Manovra in Parlamento, al via “l’assalto alla diligenza”, da fisco a sanità cosa può cambiare

Arriva in Parlamento la Manovra finanziaria e comincia il cosiddetto "assalto alla diligenza" di partiti e sindacati

Pubblicato: 25 Ottobre 2024 12:08

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

La Manovra finanziaria è approdata in Parlamento dopo la firma del Presidente della Repubblica. Presto comincerà quindi quello che in gergo politico viene chiamato “l’assalto alla diligenza“, vale a dire una serie di emendamenti, sia dall’opposizione che dalla stessa maggioranza di Governo, per modificare alcune parti della legge di bilancio a seconda dei gruppi di interesse che faranno pressione.

Alcune categorie hanno già annunciato scioperi per protestare contro la presenza, o l’assenza, di determinati interventi, come accade per i medici o per gli insegnanti. Molte le associazioni di categoria che hanno mostrato insoddisfazione per tasse o tagli presenti all’interno della Manovra. All’interno della stessa maggioranza inoltre, alcuni partiti vogliono cercare di far approvare norme a cui il proprio elettorato tiene particolarmente.

Cominciato l’assalto alla diligenza, chi sono gli scontenti

Con 114 articoli e più di 30 miliardi spostati nel bilancio dello Stato, la Manovra finanziaria arriva in Parlamento per essere discussa. Il testo presentato dal Governo e firmato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non accontenta però tutti e si prevede quello che in gergo politico viene chiamato “l’assalto alla diligenza”. Tutte le parti interessate dalle misure presenti nella legge di bilancio proveranno a cambiare un articolo in proprio favore.

Diverse le misure che hanno scontentato le associazioni di categoria, a partire dalla “Rideterminazione delle quote di spettanza delle aziende farmaceutiche e dei grossisti e sostegno ai distributori farmaceutici” che farà diminuire i ricavi di diverse aziende farmaceutiche. Ad essere colpite in questo caso sarebbero soprattutto le aziende che producono farmaci equivalenti.

Anche i rappresentanti delle aziende dell’edilizia hanno protestato per la mancanza di una norma che proroghi i sostegni contro gli aumenti dei materiali. La norma, introdotta per contrastare l’inflazione causata sia dalle tensioni internazionali che dalla domanda anomala prodotta dai cantieri del Superbonus 110%, è ritenuta fondamentale dai costruttori per non mettere a rischio di interruzione i cantieri delle infrastrutture finanziate con il Pnrr.

Il Governo ha inoltre esteso a tutte le aziende del settore web l’imposta sui servizi digitali, che prima era limitata alle imprese che fatturavano più di 750 milioni di euro all’anno a livello globale di cui 5,5 milioni provenienti dal mercato italiano. Delusa la Fieg, Federazione degli Editori di Giornali, che ha commentato: “Stupore e amarezza per la norma del disegno di legge di Bilancio che estende l’imposta sui servizi digitali a tutte le imprese che realizzano ricavi derivanti da servizi digitali rimuovendo le attuali soglie che escludono dall’imposta le imprese con meno di 750 milioni di fatturato globale e con ricavi derivanti da servizi digitali in Italia inferiori a 5,5 milioni.”

Scioperi di sanità e scuola contro la Manovra

I fondi per la sanità nella Manovra finanziaria del 2025 saranno molto minori rispetto a quanto annunciato dal Governo Meloni dopo l’approvazione del testo in Consiglio dei ministri. Nel testo della legge non sono state incluse infatti le 30mila assunzioni promesse nel settore e gli aumenti di stipendio a medici e infermieri per il prossimo anno saranno molto minori di quanto i lavoratori si aspettassero.

Questo ha portato i rappresentanti sindacali delle categorie a minacciare uno sciopero contro le decisioni del Governo nella legge di bilancio. La data prevista per la mobilitazione quindi il parlamento avrà quasi un mese per modificare il testo in modo da destinare maggiori risorse alla sanità. Da diversi anni l’intero settore soffre di una grave mancanza di personale, dovuta sia al gran numero di medici e infermieri che hanno raggiunto l’età della pensione, sia all’offerta economica inadeguata da parte della sanità pubblica in particolare per specializzazioni come la medicina d’urgenza.

Anche i lavoratori della scuola sono pronti a scendere in sciopero. Le misure che non piacciono ai sindacati sono la riduzione del turnover per l’Università e la Ricerca, prevista del 5%, e il taglio di 5660 docenti e 2174 lavoratori Ata a livello nazionale, frutto dei tagli lineari imposti dal ministero dell’Economia a tutti gli altri dicasteri in mancanza di un piano strutturato di riduzione delle spese, chiesto con largo anticipo sulla legge di bilancio dal ministro Giorgetti ma mai presentato dai suoi colleghi.

“Una manovra finanziata con i tagli a tutti i settori della conoscenza. Nessuna risorsa aggiuntiva sul contratto, a fronte di un’inflazione al 18% che nell’ultimo triennio ha eroso il potere d’acquisto dei salari, ma solo tagli lineari. Tagli che vanno ad aggiungersi alle emergenze della scuola, tra cui il precariato: un lavoratore su quattro fra Ata e docenti non ha un contratto stabile con grosso danno per la didattica oltre che alle vite di lavoratrici e lavoratori” ha commentato il sindacato Flc Cgil. Lo sciopero dovrebbe tenersi il 31 ottobre con manifestazioni in 40 città.

Scontento anche nella maggioranza: la Lega punta alla flat tax

Anche all’interno della stessa maggioranza ci sono però questioni in sospeso per quanto riguarda il contenuto della Manovra finanziaria. La Lega spera che un’adesione ampia al concordato preventivo permetta di liberare le risorse per mantenere la promessa elettorale di espandere i beneficiari della flat tax fino a un fatturato di 100mila euro all’anno, rispetto agli attuali 85mila. Sul fisco però anche Forza Italia avrebbe alcune rimostranze, e proporrebbe di aumentare, in caso di un eccesso di risorse, il limite massimo del secondo scaglione Irpef da 50mila a 60mila euro.

Sempre Forza Italia starebbe premendo per ripensare la perequazione delle pensioni, in particolare di quelle minime. Dopo annunci di aumenti significativi infatti, il trattamento previdenziali che spetta a chi non ha versato abbastanza contributi sarà aumentato della stessa percentuale di tutti gli altri assegni, con il risultato di una crescita netta di solo 3 euro ogni mese.

Le pensioni non hanno subito particolari modifiche all’interno della Manovra finanziaria per il 2025. Rimarranno infatti in vigore le opzioni di flessibilità valide per il 2024, quindi Opzione Donna, Ape Sociale e Quota 103. Le perequazioni all’inflazione per gli assegni più alti non saranno tagliate e questo ha comportato una spesa maggiore del previsto per lo Stato, costringendo tra l’altro a non aumentare ulteriormente le pensioni minime. Una scelta però obbligata, dato che sui tagli alle rivalutazioni per gli effetti dell’inflazione degli scorsi anni incombono alcune sentenze delle Corti dei Conti di Lazio e Toscana, su cui si dovrà pronunciare la Cassazione.

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