Dopo il botta e risposta tra Israele e Hezbollah, il capo delle nazioni unite Antonio Guterres ha fatto appello per una “de-escalation immediata”.
Sul fronte diplomatico, i negoziati al Cairo per una tregua a Gaza restano bloccati, complicati dalle nuove condizioni imposte da Netanyahu. Hamas ha respinto le nuove condizioni israeliane nei colloqui di cessate il fuoco in Egitto e ha insistito sul fatto che Israele sia vincolato dai termini di una proposta presentata dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Israele prende l’iniziativa, attacco a tutto campo
Nella notte tra il 25 e il 26 agosto 2024, dopo una giornata di intensi scontri tra Israele e Hezbollah, la situazione è rimasta tesa, con nuovi attacchi e risposte da entrambe le parti. Israele ha continuato i suoi raid aerei in Libano, colpendo diverse postazioni di Hezbollah nel sud del Paese, inclusi lanciarazzi e basi militari. Nel frattempo, Hezbollah ha proseguito con il lancio di razzi e droni verso il nord di Israele, in particolare verso obiettivi militari.
Israele ha attaccato in risposta a un previsto lancio massiccio di missili da parte di Hezbollah, con l’obiettivo di prevenire un’offensiva su larga scala. Nella notte, entrambi i lati hanno continuato a colpire obiettivi militari senza coinvolgere direttamente aree civili. La situazione ha visto un’escalation ma senza che si innescasse una guerra totale, mentre si attendevano ulteriori sviluppi diplomatici o militari.
C’è poi l’indiscrezione pubblicata dal New York Times, che racconta di come i servizi segreti israeliani avessero scoperto in anticipo l’orario previsto per un attacco nemico. Una soffiata che ha permesso di colpire per primi.
Cosa potrebbe accadere: l’Iran prepara una risposta calcolata all’assassinio del leader di Hamas
L’Iran ha dichiarato che la sua risposta all’uccisione del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran, sarà “precisa e calcolata”. Abbas Araghchi, il ministro degli Esteri iraniano, ha promesso una reazione ferma all’attacco israeliano, dicendo però che Teheran non cerca una escalation, ma non la teme nemmeno.
Araghchi ha espresso questa posizione in una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. Durante il colloquio, Araghchi ha ribadito che la ritorsione sarà misurata, senza però specificare i dettagli delle azioni pianificate. Tajani, dal canto suo, ha ribadito l’importanza del dialogo per evitare che la situazione degeneri ulteriormente, mantenendo una linea diplomatica.
Ma dove sono andate a finire le promesse di una tregua?
Mentre i missili continuano a volare, i negoziati per un cessate il fuoco a Gaza sembrano sempre più lontani. Al Cairo, si stanno tenendo delicati colloqui per cercare di garantire almeno 72 ore di tregua, ma le difficoltà sono evidenti. Netanyahu, il primo ministro israeliano, viene accusato di ostacolare il raggiungimento di un accordo introducendo nuove condizioni ogni volta che si avvicina un possibile compromesso.
Secondo Rami Khouri, studioso e analista dell’Università Americana di Beirut, questo atteggiamento riflette una strategia ben precisa: “Netanyahu continua a inserire nuove richieste come tattica per guadagnare tempo”. Khouri dice che sia Hezbollah che Hamas hanno ormai capito che i processi diplomatici in corso, spesso guidati dagli stessi attori che sostengono Israele militarmente, non possono portare a una vera pace. “Non puoi essere un mediatore credibile se sei anche uno dei principali fautori del conflitto”, ha aggiunto Khouri, riferendosi agli Stati Uniti, che provano a mediare ma nel frattempo continuano a dare armi a Israele.