Spread BTP ai minimi da tre anni: effetto Bce, Manovra e agenzie di rating

Lo Spread ha riaperto oggi a 117 punti, ai minimi dal periodo dell'insediamento del Governo Draghi, dopo i giudizi delle agenzie di rating e il taglio dei tassi della BCE

Pubblicato: 21 Ottobre 2024 09:32

QuiFinanza

Redazione

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Lo Spread italiano è caduto ai minimi da tre anni, mentre proseguono gli acquisti di BTP, facendo scendere il relativo rendimento. E’ l’effetto del riconoscimento della maggiore credibilità del Paese, sancita dai giudizi delle agenzie di rating, in risposta ad un mix di fattori che hanno a che vedere con la politica economica, l’andamento dell’economia e dell’inflazione e la strategia della Bce.

Spread ai minimi dal periodo “Draghi”

Lo Spread ha riaperto oggi a 117 punti, il livello più basso dal 2021, periodo dell’insediamento del Governo di Mario Draghi. In quel periodo, la credibilità dell’Italia, guidata dall’ex governatore della Banca d’Italia e ex Presidente della Bce, era schizzata alle stelle e lo Spread si era portato attorno ai 120 punti, livello che ora è stato bucato al ribasso.

Ma è ancora più eclatante il calo registrato dal differenziale fra il rendimento dei BTP e del Bund tedesco se si prendo a riferimento altri due periodi clou: l’insediamento del Governo Meloni e la prima manovra totalmente a forma Giorgetti. Nel settembre 2022, in seguito alla vittoria della coalizione di centro-destra ed all‘incarico di Giorgia Meloni come Premier, lo Spread era lievitato a 250 punti, livello rispetto al quale si è ora dimezzato, perdendo circa il 52%. Se poi si considera ottobre 2023, periodo in cui il Governo Meloni era alle prese con la sua prima vera Manovra (quella del 2022 era pressoché obbligata e dominata dal tesoretto accumulato dal Governo Draghi), si nota che lo Spread ha ceduto circa il 43% rispetto ai 210 punti di allora.

Parallelamente, il rendimento del BTP è sceso al 3,36% e si confronta con il 2,18% del Bund tedesco, con il 2,87% del Bono spagnolo e con il 2,90% delll’OAT francese. Un rendimento che ha registrato un progressivo miglioramento e che testimonia la maggiore credibilità del nostro Paese a livello internazionale e la ritrovata appetibilità dei nostri titoli di Stato.

Ma quali fattori hanno prodotto questo risultato?

L’economia e l’inflazione

La scorsa settimana sono arrivati i dati dell‘inflazione in Eurozona, confermando un netto rallentamento della crescita dei prezzi dal 2,2% di agosto all’1,7% di settembre, dato rivisto anche al ribasso rispetto alol’1,8% preliminare. Anche la Bce ha confermato che la deflazione è “ben avviata” e che ormai la tendenza della crescita del prezzi è sotto controllo e punta dritta al target del 2% nel corso del 2025 (non nella seconda metà come precedentemente atteso).

L’inflazione italiana è addirittura più bassa di quella europea, attestandosi allo 0,7% molto lontano dal target dell’Eurotower, a fronte di una crescita che non è fra le peggiori del Blocco e resiste attorno allo 0,8% (poco sotto l’1% atteso dal modello previsionale del MEF).

La strategia della Bce

Il rallentamento dell’inflazione, ovviamente, ha già avuto riflesso sulla politica monetaria della Bce ed ancora ne avrà l’anno prossimo, quando presumibilmente l’inflazione si riporterà in linea con il target del 2%. I tassi sui depositi sono stati tagliati al 3,25% (quello repo al 3,40%) e già si attende un altro taglio di 25 punti nel mese di dicembre. Entro l’anno prossimo i tassi sono attesi attorno al 2%, la soglia di neutralità, e potranno dunque esserci altri quattro tagli da 25 punti nel corso del 2025.

La Presidente Lagarde, nella conferenza stampa della scorsa settimana, non ha voluto fare promesse, ribadendo un approccio legato ai dati e riunione per riunione, ma dalle sue parole hanno tradito un certo ottimismo circa le dinamiche di inflazione, che si tradisce in una strategia più dovish della politica monetaria.

Manovra e nuovo patto di Stabilità

A sostenere la credibilità del Paese è anche la politica economica “prudente e responsabile” più volte ribadita dalla Premier Giorgia Meloni e dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che hanno più volte confermato di voler mettere il deficit ed il debito sulla traiettoria discendente prevista dal nuovo Patto di stabilità, consentendo all’Italia di uscire dalla proceduta per deficit eccessivo nel 2026.

Per questo il governo ha a punto “con pochissime risorse” ed con un modesto margine di manovra una Legge di bilancio che non aumenta le tasse e tenta di proseguire sulla strada del sostegno a famiglie ed imprese e della semplificazione fiscale. Una Manovra che evidentemente il mercato ha apprezzato, spingendo al ribasso lo Spread ed il rendimento del BTP, ancor prima dell’atteso giudizio delle agenzie di rating.

La promozione delle agenzie di rating

La settimana si è chiusa con un grande risultato: l’agenzia d rating Fitch ha promosso l’Italia, migliorando l’outlook sul rating a “positivo” da “stabile” e confermando il rating BBB. Anche per S&P il merito di credito dell’Italia resta BBB con outlook stabile. Entrambe le agenzie hanno fatto cenno alla “politica fiscale credibile” ed alla “situazione politica stabile” di questo Governo.

S&P ha addirittura parlato di prospettive di crescita “rosee” per il bel Paese, prevedendo una crescita in media all’1% nel biennio 2024-2025, molto lontana dallo “zero virgola” del decennio precedente.

Fitch invece ha sottolineato che il miglioramento dell’outlook a positivo fa riferimento al miglioramento del quadro fiscale ed alla compliance con le politiche di bilancio della Ue.

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