Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera che l’Italia sarebbe pronta a assumere il comando della missione contro gli Houthi nel Mar Rosso, se richiesto. “Se ci chiederanno di guidarla, lo faremo. Abbiamo le capacità necessarie. Se i francesi desiderano questo ruolo, siamo favorevoli. Tuttavia, la sfida è garantire rapidamente una missione efficace per proteggere la sicurezza delle navi commerciali e le nostre economie, nel rispetto del diritto internazionale”, ha spiegato.
Rispetto alla questione se l’Unione Europea stia gestendo la situazione in modo coeso, il ministro ha chiarito che attualmente l’Europa è caratterizzata da 27 politiche estere diverse. Ogni paese ha le proprie priorità non solo riguardo a Gaza, ma anche in Libano, Niger, Nord Africa e Kosovo. Crosetto ha affermato che questo scenario limita il ruolo rilevante dell’Europa nel contesto mondiale.
La crisi mondiale: cosa sta succedendo nel Mar Rosso
I continui attacchi degli Houthi stanno portando ripercussioni di portata globale. Nonostante Italia, Francia e Germania, i tre Paesi europei del G7, non abbiano partecipato direttamente all’azione militare dei partner atlantici, le conseguenze degli attacchi dei ribelli sul commercio marittimo internazionale non risparmieranno le loro economie. Per difendere i propri interessi, è attiva la missione dell’Unione Europea denominata Aspides creata appositamente per contrastare la pirateria nel Mar Rosso. L’Italia, in particolare, è fortemente coinvolta, poiché deve proteggere un valore di ben 154 miliardi di euro, che rappresenta l’import ed export marittimo che transita attraverso il Canale di Suez.
Secondo le stime di Bankitalia, il trasporto navale attraverso il Mar Rosso ha un impatto significativo sulle importazioni italiane, rappresentando circa il 16% del totale, più che sulle esportazioni. Questa rotta è cruciale per gli acquisti provenienti dalla Cina, e altre merci giungono dalle economie dell’Asia orientale o dai paesi del Golfo Persico, esportatori di gas e petrolio.
Tra i settori più colpiti, spicca quello della moda, con un terzo delle importazioni italiane della filiera proveniente dal Mar Rosso. La situazione sta comportando da un lato forti ritardi, che si rifletteranno sulla produzione e sulle consegne in negozio in caso di capi finiti, e dall’altro un importante aumento dei costi di trasporto. Dovuto sia all’incremento del costo dei noli sia all’obbligo di trovare vie alternative al trasporto su nave.
Anche i prodotti metalmeccanici sono fortemente coinvolti, rappresentando quasi il 30% dei volumi delle importazioni italiane. Alcune regioni risultano più esposte di altre, con la Lombardia in testa con un valore di prodotti trasportati attraverso il Mar Rosso pari a 12,9 miliardi di euro, seguita da Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia.
Persi oltre 95 milioni di euro al giorno
Il danno economico è già evidente: secondo i calcoli di Confartigianato, l’Italia ha perso 3,3 miliardi di euro negli ultimi 3 mesi a causa di mancate o ritardate esportazioni e 5,5 miliardi per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri. In totale, si tratta di una perdita di quasi 9 miliardi, equivalenti a oltre 95 milioni di euro al giorno.
Si teme ora che questi costi possano ricadere sui consumatori. L’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, ha calcolato che uno shock simile potrebbe causare un aumento dei prezzi in Italia e in Europa dell’1,8%. La situazione è influenzata dalla durata della crisi e dalla possibile reazione della Banca Centrale Europea (BCE), rappresentando un nuovo elemento di incertezza per il 2024.
L’impatto negativo della crisi nel Mar Rosso è confermato da Andrea Dini, CEO di Paul&Shark, che afferma che l’azienda, che acquista materiali e componenti dalla Corea e dal Giappone e importa filati dall’India, ha già riscontrato un ritardo di circa 15 giorni negli arrivi delle merci già spedite. Dini prevede che questo ritardo aumenterà, insieme ai costi dei noli che sono già saliti del 30-40%.
Il ritardo nelle forniture sta influenzando la catena di produzione, costringendo l’azienda a ricorrere a metodi di spedizione alternativi più costosi. “Il nostro responsabile della logistica, per non far fermare la produzione, fa spedire parte della merce per via aerea – con un costo di circa sei volte superiore a quello della nave – o via intermodale, un treno che parte da Shanghai e arriva ad Amburgo e costa circa tre volte più della nave”
Diminuisce il traffico nei porti italiani, con i prezzi che salgono alle stelle
L’impatto della crisi nel Mar Rosso si riflette già nei porti italiani. Secondo i dati della piattaforma Portwatch, nei primi sei porti nazionali (Venezia, Trieste, Genova, Gioia Tauro, Augusta e Livorno), rispetto al mese di novembre, si è registrata una diminuzione del traffico, con punte di oltre il 20%. Il picco è stato raggiunto a fine dicembre, con circa il 21% di navi in meno rispetto al mese precedente.
A gennaio 2024 si è osservata una graduale ripresa, ma il numero di navi è ancora inferiore dell’11%. La ragione di questa riduzione è attribuibile al ritardo delle navi che avrebbero dovuto transitare attraverso il Canale di Suez, causato dal percorso più lungo intorno all’Africa. Il tempo aggiuntivo trascorso in mare comporta nuovi e maggiori costi per le spedizioni.
Secondo gli ultimi dati della società di analisi Drewry, il costo per trasportare un container tipo da Shanghai a Genova è aumentato di oltre quattro volte, passando da 1.400 a 6.365 dollari. La rotta verso Genova è diventata la più costosa in Europa, sollevando preoccupazioni che i porti europei del Nord possano diventare più attrattivi rispetto a quelli italiani, come già espresso da diversi rappresentanti del settore.
Non solo Italia: le conseguenze nel mondo
L’impatto negativo della crisi nel Mar Rosso sul commercio globale ha superato quello della pandemia, con l’eccezione della bloccatura del Canale di Suez da parte della nave “Ever Given” nel marzo 2021. Alan Murphy, CEO di Sea-Intelligence, una delle principali società di consulenza nel settore della logistica marittima, afferma che la crisi attuale è il singolo evento più significativo, addirittura più grande dell’impatto iniziale della pandemia.
Sempre secondo i dati di Portwatch del Fondo Monetario Internazionale, il traffico navale nel Canale di Suez a gennaio 2024 è diminuito di oltre il 37% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e del 52% nello Stretto di Bab el-Mandeb. Al contrario, la rotta alternativa intorno al Capo di Buona Speranza, che circumnaviga l’Africa, è cresciuta del 70%. Il crollo del traffico delle navi mercantili nel Mar Rosso a favore della rotta alternativa è evidente nei dati.
Un esempio concreto è il 21 gennaio 2024, quando sono passate attraverso il Canale di Suez 46 navi, rispetto alle 73 dello stesso giorno nel 2023. Gli attacchi militari contro gli Houthi in Yemen, condotti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito con il supporto di Australia, Bahrein, Canada, Paesi Bassi e Nuova Zelanda, hanno contribuito al declino del traffico nel Mar Rosso. Nonostante ciò, le navi commerciali continuano ad essere prese di mira dai ribelli. Secondo i dati di Kuehne + Nagel, multinazionale della logistica, attualmente 215 navi in viaggio con 2,7 milioni di container hanno già dovuto modificare la propria rotta a causa della crisi.