Oms contro l’alcol vuole etichette sulle bottiglie, “causa tumore” come sulle sigarette

L’Oms spinge per etichette sanitarie obbligatorie su vino e liquori, avvisando del legame tra alcol e tumori. L’Irlanda ha già approvato la misura, mentre l’Italia si oppone

Pubblicato: 15 Febbraio 2025 12:43

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) vuole le etichette che avvisano del rischio tumorale sulle bottiglie e le lattine di alcol. Si torna così a discutere del legame tra consumo di alcol e tumore, ampiamente dimostrato da studi scientifici e che, puntualmente, viene banalizzato dai Paesi che hanno un importante giro di affari attraverso l’export o il consumo interno di alcolici.

L’Italia è uno di questi. Il ministro degli Esteri Tajani e la Coldiretti hanno criticato la posizione dell’Irlanda, ovvero il primo Paese in Ue a inserire le famose etichette sull’alcol. La mossa sanitaria è la stessa già provata con le sigarette: rendere più consapevoli i consumatori.

Cosa dice l’OMS sull’alcool? Servono avvisi

Per l’Oms la proposta è semplice: informare, anzi avvertire, dei rischi. Cancro e alcol sono legati, su questo non ci sono dubbi. Lo dicono gli studi scientifici, a partire dalla conferma del 1988 dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). La conclusione fu: l‘alcol è cancerogeno (anche se il Parlamento Ue ha dato ragione all’Italia). Da allora, però, non molto è cambiato e chi vuole bere un bicchiere di vino continua a farlo, anche con tale consapevolezza. Allora qual è il problema?

Nel tempo nuovi e più approfonditi studi hanno confermato il dato, ma hanno anche scoperto ulteriori legami tra il consumo e l’abuso di alcol e alcune tipologie di tumori piuttosto comuni. È il caso, per esempio, del tumore al seno. Tutte le nuove ricerche sono confluite in una dichiarazione congiunta di Iarc e Oms: “Non è possibile stabilire una quantità di alcol sicura per il consumo”.

Nasce così un problema burocratico ed economico. Conoscendo l’impatto di determinate malattie causate dall’alcol sul servizio sanitario, non ci sono chiari avvisi delle conseguenze del consumo per le persone. Kate Oldridge-Turner, responsabile delle politiche e degli affari pubblici dell’Oms, ha infatti ribadito come:

Le etichette di avvertenze sanitarie chiare e ben visibili aumentano la consapevolezza dei consumatori sui rischi associati al consumo di alcol e dovrebbero essere uno standard in Europa e nel mondo.

Negli Stati Uniti si inizia così a parlare di etichette sulle bottiglie per mettere in guardia i consumatori di alcol. Vivek Murthy, a capo della sanità statunitense fino a nuovo nome da definire, concorda sulla proposta dell’Oms. Nel Paese, infatti, l’alcol è una piaga ben nota, responsabile di circa 100mila casi di cancro, di cui 20mila decessi e 13.500 casi di incidenti autostradali ogni anno. L’idea è quella di aggiungere immagini e avvisi scritti come sui pacchetti delle sigarette.

Quanto è cancerogeno l’alcol?

Il senso di urgenza espresso dalle parole degli esperti è confermato dai dati. Secondo quanto riportato dall’ultimo rapporto dell’American Association for Cancer Research, l’impatto del consumo di alcol sull’incidenza dei tumori è pari al 5,4%.

Nello specifico, il consumo di vino, birra o liquori aumenta il rischio di cancro, come quello al seno (16,4% di questi è attribuibile all’alcol) e non solo. Ci sono almeno 7 tipi di tumori strettamente legati al consumo di bevande alcoliche:

Per sviluppare uno di questi tumori, secondo alcuni studi, basterebbe bere circa un drink al giorno.

Avvertenza chiara e diretta: l’esempio delle sigarette

Da qui la necessità di avere almeno un’etichetta di avviso per le conseguenze del consumo, proprio come per le sigarette. Il proibizionismo non ha mai dato frutti, mentre la consapevolezza lascia il potere nelle mani dei consumatori, che possono autonomamente decidere cosa è meglio per loro.

Il precedente c’è eccome: il caso dei prodotti da tabacco. Nel 2009 sulle sigarette iniziarono a comparire gli avvisi sulle cause del fumo. I risultati della campagna per ridurre o smettere di fumare sono svariati, variano da Paese a Paese, ma anche in base all’età e al genere del fumatore. Secondo uno studio statunitense, commentato da John Pierce, un esperto di salute pubblica, le grafiche sui pacchetti non hanno avuto alcun effetto sul consumo.

Secondo questo, l’unica conseguenza diretta è stato il nascondere di fumare o nascondere il pacchetto di sigarette perché le immagini scelte risultavano troppo esplicite ed erano motivo di vergogna.

E in Italia? Nel Bel Paese il consumo di tabacco è alto: secondo i dati Istat coinvolge circa il 19% della popolazione totale. In numeri corrisponde a circa 10 milioni di fumatori, con dati che partono dai consumatori giovanissimi per età pari o superiore a 14 anni. Nel 2021 il fumo di tabacco era più diffuso tra i 25 e i 44 anni, circa 1 persona su 4. Nel 2023 lo studio condotto da Istat ha mostrato un aumento leggero, con il 19,3% della popolazione che consuma quotidianamente prodotti da fumo.

Nel complesso, però, da quando è iniziata la registrazione dei dati, negli anni si è assistito a una diminuzione a livello nazionale (dal 25% al 19% circa) e regionale. Il trend vede una costante diminuzione del consumo di tabacco tra i fumatori, mentre tra le donne i dati sono in crescita.

Al netto di questi dati, è giusto ricordare che ogni anno circa 90mila decessi (su un totale di 630mila) sono attribuiti al tabacco. In costi, per la sanità, si parla di oltre 26 miliardi di euro. Oltre ai tumori sopra elencati, il consumo di tabacco in Italia è la principale causa di patologie quali:

Etichetta sull’alcol: il “duro” colpo all’export italiano

Alle prime notizie di etichette sulle bottiglie, si è iniziato a parlare di “danno all’economia italiana”. Mentre l’Irlanda (ma anche il Canada) inizieranno nei prossimi anni a inserire avvisi di prevenzione, in Italia si pratica l’attacco alle decisioni estere. Il primo a opporsi è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha criticato la legge irlandese definendola “un attacco alla dieta mediterranea”. Anche Coldiretti, che difende le attività del settore agricolo e alimentare, ha parlato di un precedente pericoloso, capace di “mettere a rischio le esportazioni di vino Made in Italy”.

Così, alla fine del 2022, ben 13 Paesi Ue si sono opposti alla proposta irlandese, etichettando gli avvisi sulle bottiglie come un rischio per il libero commercio. Il tema, non nuovo, è quello della demonizzazione dell’alcol. Ma il punto non è l’immagine di un prodotto tipico di un Paese, quanto la salute pubblica. L’obiettivo non è limitare la scelta, ma inserire avvisi come:

Queste sono le scritte che l’Irlanda potrà utilizzare, secondo regolamento. Si tratta di avvisi simili a quelli utilizzati dal Canada nel 2017, quando è stato testato l’impatto che le etichette avrebbero avuto sui prodotti alcolici. Il risultato è stato una riduzione del consumo di alcol, con vendite diminuite del 7% per diversi mesi.

Rimostranze giuste da parte dell’Italia? Il fatturato del solo vino italiano è di 14 miliardi di euro (metà del valore derivante dalla vendita all’estero), ma è bene anche sapere che ogni anno il costo del consumo di alcol per la sanità pubblica è di oltre 26 miliardi di euro. Resta difficile, al momento, credere che la richiesta dell’Oms sarà presa in considerazione da chi, già nel 2022, ha criticato la scelta di altri Paesi.

© Italiaonline S.p.A. 2025Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963