La discussione sulla cannabis light porta inevitabilmente a ragionare anche su quanto sta accadendo sul fronte dell’impiego terapeutico delle sostanze attive di origine vegetale a base di cannabis.
Perché se da un lato nel 2023 si è assistito per la prima volta ad un calo di importazioni totali e di distribuzione da parte dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, dall’altro è aumentata la vendita nelle farmacie.
A segnalarlo sono i dati resi noti dal Ministero della Salute che per il 2023 indicano un consumo totale di 1.453 chilogrammi contro i 1.560 del 2022. Nel frattempo, sempre ricordando che stiamo parlando di indicazioni per uso medico, proviamo a vedere quando e come possono essere utili in terapia le sostanze attive contenute nella cannabis.
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Da quando si usa la cannabis per uso medico
Prescindendo dalle specialità prodotte dal sito di Firenze e considerando l’impiego globale di cannabis ad uso medico sul territorio nazionale, sostanzialmente è da poco più di dieci anni che la prescrizione è libera.
Solo nel gennaio 2013 infatti è stato dato semaforo verde al decreto ministeriale che ha autorizzato la prescrizione di prodotti a base di cannabis da parte di medici e veterinari. Questo non significa che si sia già raggiunta un’uniformità sul territorio, visto che, seppur sempre più raramente, si segnalano problemi legati a carenza di approvvigionamento che si ripetono, oltre ad una gestione diversa della problematica da parte delle varie Regioni.
Attenzione, ricordiamo che fin dalla seconda metà della prima decade del nuovo secolo è stata data al medico l’opportunità di prescrivere preparazioni magistrali contenenti principi attivi o sostanze vegetali a base di cannabis. In seguito, poi, si sono aggiunti anche veri e propri farmaci.
Quando si può prescrivere la cannabis ad uso medico
Riprendendo quanto si riporta sui siti istituzionali, per avere una possibile lista delle indicazioni per la cannabis ad uso medico in Italia ci si può riferire al Decreto Ministeriale sul tema del novembre 2015. Ecco alcune indicazioni che ne derivano.
Sostanzialmente l’uso terapeutico dei principi attivi contenuti nella cannabis si lega al trattamento del dolore cronico, anche associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale. Allo stesso modo, in casi estremamente selezionati, può essere impiegata anche in forme particolarmente serio di dolore legato a malattie reumatologiche. In certi casi può esserci l’indicazione all’impiego anche per il controllo di nausea e vomito incoercibili dopo chemioterapie e radioterapia, oltre che per altre malattie croniche.
Sempre per questo tipologie di soggetti, qualora il medico lo ritenga utile, il trattamento può aiutare per stimolare l’appetito e contrastare l’anoressia.
Infine, ci sono indicazioni specifiche per un eventuale approccio con cannabis e derivati nel glaucoma, patologia oculare che può portare se non scoperta per tempo a “rubare” progressivamente la vista, per l’azione di calo della pressione intraoculare legata alla cannabis.
L’azione anti-spasmi muscolari appare invece alla base del possibile impiego di derivati della cannabis nelle forme più gravi di sindrome di Gilles de la Tourette, caratterizzata da tic multipli e movimenti (soprattutto del volto) spesso incontrollabili.
Sia chiaro: la prescrizione di approcci di questo tipo è indicata quando le terapie convenzionali o standard vengono considerate non efficaci.
Come si assume e quali sono i possibili effetti collaterali
L’assunzione viene indicata dal medico, sia per dosaggio che per posologia e modalità di somministrazione. In genere si può procedere con la somministrazione per bocca oppure attraverso inalazione attraverso vaporizzatori. Le indicazioni segnalano l’importanza di partire sempre con dosaggi bassi perché occorre valutare quanto e come il/la paziente risponde alla terapia.
Non solo. Oltre a prescrivere la via di somministrazione, il curante dovrà offrire una serie di indicazioni sulle modalità di preparazione del decotto e dell’acqua necessaria per prepararlo al meglio.
Sul fronte degli effetti collaterali, il rapporto medico-paziente è fondamentale per gestire al meglio la situazione, anche perché l’aderenza alla terapia e alle indicazioni è fondamentale per poterne valutare realmente gli effetti. Il tutto, senza dimenticare i possibili effetti indesiderati della cura, che vanno sempre prevenuti e monitorati, anche e soprattutto in chi presenta componenti psicologiche di fragilità particolari.