foscari, il numero ottimale di visitatori al giorno sarebbe di 52mila persone, ma nella primavera del 2022 si è raggiunto un picco di 100mila presenze.

Il passaggio delle grandi navi

Il passaggio di grandi navi a Venezia ha rappresentato per anni una delle principali cause del moto ondoso, che ha causato danni significativi alla laguna. Dopo il fallimento del decreto Clini-Passera del 2012, nel 2021 il Consiglio dei Ministri ha stabilito il divieto di ingresso per le navi di oltre 25mila tonnellate. Questa decisione, definita storica dall’allora ministro Franceschini, ha consentito di evitare che Venezia fosse inserita nella lista dei siti UNESCO in pericolo.

La proposta per sollevare la città

Nel corso degli anni sono state presentate diverse proposte per salvaguardare Venezia dall’innalzamento del livello del mare e dai danni causati dal moto ondoso. Lo studio “Venice shall rise again” di Giuseppe Gambolati e Pietro Teatini del 2013 propone di sollevare la città tramite l’iniezione di fluidi (acqua salata pretrattata) negli strati geologici sedimentari sotterranei a centinaia di metri di profondità. Le simulazioni effettuate indicano la possibilità di alzare Venezia di 26 centimetri con un costo stimato di 80 milioni di euro.

Misure per tutelare la residenzialità

Il Comune di Venezia sta prendendo misure per tutelare la residenzialità della città e contrastare l’overtourism. Da un lato, stanno promuovendo iniziative per incentivare i turisti a rimanere più a lungo in città, dall’altro stanno valutando l’introduzione di tariffe più alte per l’ingresso a chi visita la città solo per un giorno. Dal 2021 i flussi turistici vengono monitorati dall’amministrazione attraverso la Smart Control Room, che fornisce stime giornaliere sulle presenze e le provenienze dei visitatori.

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