Quando muore un familiare, il dipendente ha per legge diritto a giorni di permesso per il lutto. Tuttavia, è bene conoscere cosa dice la normativa in tal proposito, così da sapere quanti sono i permessi per lutto che durante l’anno lavorativo si possono chiedere, quanto dura il singolo “congedo” e come avanzare richiesta nel modo corretto. Ciò permetterà di trovarsi già preparati ad esercitare il proprio diritto, al verificarsi del triste evento.
Non tutti i lutti, infatti, permettono di usufruire di un permesso retribuito. È necessario anzi – per non dover rinunciare al giorno di retribuzione – che si tratti di un lutto familiare.
E, cioè, del decesso del coniuge (marito o moglie non c’è ovviamente alcuna differenza), del convivente o di un parente entro il secondo grado (fatto salvo il singolo contratto collettivo di riferimento). In caso contrario, sarà necessario procedere in altro modo per assistere al funerale.
Ma vediamo, nel dettaglio, quali e quanti sono i permessi retribuiti per lutto e, quindi, come funziona questo diritto del lavoratore e della lavoratrice, garantito dal Ccnl di categoria.
Indice
Permessi per lutto, a chi spettano
Tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati hanno diritto a giorni di permesso per lutto, mentre non ne possono godere i tirocinanti, i collaboratori coordinati e continuativi e – in generale – tutti i lavoratori che non rientrano nell’area della subordinazione. Essi sono una categoria tra le varie relative ai permessi (come ad es. quelli per malattia dei figli).
In ipotesi di contratto part-time verticale (qui la distinzione con il part time orizzontale), inoltre, il permesso è valido esclusivamente se le giornate da coprire con quest’agevolazione, coincidono con quelle lavorative e, talvolta, le azienda escludono dalla richiesta di congedo per lutto i lavoratori in prova o quelli con un contratto a tempo determinato inferiore ai 6 mesi.
Durata dei permessi per lutto
I giorni di lutto concessi dalla legge sono tre, nell’arco di un anno lavorativo, e possono anche essere non continuativi.
In sostanza, ogni lavoratore subordinato può domandare e ottenere al massimo tre giorni di congedo su dodici mesi, al di là del numero di lutti che potrebbe patire in famiglia.
Non solo, c’è un altro limite: infatti questo permesso è utilizzabile entro 7 giorni dalla morte del parente stretto. Conseguentemente, non può essere richiesto oltre tale periodo soglia.
Tuttavia potrebbero esservi delle disposizioni di maggior favore nel proprio Ccnl, ossia condizioni più flessibili – consentendo, ad esempio, 4 o 5 giorni di permesso per ciascun evento luttuoso, o anche 5 giorni di congedo di cui 3 retribuiti. All’interessato, o interessata, il compito di andare a vedere a riguardo, sul proprio contratto collettivo e individuale.
Per quali decessi chiedere il permesso
Lo abbiamo accennato all’inizio ma giova dettagliare. Il permesso per lutto retribuito, e cioè a carico del datore di lavoro, viene concesso in caso di decesso del:
- coniuge (anche se legalmente separato);
- convivente in un’unione civile;
- parente entro il secondo grado (anche non convivente) in linea retta o collaterale;
- soggetto componente la propria famiglia anagrafica (genitori, figli, fratelli, sorelle, figli dei figli, nonni).
Dipende dunque dal grado di parentela del lavoratore con il defunto.
Sebbene non si possa in via generale usufruire del permesso per lutto in caso il decesso riguardi il figlio del proprio fratello o della propria sorella, un bisnonno o un bisnipote oppure uno zio, molti contratti collettivi estendono la facoltà di godere dei permessi per lutto anche ad altri casi, ad esempio in caso di scomparsa del suocero, del genero o del cognato. Pertanto questi testi possono offrire una tutela più ampia di quella generale.
Come richiederli al datore di lavoro
Per poterli ottenere, è necessario informare il datore di lavoro dell’evento e specificare i giorni in cui si intende usufruire del permesso, accompagnando la richiesta con una dichiarazione che attesti la morte della persona (il certificato di morte rilasciato dal Comune oppure la dichiarazione sostitutiva). Ciò consentirà di ottenere quanto previsto tra i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Ricordiamo altresì che i permessi retribuiti per lutto possono essere richiesti anche in caso il funerale si svolga all’estero.
Permessi per lutto: retribuzione e alternative
L’art. 4 della legge n. 53 dell’8 marzo 2000 contenente le “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città” disciplina i permessi per lutto, stabilendo che:
La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica.
Quei tre giorni, dunque, sono regolarmente retribuiti ma nel conteggio rientrano anche eventuali giornate richieste per grave infermità di un familiare.
Durante i giorni di permesso per lutto, le ferie restano sospese (ed è interessante altresì sapere cosa succede alle ferie non godute entro l’anno) e dunque quei giorni non vengono conteggiati nel computo complessivo delle medesime.
In alternativa ai permessi, il lavoratore può chiedere una riduzione dell’orario di lavoro in misura corrispondente ai permessi (riduzione, questa, che potrà protrarsi per più di tre giorni e che prevede la stipulazione di un accordo scritto tra il dipendente e l’azienda).
Se per il lutto subito non sono previsti giorni di permesso ad hoc, è possibile chiedere, a seconda del proprio contratto collettivo di riferimento, un permesso retribuito o non retribuito. I Ccnl sono spesso un po’ più “generosi” della legge.
Ad esempio, il Ccnl Alimentari-Industria concede 4 giorni di permesso per lutto per il decesso del coniuge o di un parente entro il secondo grado, computandoli ad evento anziché su base annua.