La cosiddetta Talent Acquisition è una funzione strategica importantissima, che permette non solo di attrarre talenti, ma di attrarre davvero quelli giusti e guadagnare un vantaggio competitivo per la propria azienda. Ma in Italia abbiamo un problema: i dati dicono che almeno il 50% di chi cerca lavoro è piuttosto passivo, lo fa in maniera grossolana e spesso poco centrata rispetto ai reali obiettivi o aspirazioni. Nel Belpaese, il 60% dei talenti si dice interessato a nuove opportunità lavorative. In Europa la percentuale scende al 50%, ma solo il 16% è attivo nella ricerca di un nuovo impiego.
Per questo oggi più che mai è importante la figura del recruiter ed è necessario comprendere l’evoluzione delle strategie di assunzione dentro alla aziende. A fare il punto è il Report RecruTrends 2024 con cui CleverConnect, HR software company specializzata in strumenti di Talent Acquisition che supporta aziende e organizzazioni nei processi di assunzione, ha individuato 7 trend HR per l’anno che sta per arrivare, che guideranno il modo di fare selezione nei prossimi 12 mesi.
Clever Connect è una realtà italiana che aiuta le aziende di tutta Europa a ripensare la propria strategia di recruiting attraverso la piattaforma proprietaria Candidate Experience Platform, basata sull’Intelligenza artificiale, e attraverso strumenti di ricerca e analisi, qualificazione delle candidature e fidelizzazione dei dipendenti.
Anche attraverso un sondaggio condotto in Francia, Germania e Italia, i dati del RecruTrends 2024 rivelano chiaramente che nel 2024 sarà importante focalizzare i processi di Talent Acquisition sull’esperienza del candidato, riportando l’uomo al centro del processo e utilizzando la tecnologia, tra Big Data e AI, per offrire un’esperienza positiva e il più possibile personalizzata.
Per questo, dovranno inevitabilmente cambiare le competenze dei recruiter, che si troveranno sempre più al centro di un processo che richiede doti di leadership e uno studio del percorso intrapreso da chi si candida per la posizione lavorativa.
Inoltre, la collaborazione sarà cruciale per rendere il recruiting un obiettivo comune all’interno dell’azienda, da sviluppare collettivamente. Per non parlare della necessità di cercare competenze studiando profili nuovi, inattesi, e di considerare con più attenzione la mobilità interna all’azienda.
“I talenti sono stimolati a diventare prima candidati e poi ad entrare in azienda solo se si crea una relazione positiva e basata sulla fiducia. Per questo è importante capire come i candidati percepiscono il loro rapporto con i recruiter, cosa si aspettano, cosa vogliono o non vogliono più”, spiega a QuiFinanza Dario D’Odorico, Country Manager Italia e Spagna di CleverConnect.
“Per evolvere, bisogna dunque tornare alle origini, rimettendo al centro del processo di recruiting le relazioni. Questo non significa rinunciare alle soluzioni digitali, anzi: l’uso corretto delle tecnologie consente di risparmiare tempo e risorse che possono essere così impiegate per favorire la relazione con potenziali candidati. Il futuro del recruiting dipende quindi da come l’innovazione tecnologica verrà messa al servizio delle persone. Chi sarà in grado di combinare una strategia di miglioramento dell’esperienza del candidato con l’implementazione degli strumenti più rilevanti per realizzarla avrà le basi migliori per affrontare il 2024”.
Quali sono dunque questi 7 trend HR secondo CleverConnect?
Persone, non numeri: personalizzazione e rapporto
Secondo il Report RecruTrends 2024 di Clever Connect, l’82% degli intervistati europei desidera ricevere regolarmente informazioni dai recruiter dopo un primo contatto e il 67% vuole mantenere il rapporto con un’azienda, anche se il colloquio non è andato a buon fine.
Garantire un’esperienza piacevole e soddisfacente sin dalla fase iniziale è la chiave da cui partire per convincere un talento a valutare un’opportunità. Ogni persona andrebbe considerata per il lavoro che sta svolgendo e soprattutto in quanto essere umano, non un numero. Per questo è fondamentale la personalizzazione del colloquio per capire l’individualità del talento, le sue hard e soft skills, ponendo domande e instaurando un rapporto che possa evolvere anche in un momento successivo.
Il ruolo di Big Data e AI per “umanizzare” il recruiting
Il 33% dei candidati italiani ritiene che l’Intelligenza artificiale possa contribuire a ridurre le discriminazioni nei processi di selezione. AI e Big Data possono aiutare il recruiter a mantenere l’obiettività, evitare errori determinati da stanchezza o pregiudizi, trasformare l’analisi di grandi quantità di dati in flussi di informazione utile.
Inoltre, accelerano l’analisi dei dati e consentono alle figure HR di automatizzare alcune azioni che generalmente tolgono tempo e attenzione al lavoro con le persone, che è ciò che realmente fa la differenza nel processo di selezione.
Recruiting obiettivo comune di tutti in azienda
Il Report dice che quasi un terzo dei candidati abbandonerebbe un processo di selezione senza sufficienti interazioni con l’azienda. Anche per questo, tutti i collaboratori di una azienda devono essere incentivati nel prendere parte alla Talent Acquisition, comunicando attivamente i valori dell’azienda e segnalando ai reclutatori profili in linea con le competenze ricercate.
I recruiter poi devono diventare esperti di monitoraggio del mercato, assumendo un ruolo di leadership per coordinare l’intero processo, per guidare strategie di reclutamento come il “referral”: i dipendenti dell’azienda possono diventare una fonte veloce e attendibile per l’ingaggio di nuove risorse, rendendo più agile il percorso di assunzione e riducendo i costi di selezione.
E questa volta l’Italia è un po’ più avanti di altri: il 33% degli intervistati nel nostro Paese dichiara di essere passato da questa strada. Un profilo su 10 indicato da un dipendente arriva all’inserimento in azienda, mentre solo una candidatura su 100 fra quelle che provengono da offerte di lavoro, siti online, contatti indiretti, si conclude positivamente.
Perde importanza il job title, si cercano le competenze
In Italia, l’81% degli intervistati accetterebbe di candidarsi per una posizione che non corrisponde alla propria professione, ma alle proprie competenze. In Europa, oltre il 70%. Profili senior e professionisti qualificati spesso sfuggono alle reti di ricerca classiche. Un approccio più aperto e spontaneo, attento anche ai profili “insoliti” può rendere il processo di recruiting più efficace.
Pensiamo ad esempio a mamme che cercano un lavoro part-time, papà che vorrebbero viaggiare meno e abbracciare magari lo smart working, persone che hanno cambiato carriera e per età non rientrano nelle griglie HR classiche, persone che tornano al lavoro dopo una pausa, anche lunga.
“Riacquisire talenti” attraverso la mobilità interna
In azienda, spesso, ci sono talenti che non vengono valorizzati abbastanza: si può dare priorità alla mobilità interna, prima di pensare alla ricerca esterna; modificare le dinamiche lavorative in base agli obiettivi per acquisire nuovi profili facendo Employer Branding, mettendo in risalto le caratteristiche distintive, l’identità e i valori che l’azienda propone, per promuovere la propria immagine e attrarre e trattenere talenti.
HR, marketing e leadership: cambiano le competenze del recruiter
Come abbiamo visto, il recruiter deve studiare con molta attenzione il processo di candidatura per generare e sviluppare una relazione durante tutte le fasi del percorso di Talent Acquisition. In quest’ottica, il recruiter deve sviluppare doti di leadership per gestire un team che si dedichi alle diverse attività necessarie, come il monitoraggio delle diverse azioni dei processi di assunzione dell’azienda, ad esempio, sulle strategie da adottare e sui risultati ottenuti, sul filtraggio delle candidature.
Selezioni, focus sull’esperienza che vive il candidato
Infine, l’assenza di feedback personalizzati influenza negativamente il contatto con l’azienda nel 23% dei casi. L’esperienza dei talenti è per il recruiter fonte di dati per un costante miglioramento del proprio approccio: creare questionari da inviare ai candidati, che abbiano superato o meno le selezioni, può essere un primo importante strumento per capire cosa funziona e cosa no nell’intero processo. L’esperienza del candidato, ciò che lo ha stimolato o frustrato durante tutto il percorso, è il punto focale da cui muovere per rimettere i rapporti umani al centro dei processi di reclutamento.
Contenuto offerto da Clever Connect