Turismo sanitario, Nord al collasso: un anno di cure costa 35mila euro

Il presidente dell'Emilia-Romagna Michele De Pascale ha avvertito che il sistema sanitario della Regione non riesce a reggere l'afflusso di pazienti da altre parti d'Italia

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Matteo Runchi

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Secondo i dati più recenti diffusi da Agenas, l’Emilia-Romagna è diventata la Regione italiana che accoglie il maggior numero di pazienti da altre zone del Paese. Ha superato, anche se di poco, la Lombardia. Insieme al Veneto, queste due Regioni si sobbarcano la quasi totalità della spesa per la mobilità sanitaria o turismo sanitario.

I pazienti provengono principalmente dal Sud, ma anche da altre regioni del Nord e del Centro. Il presidente dell’Emilia-Romagna, Michele De Pascale, ha avvertito che, se la tendenza dovesse proseguire anche nei prossimi anni, il sistema potrebbe non reggere.

Sanità al collasso in Emilia-Romagna: troppi pazienti da altre Regioni

Gli ospedali emiliani e romagnoli sono in crisi a causa dell’afflusso di persone da altre Regioni italiane. Il presidente De Pascale ha avvisato che il sistema potrebbe non reggere, non tanto a causa della mancanza di risorse, ma per l’impossibilità di trovare personale:

In questo momento il problema principale dell’Emilia-Romagna è il nostro storico motivo di orgoglio, e cioè l’enorme pressione di persone da fuori regione che si vengono a curare qui, intasando il sistema. Abbiamo avuto un trend di crescita fortissimo della mobilità da altre regioni dopo il Covid, ma non possiamo accrescere l’offerta all’infinito. Non è solo questione di risorse, che ci vengono rimborsate solo parzialmente: quello che manca è il personale.

Lo spostamento delle persone da una Regione all’altra per motivi di cure sanitarie si chiama in gergo mobilità sanitaria. Si divide in mobilità attiva, quando si ricevono pazienti, e mobilità passiva, quando invece i pazienti escono dai confini regionali. Si tratta di un fenomeno che ha aspetti positivi, premia ad esempio le eccellenze regionali in certi campi, ma se troppo accentuata rischia di creare seri problemi.

La spesa per la mobilità sanitaria in ogni Regione

Al momento soltanto tre Regioni italiane rappresentano la quasi totalità della spesa per gestire la mobilità attiva in eccesso a quella passiva in tutta Italia. L’Emilia-Romagna è la prima, ma la classifica recita:

  1. Emilia-Romagna, 387,2 milioni di euro di spesa in eccesso;
  2. Lombardia, 383,3 milioni di euro di spesa in eccesso;
  3. Veneto, 115,34 milioni di euro di spesa in eccesso.

Queste cifre si ottengono sottraendo alla spesa necessaria per gestire la mobilità attiva, quella risparmiata per via della mobilità passiva. Ci sono anche Regioni che guadagnano da questo fenomeno. Sono quelle da cui partono più pazienti:

  1. Campania, 211,3 milioni di euro di spesa risparmiati;
  2. Calabria, 191,9 milioni di euro di spesa risparmiati;
  3. Sicilia, 139,7 milioni di euro di spesa risparmiati;
  4. Puglia, 126,9 milioni di euro di spesa risparmiati.

Questo accade anche se le Regioni di partenza di chi si sposta per curarsi sono tenute a rimborsare quelle di arrivo. Spesso, denunciano infatti i presidenti di Lombardia ed Emilia-Romagna, questi rimborsi non bastano a coprire le spese.

I costi per i privati

Questi calcoli non tengono però conto dei costi che i privati si devono sobbarcare per potersi curare in un’altra regione. Vitto, alloggio, trasporti e a volte la necessità di un genitore di rinunciare al lavoro per seguire le cure di un figlio malato, come accade per esempio nei casi dei minori malati di tumore.

Il quotidiano Il Manifesto ha raccolto alcuni dati dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici in età pediatrica e adolescenziale, presentati in Parlamento a fine ottobre. In media, un anno di terapie fuori dalla propria regione può costare in media 35.000 euro, proprio a causa dei costi accessori non coperti dal Servizio sanitario nazionale.

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