Sul tema pensioni, assente dal programma su cui Mario Draghi ha chiesto la fiducia alle Camere, per ora solo ipotesi e una certezza. Quota 100, la cui fase sperimentale durata tre anni terminerà a fine dicembre 2021, non verrà rinnovata. La riforma introdotta dal primo governo Conte sotto la spinta della Lega consente fino al 31 dicembre 2021 di andare in pensione anticipata a tutti i lavoratori che raggiungono almeno 62 anni d’età e 38 di contributi. Questo significa che, in vista di uno stop, è necessario studiare un’alternativa per i lavoratori che raggiunta la “Quota 100” si troveranno di fronte a uno scalone da 62 a 67 anni.
Sulla questione premono le parti sociali ma, come Draghi ben sa, le posizioni sulla previdenza, all’interno della maggioranza che sostiene il governo sono molto variegate e, in molti casi, distanti tra loro.
Occorre un nuovo piano
Se la fine di Quota 100 era già nel programma di Giuseppe Conte – che aveva sul tavolo l’ipotesi “Quota 102”, ovvero l’innalzamento a 64 anni dell’età minima per accedere al prepensionamento – nel giro dei prossimi mesi occorrerà mettere a punto un nuovo piano per la previdenza partendo dal presupposto che tutte le parti in causa concordano sul fatto che il primo gennaio 2022 bisognerà avere una soluzione intermedia tra Quota 100 e i 67 anni.
La necessità di superare Quota 100 è, infatti, ormai condivisa anche dalla Lega che teme però un ritorno alla legge Fornero. “Non pretendiamo la proroga della quota 100 anche se ci piacerebbe. Ma è evidente che non possiamo pensare che, in un momento come questo, si possa tornare alla legge Fornero: serve un sistema che garantisca la fuoriuscita dal lavoro anticipata e permetta ai giovani di entrare nel mondo del lavoro” ha commentato nei giorni scorsi il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. “A breve – gli ha fatto eco in un’intervista ad Affari italiani, il responsabile lavoro della Lega, Claudio Durigon – verrà tolto il divieto di licenziamento e quindi bisogna pensare a strumenti di riorganizzazione per gestire l’uscita dal mercato del lavoro. Non siamo innamorati delle sigle e delle formule, ma vanno studiate bene le norme per fronteggiare le ricadute dopo la fine dello stop ai licenziamenti. Va trovato un compromesso con le aziende perché, stando alle elaborazioni, rischiamo un milione e duecento mila licenziamenti, serve quindi uno strumento di flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro. Quota 100 non è nemmeno più sufficiente, costerebbe solo 400 milioni il rinnovo di un anno, ma una soluzione va comunque trovata”.
Le ipotesi
In tale scenario – come rileva un’analisi del Sole 24 ore – sono tre le ipotesi in campo a livello previdenziale: nuove soglie, coefficienti e un Testo unico. Se il governo avrà il sostegno della maggioranza – scrive il quotidiano – è possibile che si faccia largo la strada di una “vera riforma strutturale, da amalgamare alla legge Fornero, con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo al sistema pensionistico, rispondendo alle sollecitazioni dell’Europa, alle quali Draghi guarda con attenzione”.
La seconda via potrebbe essere quella di “agire su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione, rimanendo nel solco contributivo, per addolcire il più possibile l’impatto del ritorno secco dai pensionamenti agevolati voluti dal Conte 1 allo schema della legge del 2011”. Infine, la terza ipotesi, è quella di collocare l’intervento sulla previdenza all’interno della costruzione di un nuovo Welfare con un “nuovo Testo unico sulle pensioni che riguardi sia il primo pilastro, con l’introduzione anche di una pensione di garanzia per chi, nel contributivo puro, non potrà più contare su integrazioni al minimo, sia il secondo pilastro, con un adeguamento di tanti aspetti (a partire dai trattamenti fiscali) che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare”. I possibili interventi vanno dall’indicizzazione delle pensioni al nodo dei coefficienti di trasformazione da aggiornare, dalle nuove flessibilità in uscita sostenibili all’introduzione di opzioni di part-time e part-pension.