Superata Quota 100, è cruciale individuare una soluzione che possa adeguatamente supportare i lavoratori, sia precoci che non, nel loro percorso verso il pensionamento. Tra le varie proposte di riforma pensionistica in fase di valutazione da parte del Governo, si sta guadagnando terreno un’opzione che contempla la possibilità di accedere alla pensione a 62 anni, una volta raggiunto il limite minimo di anni contributivi.
La discussione su quale direzione prendere nel sistema pensionistico è sempre stata al centro dell’agenda politica e sociale di un paese, soprattutto in un contesto demografico in continua evoluzione. Il sistema pensionistico attuale deve affrontare sfide significative, tra cui l’invecchiamento della popolazione, l’allungamento dell’aspettativa di vita e la necessità di garantire un equilibrio finanziario sostenibile nel lungo periodo.
Quota 100, introdotta nel 2019, ha consentito ai lavoratori di accedere alla pensione anticipata se la somma tra età anagrafica e anni di contribuzione raggiungeva quota 100. Tuttavia, con l’evoluzione del contesto economico e demografico, sono emerse esigenze di revisione e adattamento del sistema.
L’opzione attualmente al vaglio del Governo prevede che i lavoratori possano andare in pensione a 62 anni, una volta raggiunto il limite minimo di anni contributivi. Questa proposta, se approvata, potrebbe rappresentare una via intermedia tra il pensionamento anticipato e quello ordinario. Consentirebbe ai lavoratori di ritirarsi dal lavoro in un momento della loro vita in cui possono ancora godere di una buona salute e di una certa vitalità, mentre contribuirebbe anche a garantire la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico nel lungo periodo.
Pensioni, cosa prevede la riforma: i punti cardine
La nuova riforma pensionistica, che impedirebbe di tornare alla Riforma Fornero dopo Quota 100, è stata avanzata dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri al convegno “Cambiare le pensioni adesso”. Si tratta di un intervento ad ampio raggio che, di fatto, interverrebbe su più aspetti e che prevede:
- la possibilità di andare in pensione a 62 anni, su scelta del lavoratore, una volta raggiunti 41 anni di contributi;
- l’introduzione di una pensione di garanzia per giovani, lavoratori discontinui e/o con basse retribuzioni;
- maggiore tutela delle donne, tra le categorie più discriminate dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni;
- più attenzione per i lavori di cura, usuranti e gravosi;
- sostegno del reddito dei pensionati;
- rilancio della previdenza complementare.
Sono questi i punti cardine su cui i sindacati si ritroveranno a discutere insieme al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il quale si è detto pronto al confronto.
Pensione a 62 anni: come funziona e chi può
Sull’ipotesi di introdurre una nuova misura che consentirebbe di andare in pensione a 62 anni, al convegno è stato spiegato che questa rimarrebbe di fatto una scelta discrezionale. L’obiettivo, difatti, è quello di rendere più flessibile l’uscita dal lavoro, “permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età”.
Per questo motivo, è stato spiegato, andrebbero “sensibilmente ridotti i vincoli che nel sistema contributivo condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi minimi del trattamento, penalizzando in questo modo i redditi più bassi”. Da qui l’idea di “modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione”.