Disparità di genere nell’economia, le cause e i costi: i Paesi peggiori

La disparità di genere nell'economia appiattisce la crescita e l'innovazione globale. Secondo il report siamo indietro di 134 anni

Pubblicato: 8 Luglio 2024 09:52

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Il tema della disparità di genere rappresenta, per i femminismi storici e attuali, una chiave di lettura dei complessi fenomeni della storia dell’umanità, non limitandosi solo all’area occidentale. Tra questi fenomeni, la nascita del capitalismo è vista, da alcune teorie femministe, come il proseguimento logico e in ambito economico del “patriarcato”. Per questo motivo, le teoriche economiste e femministe spesso associano i due termini, sostenendo che la disparità di genere nell’economia indica sia la natura patriarcale del capitalismo, sia le conseguenze del patriarcato sull’economia.

È logico quindi domandarsi, proseguendo su questa analisi, quanto ci costa la disparità di genere nell’economia. Una risposta, come ogni anno, la fornisce il Global Gender Gap Report.

Cosa mostra il rapporto più recente sull’uguaglianza di genere a livello globale?

Secondo il Global Gender Gap 2024, ci vorranno ancora 134 anni per chiudere il divario di genere. In campo economico, questo si manifesta in disparità salariali e conseguenti differenze negli assegni pensionistici (nel 2019, in UE, le pensioni delle donne sono state inferiori del 30% rispetto a quelle degli uomini) e nel fenomeno del “soffitto di cristallo” che limita l’accesso delle donne alle posizioni apicali.

Sono in miglioramento e danno buoni risultati, secondo il report, “salute e sopravvivenza” che ha chiuso il divario al 96% e a seguire “istruzione” con il 94.9%. La partecipazione economica invece ha visto una chiusura più debole, con il 60.5%, mentre la “partecipazione politica” rimane ancora indietro con solo il 22.5% del divario chiuso.

Rispetto al 2023, l’indice ha visto miglioramenti in tutte le dimensioni eccetto per l’istruzione, che ha registrato un leggero calo. Il report però è chiaro: la partecipazione economica e quella politica continuano a rappresentare le aree di maggiore criticità e necessità di intervento.

Quali sono i Paesi con più disparità di genere?

L’Italia, come abbiamo visto nell’analisi del report, si piazza all’87° posto con un punteggio complessivo di 70.3%. Un dato che rappresenta una leggera discesa rispetto al 2023, quando era classificata al 79° posto con un punteggio di 70.5%. L’Italia, a conti fatti da diverse agenzie internazionali, risulta essere il Paese OCSE con il divario di genere più ampio. Se si guarda ai dati relativi all’ambito lavorativo, per esempio, il divario di genere in Italia è il doppio rispetto al resto d’Europa.

Fonte: Global gender report 2024
Disparità di genere: andamento dei Paesi

Invece i Paesi con la maggiore disparità di genere nel settore economico sono:

La percentuale risulta così ampia a causa della bassa occupazione femminile e per via delle significative disparità retributive tra uomini e donne.

Quali sono le cause della disparità di genere?

Se volessimo fare un salto indietro alla base del sistema di disparità di genere a livello economico, nel piccolo della propria casa, basterebbe ricordare come in molti casi il gender pay gap inizia con la paghetta. Nel Regno Unito la paghetta delle bambine è inferiore del 20% a quella dei bambini, mentre negli Stati Uniti la paghetta dei figli maschi è il doppio di quella delle figlie femmine. La disparità di genere nell’economia non tende a diminuire con l’età, anzi al contrario cresce in maniera esponenziale.

Il fattore determinante è l’abitudine con la quale alle ragazze e poi alle donne è stato insegnato a ricevere meno. Secondo Azzurra Rinaldi, economista e femminista, è più frequente che i ragazzi ricevano pagamenti in contanti regolari, mentre i genitori acquistino per le figlie femmine ciò che loro desiderano. L’approccio al denaro è quindi completamente differente: ai ragazzi è permesso di imparare a gestirlo in prima persona, mentre le ragazze vengono educate a chiedere e poi a ottenere ciò che vogliono. Secondo l’economista questo approccio si trascina per il resto della vita e nelle donne si manifesta come un’abitudine e non si accorgono più del meccanismo di disparità. Nel libro “Le signore non parlano di soldi” di Azzurra Rinaldi, sono raccolti diversi dati rispetto alle donne e la loro gestione dei loro soldi. A partire, come riportato dalla Banca mondiale, dal non essere titolare di un conto corrente: solo il 58% delle donne lo possiede. Il problema, ipotizza Rinaldi, è prima di tutto culturale: “Le donne vengono educate a non parlare di denaro e questo ha vari ripercussioni sulla loro vita, una volta diventata adulte”.

La disparità di genere nell’economia comporta anche una disparità di genere nel rapporto di potere nelle relazioni. Nel Sud Italia il 46% delle donne dipende economicamente dal partner, in una condizione che secondo l’Istat è comune in Italia per il 40% delle donne tra i 25 e i 64 anni. L’assenza di un‘autonomia economica e finanziaria ha gravi conseguenze anche sull’indipendenza affettiva ed è uno degli scalini della piramide della violenza di genere che ha alla base le molestie verbali, nel mezzo la dipendenza economica e nella punta la violenza fisica (è cresciuta quella sul posto di lavoro) e il femminicidio. Insomma, come diceva l’economista Ada Heather-Biggs nel 1894, ancora oggi il problema sembra essere il patriarcato.

Quali sono i fattori che influiscono sulla disparità di genere nel mondo del lavoro?

Passando al concreto, i fattori che influiscono sulla disparità di genere nel mondo del lavoro sono ben ricostruiti. Diverse analisi e studi condotti nel tempo hanno ormai cementificato delle conoscenze. Sappiamo per certo che la disparità nella partecipazione della forza lavoro tra donne e uomini, che in alcuni casi è piuttosto ampia, è dovuta in particolar modo al peso del lavoro di cura affidato alle donne (peso aumentato durante la pandemia di Covid-19, che ha portato a una maggior perdita di lavoro femminile come visibile nel grafico). Si tratta di un lavoro non retribuito e che occupa molto tempo, tempo che non può essere dedicato a un lavoro a tempo pieno.

Fonte: Global gender report 2024
Percentuale occupazione femminile negli anni

Nel caso in cui le donne riescono a entrare nel mondo del lavoro, spesso lo fanno affiancandolo al lavoro di cura. Tale sbilanciamento del tempo di lavoro di cura e lavoro retribuito porta le donne ad assumere incarichi part-time verticali od orizzontali, ma anche part-time involontario, lavori stagionali, precari e spesso in nero. Ciò comporta un inevitabile disparità di reddito e quindi a una minore possibilità di fare impresa (anche se le donne performano meglio, soprattutto in campo green), mettere da parte soldi e in futuro ricevere un’adeguata pensione.

In molti casi inoltre premono gli stereotipi di genere legati al mondo del lavoro. Anche se nel tempo si stanno disgregando, esiste ancora una certa “segregazione settoriale”. Le donne infatti sono sovra rappresentate in settori come la sanità e l’educazione, che rientrano non a caso in ambienti sottoscrivibili al concetto di cura, ma sono invece sottorappresentate in altri come tecnologia, energia, infrastrutture e politica.

Quali sono le conseguenze? 

In altre parole gli stereotipi di genere e i conseguenti bias di genere influiscono sul mondo del lavoro. Il Global Gender Gap Report mostra infatti come la disparità di genere in economia comporti una limitata crescita economica e riduce quindi la possibilità di aumentare il Pil globale pro capite. Inoltre il basso reddito delle donne comporta un aumento di vulnerabilità in caso di crisi economiche e ambientali, con conseguente peggioramento delle condizioni di vita.

La disparità di genere in ambito economico ha un costo per l’intera società. A partire da quello sanitario, fino a quello della dispersione dell’istruzione, sul quale ogni Paese investe per potersi rinnovare. Inoltre la disparità di genere nel mondo del lavoro ha un costo sul Pil. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’empowerment femminile, colmare il gender gap nell’occupazione potrebbe aumentare il Pil pro capite del 20%. Investire sulle donne e sulle loro capacità disperse potrebbe potenzialmente, come raccontato dal capo economista della Banca mondiale, raddoppiare il tasso di crescita globale del prossimo decennio.

Il problema è che le riforme non ci sono o puntano strategicamente altrove, come nel caso dell’Italia, dove si pensa a incentivare la maternità senza un adeguato supporto alla volontà e alla necessità lavorativa delle donne.

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