Sono state settimane di tensione e, a tratti, anche di irritazione quelle vissute da Giorgia Meloni. Nonostante tutti i sondaggi e l’opinione pubblica concordassero già da tempo sulle forti possibilità che fosse lei a succedere a Mario Draghi come presidente del Consiglio, il debutto della leader di Fratelli d’Italia alla guida del Paese è stato molto più complicato di quanto ci si potesse immaginare, soprattutto se si osserva la vittoria schiacciante ottenuta alle urne lo scorso 25 settembre.
Le prime scocciature per la nuova premier sono arrivate dal fronte interno. Gli alleati di centrodestra hanno messo a dura prova la tenuta dei suoi nervi trascinandola in una trattiva logorante per l’assegnazione dei ministeri. In particolare, la disputa più ardua si è consumata con Silvio Berlusconi, che per diversi giorni ha reclamato posti sempre più delicati da assegnare ai suoi fedelissimi. Alla fine, Giorgia Meloni è riuscita a domarlo, ma l’immagine di una maggioranza spaccata già in partenza che si è diffusa sui quotidiani nazionali ed europei di certo non ha contribuito a rasserenare il suo stato d’animo.
La spartizione delle deleghe più delicate
Il tira e molla con Lega e Forza Italia per la spartizione delle cariche governative è proseguito con il ridordino di tutti i nuovi ministeri e con la conseguente nomina di viceministri e sottosegretari. Chi era stato escluso dai dicastero è rientrato in corsa, anche in questo caso c’è stato bisogno di diverse riunioni per chiudere la pratica. Ma nel frattempo i dossier, quelli importanti, sono arrivati sul tavolo della premier: dal viaggio a Bruxelles per incontrare le istituzioni europee, passando per il reintegro dei medici no vax, fino alla madre di tutte le battaglie, ossia quella sul fronte economico. Giorgia Meloni ha capito fin da subito che non c’è più tempo da perdere.
È per tutte queste ragioni che nel Consiglio dei ministri di venerdì scorso (4 novembre) sono state ratificate due decisioni politicamente molto pesanti. In primis è stata cambiata la legge numero 124 del 2007, quella che regolamenta i servizi di intelligence, per permettere ad Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza, di ricoprire il ruolo di Autorità delegata. Sarà proprio il suo fedelissimo a gestire le competenze su Servizi e cybersicurezza.
A stretto giro è stata fatta anche un’altra scelta che avrà conseguenze importanti sull’operato dell’esecutivo: nella stessa riunione è stata affidata a Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, la delega per il Pnrr e i fondi per la Coesione. In precedenza la gestione di questo ambito era di competenza del dicastero dell’Economia, che aveva il compito di vigilare sulla spesa di tutti i ministeri dei 222 miliardi di euro a disposizione del nostro Paese per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. In pochi minuti si è appreso che Fitto, con le nuove mansioni, ha già disposto una ricognizione sulla spesa degli altri uffici.
Compiti che la nuova premier ha affidato al suo fedelissimo Alfredo Mantovano
Il primo dei due interventi voluti dalla premier si porta dietro una responsabilità importante: la legge infatti prevedeva che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio “non potesse esercitare funzioni di governo ulteriori” e questo perché il ruolo è estremamente delicato, visto il ruolo di raccordo che ricopre nel collegare le Agenzie di sicurezza e il Consiglio. Inoltre è presente anche all’interno del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Copasir) di cui fanno parte il capo dell’esecutivo e alcuni dei ministri più pesanti.
Cambiare lo status quo per appesantire un profilo istituzionale già di per sé molto greve, su un tema così delicato come la sicurezza nazionale, è una responsabilità che in pochissimi prima di lei hanno voluto assumersi nel corso della storia recente della politica italiana (infatti c’è solo un precedente, quello della nomina di Gianni Letta da parte del Cavaliere nel suo quarto governo).
La scelta di Raffaele Fitto come commissario per il PNRR
Quella di Giorgia Meloni pare essere una decisione dettata proprio dal rapporto con gli alleati, divenuto sempre più logoro dopo la fine della campagna elettorale. Le uscite di Silvio Berlusconi sul sostegno militare all’Ucraina e le tante frecciatine provenienti dal partito di Matteo Salvini, l’hanno convinta ad occuparsi in prima persona (assieme ai suoi più stretti collaboratori) delle questioni più dirimenti.
Va letta nella stessa ottica la scelta di Raffaele Fitto come profilo garante e, di fatto, commissario dei fondi del Pnrr. In contrapposizione proprio con il segretario del Carroccio. Il ministro delle Infrastrutture e vicepremier, ancor prima della fiducia in Aula al governo, era intervenuto in maniera scomposta annunciando la realizzazione di decine di opere, una su tutte quello del Ponte sullo stretto di Messina.
E invece il suo spazio di movimento sarà limitato. A fare da controllore sarà un uomo considerato affidabile a Bruxelles. E che dovrà riferire direttamente e soltanto a una persona: la presidente del Consiglio, che nel frattempo, con il decreto di riordino dei ministeri, si è posta al vertice di un comitato ad hoc che sovraintende a tutte le competenze sul mare. Inclusa l’intricata gestione delle concessioni balneari.
Giorgia Meloni e i fondi europei del PNRR: quanto spenderà il nuovo governo nel 2023
La gestione dei fondi europei che i dicasteri dovranno spendere nei prossimi dodici mesi è di cruciale importanza non solo per accreditare la nuova compagine governativa agli occhi di Ursula von der Leyen e dei commissari della sua squadra, ma soprattutto per la mole di investimenti che andranno fatti e che incideranno in maniera pesante sulle sorti dell’Italia nel prossimo futuro.
La questione è stata affrontata proprio nell’ambito dell’approvazione della Nota di aggiornamento al Def: a pagina otto infatti viene ribadito come gli investimenti da programmare e mettere a terra nel 2023 saranno nell’ordine complessivo di 40,9 miliardi di euro. Il doppio di quelli destinati a famiglie e imprese per far fronte al caro bollette. Per risolvere quest’ultimo problema, in ogni caso, l’Arera sta sviluppando il “bollettometro mensile” per inserirlo nella scheda di confrontabilità del servizio di maggior tutela, aiutando le famiglie a prevedere i costi annuali. Visto il quadro economico in forte bilico, la premier non vuole sprecare nemmeno un centesimo. Per questo gli occhi di Raffaele Fitto dovranno rimanere costantemente vigili per poterla aggiornare su ogni passaggio: in ballo, oltre alla nostra credibilità, c’è prima di tutto la tenuta dei conti di un’intera nazione.