Pensioni, novità su età e quote: come cambieranno dopo le elezioni

Le proposte dei vari partiti politici promettono una rivoluzione dell'impianto pensionistico. E vanno da Quota 41 alla pensione anticipata per le mamme lavoratrici

Pubblicato: 27 Agosto 2022 20:36

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Tra i vari dossier che il nuovo Governo, che si formerà sulle indicazioni del voto del 25 settembre, sarà chiamato a curare c’è sicuramente quello delle pensioni. Sul tema si sono espressi praticamente tutti i partiti, inanellando una serie di proposte e promesse che coinvolgono quote e limiti d’età.

Cosa accadrà dopo le elezioni, se non cambia nulla?

Dopo il suo insediamento, previsto per ottobre, l’Esecutivo dovrà mettersi al lavoro sbrigando prima le pratiche più urgenti. In assenza di interventi repentini sul tema previdenziale, a partire da gennaio 2023 si potrà andare in pensione “per vecchiaia” a 67 anni compiuti. La soglia è prevista dalla Legge Fornero, che nonostante gli anatemi e le iniziative di riforma non è stata mai abolita. Volta per volta, le istituzioni hanno piuttosto concesso ad alcune categorie in possesso di determinati requisiti contributivi di anticipare il ritiro dal lavoro. È il caso di Quota 100 e poi di Quota 102, che scadrà questo dicembre.

È però ancora possibile che qualcosa cambi. A seconda di chi vincerà le elezioni e di come saranno suddivisi i compiti all’interno del Governo, potrebbe prevalere una linea politica sull’altra. Ecco perché, nel frattempo, partiti e coalizioni hanno avanzato le loro proposte per quanto riguarda la previdenza sociale.

Da Quota 41 all’aumento delle minime: le promesse dei politici

Tali promesse dovranno però inevitabilmente fare i conti coi famigerati “vincoli di bilancio” e col fatto che gran parte delle risorse pubbliche dovranno essere destinate a famiglie e imprese per il contrasto del caro energia.

Le proposte del centrodestra

Il centrodestra è forse la coalizione che più di ogni altra fa leva sulla tematica pensionistica. Il primo punto del programma riguarda “l’innalzamento delle pensioni minime, sociali e di invalidità“. A livello quantitativo non c’è nulla di ufficiale nel documento sottoscritto da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi moderati. Tuttavia Silvio Berlusconi ha più volte dichiarato di voler portare a mille euro tutte le pensioni, comprese quelle delle casalinghe. Si tratta di una manovra dal costo pubblico potenziale che va dai 18 ai 31 miliardi di euro.

Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani, diretti da Carlo Cottarelli, i soggetti con reddito pensionistico fino al trattamento minimo (515,58 euro) sono circa il 13% (2,1 milioni) con un reddito medio lordo annuo pari a 3.791 euro; quelli con reddito pensionistico pari due volte il minimo (tra 515,59 e 1031,16 euro) erano il 24% (3,8 milioni) con un importo medio annuo di 9.608,92 euro».

Legge Fornero e Quota 41

Dal canto suo, Matteo Salvini ha confermato che la priorità della Lega è cancellare la Legge Fornero e arrivare a Quota 41, anche se neanche su questo punto si trova un riferimento nel programma ufficiale sottoscritto dal centrodestra. Nel documento si parla invece in maniera generica di “flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale”.

Il leader del Carroccio garantisce dunque agli italiani che potranno, un giorno, andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. “L’azzeramento della Legge Fornero fa bene a tutta l’Italia. Mandare in pensione chi lavora da 41 anni significa aprire quegli spazi di lavoro ai giovani che altrimenti vivono di precariato a vita”, ha affermato Salvini.

Le proposte del Pd: pensioni e quattordicesima

Dall’altro lato della barricata ideologica, il centrosinistra sembra puntare su altri cavalli. La lista “Italia Democratica e Progressista” capeggiata proprio dal Partito democratico propone infatti “una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dai 63 anni d’età, da realizzarsi nell’ambito dell’attuale regime contributivo e in coerenza con l’equilibrio di medio e lungo termine del sistema previdenziale”.

In particolare “è necessario consentire l’accesso alla pensione a condizioni più favorevoli a chi ha svolto lavori gravosi o usuranti o lavori di cura in ambito familiare, anche rendendo strutturali APE sociale (da estendere agli autonomi) e Opzione donna“. Quasi nulla di nuovo rispetto alle tradizionali proposte del PD, intenzionate a stravolgere il meno possibile gli strumenti statali già esistenti per permettere a chi svolge lavori particolarmente duri di andare in pensione prima.

Un altro punto del programma dem è l’introduzione “per le nuove generazioni” di “una pensione di garanzia, che garantisca fin da subito le risorse necessarie a garantire una pensione dignitosa a chi ha carriere lavorative discontinue e precarie”. Non solo: il Pd vuole inoltre aumentare “il valore e la platea dei beneficiari della quattordicesima per rafforzare la tutela dei pensionati e delle pensionate di fronte al carovita”.

La proposta M5S: pensione anticipata per mamme lavoratrici

Sul tema pensioni ha espresso la sua posizione anche il Movimento 5 Stelle. Innanzitutto va evitato “il ritorno alla legge Fornero attraverso l’ampliamento delle categorie dei lavori gravosi e usuranti e attraverso meccanismi di uscita flessibile dal lavoro”.

Per il partito di Giuseppe Conte è necessario predisporre inoltre una pensione di garanzia per i giovani, definita un “aiuto concreto a tutti quei giovani con carriere intermittenti che fanno fatica ad avere una pensione”. Il M5S si propone anche di incrementare le pensioni di invalidità per le persone con disabilità e di lanciare la “pensione anticipata per le mamme lavoratrici”.

Ma cosa vuol dire nel concreto? Si tratterebbe di una sorta di “bonus” per ogni figlio presente nel nucleo familiare, che permetterà alle mamme lavoratrici di uscire prima dal posto di lavoro.

La proposta “a sorpresa” del Terzo Polo

C’è infine la proposta avanzata dal cosiddetto Terzo Polo, formato da Azione e Italia Viva. Una proposta che viaggia decisamente in direzione opposta rispetto alle precedenti e “sostituisce” le garanzie sulle pensioni preferendo puntare sulle esigenze dei giovani. Nel concreto, la coalizione vuole evitare di fare promesse particolarmente onerose per le casse statali e pertanto non di sicura realizzazione.

Per questo il Terzo Polo intende stilare programmi specifici per incentivare “piani di previdenza complementare per gli under 35”. Nello specifico, per la fiscalità relativa alla previdenza complementare, si vuole eliminare la tassazione annua del 20% “durante la fase di maturazione”, favorendo così “l’accumulo di un montante contributivo più elevato”.

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