Le criptovalute (cryptocurrency in inglese), la più famosa delle quali è Bitcoin, sono la prima tipologia di moneta nella storia a essere completamente svincolate da una banca centrale o dagli istituti finanziari di uno stato, e dunque in tutto e per tutto un’alternativa alle valute tradizionali, e non solo.
Esse costituiscono non solo la moneta di scambio ma al tempo stesso rappresentano un metodo di pagamento online costruito sulla base di un meccanismo senza dubbio rivoluzionario. I mercati delle criptovalute sono dunque decentrati rispetto a quelli tradizionali. Ciò significa che non c’è nessun ente centrale che le emette, che le protegge e ne controlla la diffusione. Scopri di più sulle criptovalute in questo articolo.
Indice
Cosa sono le criptovalute e come vengono gestite
Le criptovalute vengono direttamente gestite dai privati che le detengono, grazie ai traguardi raggiunti dai sistemi di crittografia digitale, l’ultimo dei quali è rappresentato dalla tecnologia blockchain. Non solo una semplice moneta virtuale dunque ma un vero e proprio sistema che:
- non è legato all’andamento economico e finanziario di un particolare paese nel mondo;
- non è legato a tassi di interesse o alle politiche monetarie nazionali e internazionali;
- garantisce il valore della criptovaluta grazie alle sue immutabili unità crittografiche, ovvero al loro specifico codice.
Attenzione però: una criptovaluta non è una valuta digitale. Quest’ultima infatti ha le stesse caratteristiche delle valute tradizionali, come queste sono emesse dunque da un’autorità centrale ed esistono solo nel mercato digitale. Tra le oltre 2000 criptovalute oggi esistenti, la maggior parte delle quali di poco valore, le principali sono:
- Bitcoin (BTC);
- Ethereum (ETH);
- Tether (USDT);
- BNB (BNB);
- Solana (SOL);
- USD Coin (USDC);
- XRP (XRP);
- Toncoin (TON);
- Dogecoin (DOGE);
- Cardano (ADA).
Bitcoin è inoltre la prima criptovaluta mai creata, il cui dominio è stato registrato online nel 2008 e la prima transazione mai avvenuta è stata effettuata nel 2009. Soltanto qualche anno dopo la capitalizzazione totale delle criptovalute, durante quella che si presentò come una vera e propria bolla, è arrivata a circa 800 miliardi di dollari. Quando nel 2018 si sgonfiò, il totale si arrestò a 220, metà dei quali erano collegati esclusivamente al Bitcoin. Rispetto a quest’ultimo le due divise Ethereum e Ripple rappresentano un ulteriore passo in avanti nella tecnologia e nel loro funzionamento.
La prima in realtà è il nome del sistema collegato a una valuta chiamata Ether, un network all’interno del quale poter creare persino contratti definiti intelligenti (smart contract) considerati denaro digitale a tutti gli effetti. Ripple invece non è solo una criptovaluta, bensì un protocollo internet open source che funziona come un network di pagamenti, all’interno del quale effettuare transazioni mediante una valuta che porta lo stesso nome.
Criptovalute: la tecnologia blockchain
La sicurezza delle criptovalute è garantita da un sistema di protezione chiamato blockchain (letteralmente catena di blocchi): un registro digitale e condiviso di dati codificati che contiene le informazioni in ordine cronologico relative a ogni singola unità di criptovaluta esistente, nonché i trasferimenti che questa ha subito dal portafoglio di un utente a quello di un altro. I portafogli digitali disponibili per le criptovalute sono in totale cinque e si suddividono in portafogli per desktop, per dispositivi mobili o portafogli online, hardware o con supporto cartaceo.
Il protocollo che codifica i dati delle criptovalute è praticamente inviolabile, e questo di per sé garantisce la loro correttezza e validità. Ogni singola unità non è dunque altro che una serie numerica concatenata secondo uno specifico codice sorgente e organizzata sotto forma di una catena di blocchi di bit. Chiunque possieda la singola unità, possiede anche questa serie numerica, salvata per così dire su un indirizzo web che gli permette di effettuare le transazioni.
Qualsiasi tentativo di alterare i dati di ogni singola unità di criptovaluta blocca automaticamente i collegamenti tra i blocchi della catena, permettendo così di identificare, per così dire, l’intruso e segnalarlo come fraudolento dai server della rete. Il processo e l’insieme di calcoli complessi che permette di creare una blockchain, mediante il controllo delle transazioni effettuate e l’aggiunta di nuovi blocchi, è detto mining e, in gergo tecnico, si dice che i blocchi vengono minati. Vediamo come.
Minare le criptovalute
All’interno della rete esistono alcuni computer detti miners (minatori) che garantiscono che il processo di creazione della criptovaluta attraverso la blockchain sia svolto correttamente. Tramite calcoli davvero complessi, i miners sono dunque in grado di creare i nuovi blocchi della catena dei dati, selezionando le ultime transazioni effettuate, dette da revisionare, per verificare l’effettiva disponibilità di fondi al fine di completarle.
I dati vengono così controllati e confrontati con la cronologia delle transazioni precedenti, già presenti all’interno della blockchain. Una volta eseguito il controllo, i miners procedono a una seconda verifica, per verificare che il mittente della transazione abbia effettivamente trasferito i fondi necessari attraverso la sua chiave privata.
Una criptovaluta ha però un limite massimo di pezzi ‘minabili’ (o coniabili). Il Bitcoin ad esempio può arrivare massimo a 21 milioni di pezzi. Man mano che si avvicina il limite massimo minare nuovi pezzi diventerà sempre più complesso e più dispendioso in termini di risorse hardware, perché più complessi diventano i calcoli che il sistema deve effettuare per completare la nuova blockchain.
Criptovalute: ambiguità e possibilità
Il mondo delle criptovalute è sicuramente esaltante e rivoluzionario, soprattutto per le possibilità che questi nuovi soldi virtuali possono offrire in termini di investimenti, di trading, di acquisti online. Al tempo stesso però, essendo nate senza alcun tipo di controllo, spesso le criptovalute vengono investite anche per scopi oscuri nel mercato nero e illegale presente sul Deep Web, come la compravendita di armi se non addirittura peggio, in quanto esse garantiscono che la transazione avviene in forma completamente anonima.
Mittente e destinatario infatti non hanno nome e cognome, ma tutto ciò che compare all’esterno è solo una serie di numeri. Affinché vengano considerate davvero una valida alternativa nei mercati internazionali a fianco delle valute tradizionali dovranno abbandonare sicuramente la loro decentralizzazione e accettare regolamenti e controlli sul loro utilizzo. Ottimizzare dunque e forse persino limitare o ridurre alcune loro funzioni, al fine di evitare che vengano utilizzate per scopi illegali. La loro popolarità ha acceso un fortissimo dibattito, tuttora in corso