Le sinergie, soprattutto in Europa, derivanti dalla fusione tra Fca (Fiat Chrysler Automobili) e Psa (Peugeot) in quella che oggi è Stellantis hanno portato, nel primo bilancio post integrazione, a un beneficio di cassa di 3,2 miliardi di euro dei 5 previsti dall’amministratore delegato del gruppo Carlos Tavares. Si tratta di quasi lo stesso ammontare che i vertici hanno deciso di destinare agli azionisti come dividendo per l’anno in corso: 3,3 miliardi di euro.
Il primo socio di Stellantis è al 14% la famiglia Agnelli tramite la holding Exor controllata dalla scatola societaria Giovanni Agnelli Bv. Un esercizio che Stellantis archivia in maniera soddisfacente considerando lo scenario macro complicato dal combinato disposto tra un mercato europeo zoppicante per le vendite complessive e dall’impatto che la penuria di semiconduttori a livello mondiale (i determinanti cervelloni delle auto) ha comportato sul numero di vetture prodotte tagliate per carenza di componenti.
I numeri da record, nonostante la crisi
Migliora l’utile netto di gruppo che è quasi triplicato nel 2021 ed è pari a 13,4 miliardi di euro, mentre i ricavi netti toccano i 152 miliardi, in aumento del 14% rispetto all’esercizio precedente. Il risultato si traduce in una distribuzione dei proventi anche ai dipendenti in tutto il mondo. Un assegno da 1,9 miliardi che per gli addetti italiani si traduce in una tantum di 450 euro. Soldi che si vanno ad aggiungere ai 1.400 euro circa previsti già come premio di produttività.
Un contributo inaspettato — che soddisfa tutte le sigle sindacali — considerati anche i volumi di auto prodotte in Italia, ben al di sotto della capacità degli stabilimenti (per 1,5 milioni di veicoli) di Stellantis. D’altronde la carenza della domanda da parte dei consumatori sul principale mercato di sbocco è testimoniata anche dall’ultimo dato delle immatricolazioni di gennaio. La transizione all’elettrico, segnala ancora Tavares, comporta “un aumento tra il 40% e il 50% dei costi di produzione rispetto a un veicolo convenzionale”. Inevitabile, senza incentivi, che il costo delle auto elettriche venga scaricato a valle sul consumatore con prezzi che al momento non permettono di poter essere accessibili a tutti.
Le previsioni per il 2022
Il 2022 sarà un anno di passaggio anche per il costo delle materie prime che probabilmente costringerà ad un ritocco dei listini. Certo è che il baricentro di Stellantis si sta progressivamente spostando verso la Cina, non a caso il mercato di auto elettriche più avanzato del mondo. Tavares ha confermato l’ambizione di salire al 75% (dal 50% attuale) nella jointventure cinese Gac dopo che il governo di Pechino ha deciso di smontare il teorema del controllo nelle società con aziende occidentali.
Nello stesso momento in cui, come da accordi, i cinesi di Dongfeng stanno azzerando la loro partecipazione al retaggio dell’investimento in Psa. Sui marchi italiani la scommessa che stimola di più è quella sul brand premium Maserati, destinato anche alle corse in pista nel 2023. Confermato a marzo il lancio del suv Grecale (che avrebbe dovuto vedere la luce a novembre scorso): servirà a rivitalizzare l’impianto di Cassino che viaggia quasi scarico. Il titolo ne sta traendo giovamento in Borsa, chiudendo con una serie di risultati positivi nelle ultime settimane prima dello sconvolgimento dettato dalla guerra in Ucraina.