La mossa di far cadere il governo Draghi, insieme a Berlusconi e Giuseppe Conte, potrebbe costare a Matteo Salvini il ritorno all’odiata riforma Fornero in tema di pensoni. Il percorso riforma del sistema previdenziale, infatti, si blocca con lo scioglimento delle Camere insieme a diverse altre misure, e starà al prossimo esecutivo riannodare i fili del discorso. Ma i margini di manovra per il prossimo esecutivo saranno scarsi, e i tempi strettissimi. Così nel 2023, archiviata quota 102, si tornerebbe fatalmente alla Fornero.
Dal sistema contributivo non si torna indietro
Draghi ha ricordato la necessità della riforma anche nell’atto delle dimissioni da Presidente del Consiglio: “Serve una riforma pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo. Possiamo discutere di quota 101, 102 o anche 102,5; ma il percorso progressivo verso il sistema contributivo non cambia. Indietro non torniamo, perché il sistema previdenziale retributivo ha creato delle vulnerabilità che tutti anche all’estero ci rimproverano”.
Tempi stretti per il prossimo governo
Con le elezioni fissate a fine settembre ed un nuovo governo presumibilmente attivo dai primi di novembre, ci sarà davvero pochissimo tempo per trovare una nuova misura. Un’ipotesi praticabile potrebbe essere quella di prorogare temporaneamente Quota 102, a sua volta una sorta di proroga di Quota 100, strumento andato in pensione a fine 2021. Altrimenti, con la fine del regime transitorio di Quota 102, al 31 dicembre di quest’anno, dal 2023 torneremo alla Legge Fornero, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni e un’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne).
La necessità della riforma
Nel Rapporto annuale l’Inps sottolinea che, senza un intervento mirato, il sistema attuale porterà a un buco nelle casse di 92 miliardi di euro nel 2029. L’attuale struttura previdenziale è al collasso, non è sostenibile sul lungo termine. E la data di scadenza è alle porte. Il rapporto sottolinea come il patto intergenerazionale, in un periodo caratterizzato dal precariato e dalla diminuzione progressiva del tasso di fecondità, vada rivisto. Le pensioni del futuro non potranno essere pagate dai giovani con le attuali condizioni.
Le tre alternative alla legge Fornero proposte dall’Inps
Quota 102 si esaurirà alla fine del 2022. L’urgenza è ora capire come sostituire la misura che quest’anno ha preso il posto di Quota 100 per evitare il ritorno della legge Fornero in forma integrale. Il rapporto annuale dell’Inps ha stimato i costi per tre possibili interventi.
- Proposta del calcolo contributivo, che prevede l’uscita dal mercato del lavoro con 64 anni d’età e almeno 35 di contributi, a condizione di aver maturato un trattamento pari a 2,2 volte l’assegno sociale. Avrebbe un impatto di circa 900 milioni di euro il primo anno e 3,8 miliardi di euro nel 2029.
- Proposta dell’uscita anticipata, con 64 anni d’età e 35 di contributi, ma con una penalizzazione del 3% della pensione retributiva per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia. Avrebbe un impatto di circa 1 miliardo di euro il primo anno e di 5 miliardi di euro nel 2029.
- Proposta Tridico, con l’anticipo della sola quota contributiva della pensione a 63 anni di età e 20 anni di contributi, con recupero della fetta retributiva al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia. In quel caso l’impatto sarebbe di 500 milioni di euro il primo anno e di 2,5 miliardi nel 2029.
Tra le opzioni future c’è anche la discussa Quota 104. Ma ad oggi, tornando ai tempi strettissimi, la soluzione più probabile è proprio un ritorno organico alla Fornero.